15/05/10

Quattro sedie orfane.

Oggi arrivano i mobili per il terrazzo. Non che abbia tutto questo spazio da riempire, ma certo un tavolino con quattro sedie per stare all'aperto, adesso che viene l'estate, non è niente male. E sì che sono mesi che piove sempre... ma il bel tempo dovrà pur arrivare, e io solo a pensare alle serate con gli amici e qualche birra mi sento già tutto contento.

Alle nove in punto suona il trasportatore. Io apro, e tempo qualche minuto il facchino viene su con tutta la roba bene imballata. Tutto tranne il tavolo, che era in esposizione e per questo arriva semplicemente smontato. Non succede mai nessun problema, per consegne di questo tipo, mi hanno detto mentre facevo l'ordine. E poi mi hanno fatto pure lo sconto, per cui meglio di così non poteva andare. O - per lo meno - era ciò che pensavo.

Mentre il ragazzo delle consegne finisce di scaricare, io do un'occhiata alle mie cose. Le sedie sono ok, i cuscini ok, mentre il tavolino... cavolo! Il tavolino è rotto. C'è uno spacco proprio su uno dei perni girevoli, e se uno volesse aprirlo di sicuro si incastrerebbe. E meno male che non succedeva mai, ma che razza di sfiga!

«Il tavolo è rotto» dico al facchino, mostrandogli il legno spezzato. «Vedi?»

Quello si stringe nelle spalle.

«Eh sì. Deve riportarlo al rivenditore, e chiedere di sostituirlo».

«Ma non puoi riprendertelo direttamente tu? Così risparmiamo un viaggio».

«No, assolutamente no» il facchino pare assolutamente certo del suo punto di vista. «Io non ho l'autorizzazione per fare una cosa del genere».

La cosa ovviamente non mi va tanto giù: cioè, me lo portano rotto, e poi io devo pure incollarmelo fino al negozio per farlo cambiare? Mi domando come farò mai a infilare il tavolo nella mia macchina, guidare fino a lì e andare in giro per sale e reparti con appresso quell'affare che peserà almeno 30 Kg. Ma che devo fare, litigarci? Il fatto è che - di solito - io sono uno che accetta tutto, e quasi quasi mi arrendo: che ci può fare, lui, poverino, se gli hanno ordinato di fare così?

Ma poi per fortuna mi dico che non è che uno può abbozzare sempre, e mi impunto.

«Senti» gli faccio, cercando comunque di restare tranquillo. «Io il tavolo rotto non lo voglio. La ricevuta non te la firmo, e tu lo prendi e te lo riporti indietro».

Ma il ragazzo delle consegne, ovviamente, non è daccordo.

«Io non posso riprenderlo, non ho l'autorizzazione

«Ok. Allora sentiamo che dice il negozio».

Cerco il numero del rivenditore sulla ricevuta, e lo chiamo. Mi risponde una ragazza, alla quale faccio presente il problema.

«Ho ricevuto i mobili che ho ordinato da voi» dico. «Ma il tavolo è rotto, e io non lo voglio».

«Le passo il reparto addetto» è la risposta. Poi parte la musica di attesa, e dopo un po' mi risponde una nuova voce.

«Mi avete mandato un mobile danneggiato» spiego, una seconda volta.

Mi mettono di nuovo in attesa, e in attesa rimango. Uno, due, tre minuti. Poi saranno almeno cinque, e riattacco.

Il facchino sembra quasi sollevato, e vorrebbe andarsene. Ma io adesso m'incazzo davvero.

«Insomma, tu il tavolo non vuoi portarlo via, e il negozio non mi risponde. Alla fine state facendo a scaricabarile, e se mi tengo il tavolino rotto scommetto che non me lo cambiano più, e me la prendo in quel posto».

«Ma no!» si giustifica lui. «Non si preoccupi. Vedrà che glielo cambiano, è così che funziona».

Io però non mi arrendo, e rifaccio il numero del venditore. Di nuovo una voce di ragazza, di nuovo le mie spiegazioni (soltanto un po' più alterate) e di nuovo mi mettono in attesa. Se non risponde qualcuno nemmeno adesso, allora si vede che mi hanno fregato. Però - se non altro - avrò fatