25/02/14

Padroni del mondo, anche senza una laurea: il racconto di Aras.

Il mondo è grande, e non esiste solo la medicina. Dicono.
Ciao.

Ho letto con interesse molti dei commenti a questo post, e forse egoisticamente ho sentito come un sollievo.

Ho 19 anni, e appena terminato il liceo ero confusa e indecisa sul mio futuro. Ho sempre avuto un forte "vocazione" artistica, che però non riuscivo a coniugare con l'altra parte di me, desiderosa di fare qualche cosa di concreto dal punto di vista umano.

Scelsi di fare medicina, affascinata dalla figura di persone in grado di sacrificarsi per gli altri e battersi per quella cosa che è la più importante, la vita.

Tuttavia, per quanto la mia testa mi dicesse: "ehi, sei fortunata, sei passata al test, farai la professione più giusta, potrai adempire il tuo dovere!" dentro di me, sin dal primo viaggio di andata verso l'università, sentivo stridere qualcosa.

Di chi era quel sogno che stavo inseguendo? Mio? Doveva essere mio, ma lo era davvero?

Ho iniziato a frequentare le lezioni, e non mi ha mai abbandonato quella sensazione di essere in un bellissimo posto, in una facoltà fantastica, tra ambizioni e progetti grandi ed importanti, troppo spesso ostentati per i miei gusti, ma non nel MIO posto.

Stavo uscendo dai miei binari, e mi sono resa conto che il mio giudizio iniziale non era del tutto esatto: i medici non si sacrificano per gli altri, ma si danno agli altri, il che è diverso.

Sacrificarsi significa annullarsi per il bene altrui. Ma chi vuole fare davvero il medico, lo fa innanzitutto per se stesso. Cioè perchè lo vuole, lo desidera, lo fa sentire felice.

Per darsi bisogna prima possedersi, e questo non può accadere se stiamo dentro i panni di una professione non nostra. Così, forse irresponsabilmente e con un nodo alla gola per il senso di colpa che provo ancora verso i miei, ho rinunciato agli studi.

Ora come ora non so dove andare, e mi sento in colpa per aver messo davanti a un mondo così problematico come quello dei malati e dei più deboli me stessa.

Tuttavia, al di là di tutto, mi sento di dirvi una cosa - che certamente non risolverà i vostri problemi né tanto meno i miei - che mi disse un giorno mio padre: "puoi essere padrone del mondo, anche senza una laurea".

Questo per me non significa che studiare è inutile. Anzi, è forse necessario, ma non sufficiente. Significa solo che forse, almeno per quanto mi riguarda, ho sbagliato cercando di identificarmi totalmente con un corso di laurea.

Ci etichettiamo come "ingegneri", "medici", " avvocati", ma siamo ben più complessi e non dovremmo aver paura di riconoscerlo.

Se abbiamo fatto una scelta sbagliata, non abbiamo perso tempo. Non stiamo cercando la carriera perfetta, ma solamente chi siamo.

Scusatemi se mi sono dilungata troppo senza darvi contributi pratici, ma ne ho sentito il bisogno.

Buona vita a tutti voi!

Aras

19/02/14

Seconda laurea in medicina: aggiornamento noioso!

Che blog interessante! Aspetta che lo aggiungo ai preferzzzz...
Dopo gli ultimi esami fatti vi credevate che me ne stavo tranquillo e con le mani in mano... e in effetti è stato un pochettino anche così.

In queste 2 settimane ho mollato completamente lo studio (visto che - da studiare - per il momento non ne ho) e mi sono un po' rilassato senza il continuo stress degli esami che finalmente mi sono lasciato alle spalle.

Certo sarà una bella botta pure la prossima sessione di esami, che in teoria - facendo le corna toccando ferro incrociando le dita e tutti i gesti scaramantici che volete aggiungere al seguito - dovrebbe essere l'ultima e concludersi con la discussione della tesi.

Ma per ora non ci voglio pensare: sto tranquillo e ho ancora una decina di giorni prima dell'inizio delle lezioni... e insomma: sto praticamente in vacanza.

Non ho smesso di andare in reparto. E anzi le giornate sono state anche abbastanza intense, al punto che dovrei magari deliziarvi (?) con l'ennesimo racconto/resoconto della mia vita da studente tirocinante... anche se ora non mi sento particolarmente ispirato. Per cui: vedremo.

Dico solo che inizio gradualmente a capire qualcosa sugli scompensi cardiaci, sui pazienti gravi, sull'ecografia, sulle terapie, sui tracciati ellettrocardiografici... insomma, si può dire che dopo i primi e successivi mesi di spaesamento totale in cui vedevo i dottori al lavoro e mi chiedevo "ma io quando ci arriverò mai?", adesso sono ancora lontano dal dirmi un medico pronto e arrivato, ma insomma: forse ho iniziato a prendere la rotta giusta.

Oltre a questo ho iniziato a scrivere la tesi. Ho buttato giù i primi 2-3 capitoli, ho inserito un (bel) po' di casi clinici e immagini tra quelle che ho realizzato in questi mesi, ho cercato di attribuire una forma sensata al tutto, e l'ho fatta vedere al mio professore.

E insomma pare che più o meno per come stiamo messi adesso il prof. sia soddisfatto. Sembra stia venendo fuori un lavoro decente, e se pure qui le cose andranno come devono andare attorno ad Aprile spero di aver più o meno concluso il tutto, e di potermi così concentrare poi sugli ultimi esami.

Che altro posso dire? Certo è un aggiornamento un po' moscio: esami andati bene, reparto va bene, la tesi sta andando bene... sta tutto andando a gonfie vele insomma, al punto che pure questo post è andato talmente liscio e senza particolari sprazzi o sorprese da sembrare tutto sommato un po' noioso.

Così noioso da rasentare l'inutile, e quasi quasi lo cancello e ne scrivo un altro. O magari ci penso, lo tengo pronto e se mi gira premo "pubblica" e lo pubblico. Così mi ritrovo un aggiornamento già fatto per quando è un secolo che non scrivo niente, ma non c'ho voglia.

Se l'avete letto, mi sa che è andata proprio così.

Simone

15/02/14

La moda di studiare medicina.

Un'aula durante il test di ammissione.
Lo scorso anno, hanno tentato il test di ammissione a medicina circa 50 mila persone.

Più che altro, si trattava di studenti neo-diplomati appena usciti dalle superiori

È vero che in mezzo ci sta sempre pure qualche vecchietto come me e le tante persone che ho conosciuto attraverso questo blog, ma insomma noi 30-40 enni aspiranti universitari siamo circa l'1% del totale, e nelle logiche dei grandi numeri contiamo relativamente poco.

50 mila diplomati sono più o meno un quinto dei ragazzi che finiscono il Liceo o i vari istituti professionali o come si chiamano adesso.

Dei ragazzi che finiscono le superiori, tra l'altro, non è detto che tutti proprio tutti tutti scelgano una carriera universitaria. Molti andranno a lavorare, o comunque in ogni caso decideranno di non proseguire gli studi, per cui arrivo (ammettendo di poter sbagliare di grosso) a ipotizzare che in linea di principio circa 1 studente universitario su 3 cerchi - come prima ipotesi - di entrare a medicina.

Ecco.

E a voi sembra normale questo? Sembra una cosa - diciamo - comprensibile dati i gusti e le aspirazioni del ragazzo adolescente italiano medio?

Secondo me, a parlare senza mezze misure, è una cosa totalmente fuori da ogni parvenza di ragionamento verosimile.

Nella mia classe del Liceo - ormai (oddio!) 20 e rotti anni fa - su 28 alunni o quanti eravamo, giusto un paio si sono iscritti a medicina.

Gli altri si sono omogeneamente sparpagliati tra biologia, giurisprudenza, odontoiatria, ingegneria (tipo il sottoscritto) architettura... e a tanti come dicevo semplicemente l'università non gli interessava, e non l'hanno fatta.

Che adesso 1 ragazzo su 3, 4 o 5 voglia davvero fare il dottore è - francamente - inspiegabile.

Dico: "inspiegabile", guardando ovviamente la cosa secondo quello che riterrei essere il punto di vista delle normali e fisiologiche e salubri aspirazioni del giovane essere umano tipo. Cresci, ti diplomi, maturi delle idee, sviluppi dei gusti personali, e nella vita provi a realizzare quello che ti piace.

Non credo, non voglio credere, e non crederò mai che la maggior parte degli esseri umani ambisca a infilarsi in qualche corsia ospedaliera, e passare intere giornate a mettere le mani addosso a persone che non stanno bene.

Che un ragazzo su 3 si senta in grado di bucare, tagliare, prelevare, consolare, consigliare e anche e semplicemente veder morire qualcuno sotto ai propri occhi - cosa questa che mi è successa già troppe volte anche solo da studente - è francamente - e assolutamente - inverosimile.

Non che la passione, la voglia, il desiderio di "curare" non possano realmente esistere a quell'età. Cavoli se possono! Ma se uno è schifiltoso di tutto e gli stanno sul cazzo le persone e - che ne so - se vede uno malato gli piglia il panico, con che ragionamento razionale arriva comunque a provare in ogni caso l'ingresso alla facoltà di medicina?

Dove stanno i secchioni innamorati di formule, grafici e funzioni? La gente che adora i computer e che non vorrebbe mai fare altro nella vita che un qualcosa che comprenda uno schermo e un mouse? E quelli che vogliono un lavoro creativo? Estinti aspiranti musicisti, cantanti, scrittori... e pure i semplici fancazzisti - quelli che all'università non ci andrebbero manco morti - che fanno? Provano comunque il test.

Ma perché? Come accidenti gli viene in mente?

Io un po' di motivi me li sono inventati... oppure ci ho ragionato bene sopra o ancora - semplicemente - mi vengono in mente adesso e ve li elenco qui:

1) Ci sono 8 milioni di trasmissioni, serial e programmi sui medici, e la gente "c'è andata in fissa" come si dice in termini aulico-letterari.

2) I genitori pensano che fare il medico sia la cosa più assolutamente indispensabile del mondo, e costringono i figli a iscriversi.

3) La gente non sa semplicemente che cazzo fare della vita, e sceglie un po' tipo a caso. Per dire: io, Ingegneria, l'ho fatta così.

4) Qualcuno pensa che se ci sono 50 mila domande l'anno ne varrà comunque sicuramente la pena, e per questo ci provano pure loro.

5) I miei amici provano il test di Medicina. E allora pure io.

5) Ci sono sempre state tantissime domande per medicina. Cioè: bo'?! Magari è così ma, sinceramente, non credo.

6) Hanno tutti letto il mio blog, e di conseguenza visto il mio trainante fascino ambiscono semplicemente a seguire le mie impronte. E mi sa che qui ci ho proprio preso.

7) C'è la crisi e stanno tutti sotto a un treno. Però nell'immaginario collettivo i dottori sono tutti ricchissimi con la Porsche, il Ferrarino, la Mercedes o la Maserati a seconda dei giorni della settimana (non mi venivano in mente 7 nomi di macchine, scusate) e allora: vai. Medicina è il percorso migliore per una vita agiata in un paese allo sbando.

Che poi, voglio dire: non erano i dentisti quelli che guadagnano tanto? E già da un pezzo odontoiatria non è una specializzazione di medicina, ma una laurea a parte.

Mi sa tanto che - qualcuno - s'è confuso...

Simone

P.S.

Adesso non vi iscrivete tutti a odontoiatria: non si guadagna più così tanto nemmeno lì.

10/02/14

Sbagliare, da medico.

Forse conviene iniziare con qualcosa di facile...
L'altro giorno - che poi anzi era ieri - il prof. mi passa l'elettrocardiogramma di un paziente appena arrivato in pronto soccorso (e che io non ho ancora visto) e mi fa:

«Quarda un po' questo. Che cos'ha, secondo te?»

Io guardo l'ECG. Vedo una, due, tre derivazioni sovraslivellate e penso "sarà un infarto".

Do uno sguardo anche alle altre derivazioni, e vedo che sovra o sottoslivellano quasi tutte. L'ECG è tutto completamente "mosso".

Una vocina dentro la testa si ricorda di una cosa sentita o letta da qualche parte, e mi fa:

«Non può essere un infarto con tutte le derivazioni mosse» mi dice con la sua vocina da vocina, ovviamente. «E poi ti pare che ti chiedeva una cosa così facile? Secondo me, è una pericardite».

Insomma, il prof. mi ha presentato un caso difficile convinto che sarei caduto nella trappola. Ma io - tranquilli - non ci casco.

«Ci sono tutte le derivazioni alterate» rispondo convintissmissimissimi... insomma: molto convinto. «Perciò è una pericardite».

Detto questo punto i pugni sui fianchi, allargo i gomiti, gonfio il petto e guardo lontano come a cercare le mie glorie future: nessuno mi frega sull'ECG, a me.

La risposta del professore, però, parrebbe vagamente smontarmi:

«Ma che minchia c'entra la pericardite?!? Non lo vedi che sopraslivella? È un infarto».

Poi prende la cartella e la mette via, con un gesto che suona tipo: "fammi togliere 'sta roba prima che questo fa qualche casino".

Segue intenso momento di grande sconforto: avevo appena iniziavo a sperare di capirci qualcosa... e invece, ho toppato.

Continua la giornata in reparto, e io ci penso e ci ripenso: chi mi aveva raccontato la storia della pericardite?! 'Tacci sua! Quando uno sbaglia, l'importante è - prima di ogni altra cosa - trovare qualcun altro a cui dare la colpa. E prima o poi chi cavolo era me lo ricorderò. Forse.

Ma insomma, al di là di trovare o meno un buon capro espiatorio, ho pur sempre sbagliato io. E ho sbagliato pure di brutto, del tipo che era una cosa seria e io l'ho scambiata per un'altra cosa sempre seria, ma forse un po' meno seria dell'altra. E insomma: se ci stavo io, da solo, rischiavo che erano cazzi.

Che a me poi delle denunce che possono arrivarti o tutto il resto non me ne frega nulla: cioè, fuori da certi reparti trovi le pubblicità degli studi legali che invitano i pazienti a fare causa ai dottori, e che un medico anche bravo e che non sbaglia mai si ritrovi a combattere con avvocati e impicci legali è quasi un dato di fatto che uno accetta al momento dell'iscrizione all'università.

Ma fare qualcosa di sbagliato che danneggia un paziente - parlando insomma del fatto in sé - è ovviamente... o almeno voglio sperare che sia ovviamente, una delle preoccupazioni più grandi di tutti gli studenti e aspiranti dottori.

Poco male. Ieri, intendo. Ho sbagliato una cosa, ho riflettuto sul perché ho sbagliato, e penso di aver individuato qualche punto su cui riflettere per ridurre la possibilità che succeda di nuvo.

Che poi il post doveva essere quello: una minima introduzione, e poi un elenco di motivi che ti fanno sbagliare... ma alla fine mi sono dilungato troppo, e a voi è toccato sciropparvi questo.

È comunqe sostanzialmente questione di fare tanta pratica, ed è importante davvero iniziare avendo accanto un "paracadute" più esperto di te che ti acchiappa un attimo prima di aver combinato qualche casino.

Poi, magari, se volete ne riparliamo.

Simone

06/02/14

Seconda laurea in medicina: sesto anno, primo semestre... finito!

Spongebob lascerà un aspro commento anonimo.
Nonostante le gufate clamorose che ogni tanto mi ritrovo tra i commenti, e nonostante pure i sabotaggi autoindotti che appunto ogni tanto mi organizzo da solo (tipo quando il giorno dopo ho l'esame e il mio cervello vuole convincermi a tutti i costi a non presentarmi e a rinchiudermi nel lutto) ieri ho fatto medicina e chirurgia 2.

La mia valutazione è stata appena di pochissimo al di sotto del limite massimo che si può avere.

E seppure non dico mai i voti sul blog, è comunque interessante accennare alla cosa anche solo per ricordare (visto che la battuta la sto riciclando) che - tra tutti i vari secchioni - io faccio parte della categoria peggiore che possa esserci: quello che studia tantissimo, non esce di casa, fa le nottate sui libri, scrive i racconti pseudomedici sul blog e poi però non riesce a rendere proprio proprio il massimo... perché poverino - evidentemente - non ci arriva.

Battute che mi ricordavo più divertenti a parte (o forse in passato sono riuscito a scriverle meglio) del voto non ce ne frega veramente niente a nessuno, mentre è molto più interessante e pregevole il fatto che - con questo esame - ho finito la sessione e concluso il primo semestre del sesto anno con un largo anticipo rispetto all'inizio delle lezioni.

Questo, mi consentirà, in ordine di importanza dagli obiettivi più secondari a quelli più prioritari, di:

3) Poter iniziare magari a scrivere qualcosa per la tesi: che dice che senza la tesi - in alcuni casi - non ti laureei.

2) Poter andare in reparto a divertirmi (?) e a imparare la medicina senza l'ammorbante peso di inutili e noiosi esami che incombono.

1) Andarmene pure qualche giorno in vacanza senza perdere lezioni, tirocini, appelli o quant'altro.

Ora più che le consuete ovvietà non posso certo dire: sono contento dei risultati, e non vedo l'ora di affrontare pure il prossimo semestre e laurearmi. E fin qui, ci arrivavamo da soli anche senza scrivere o leggere il post.

Meno ovvio il fatto che - più si avvicina questa seconda laurea - e più si avvicinano tutta una serie di dubbi e incertezze che finora insomma ho sempre potuto relegare al "ci penserò più tardi".

Tolto cioè il discorso sul post-laurea (che quello in effetti l'abbiamo già fatto, e rifaremo, più volte) inizio seriamente a farmi pensieroso su cose come:

- Il giorno della fine degli esami, sarà il caso di ubriacarmi?

- Cosa indossare il giorno della discussione della tesi?

- Come organizzare la festa di laurea?

- Volendo fare un bel viaggio commemorativo: dove andare di preciso, e in che periodo?

Sono argomenti questi che magari uno inizia a studiare e si pone di fronte a queste cose in maniera entusiasta e con un po' diciamo di superficialità, come ammetto di aver fatto io... ma insomma: bisognerà in qualche modo iniziare a pensarci.

Simone

03/02/14

Lavorare come avvocato, o tornare studente: il dilemma di Angelo.

Immagine forse protetta da copyright. Ma ho un buon avvocato.
Ciao Simone,
mi chiamo Angelo, ho 33 anni.

Scusa il disturbo. Ho letto per caso il tuo blog in rete e non ti nascondo di aver provato una certa sorpresa quando ho scoperto che esistono persone che non si arrendono.

Sono un avvocato e da diversi anni ormai lavoro per una pubblica amministrazione piuttosto importante. Mi occupo di rilevanti questioni di tipo finanziario, roba sofisticata, in un ufficio top nella mia amministrazione. Ma sono insoddisfatto.

Il perché? Temo sia lo stesso che ha indotto te a sfidare la tua pazzia. :)

Fin da piccolo pensavo che avrei fatto il medico. Poi, al tempo della scelta dopo il liceo, ho seguito la via facile, facoltà breve, senza test, necessità di sistemarmi subito e mi sono fatto fuorviare dai consigli di medici delusi.

Negl'anni ho accettato di proseguire il percorso intrapreso, pur non sentendomi a mio agio. Le cose andavano, studiavo e procedevo e pensavo che avrei trovato soddisfazione in qualche modo nella mia professione.

Ma a conti fatti, ora che la mia carriera è stabilizzata sul suo percorso, ho raggiunto una posizione economicamente e socialmente quasi accettabile dopo circa 11 anni (tra laurea, esame da avvocato, concorso, ecc.) pur avendo rispettato tutti gli appuntamenti e le tempistiche... ho buttato il mio tempo. Ho studiato qualcosa che mi interessa piuttosto poco.

Trovo le questioni giuridiche ed economiche assolutamente contorte, senza senso, inutili per il benessere delle persone. Mi è riaffiorata la delusione per le scelte sbagliate ma mi sento all'angolo:

Da una parte mi critico per certi pensieri, li trovo assurdi, narcisistici, inutilmente destabilizzanti. "Quel che è fatto è fatto" mi dico. "Non conosci nulla di quella professione, magari ti fa schifo".

Dall'altra mi rendo conto che la speranza, anche se mera illusione, di dedicarmi professionalmente a qualcosa che sento piu' mia, mi provoca appagamento.

Sto pensando di darmi una possibilità, una sola. Vorrei provare a fare il test di ammissione a medicina.

Il contrasto interiore di cui ti dicevo sopra mi spinge a non riuscire a mettere la giusta convinzione nel tentativo. Credo che la cosa vada vissuta con la massima felicita' ed energia. Ma non ci riesco. Temo di vivere sempre e comunque in un indecifrabile dilemma.

Angelo.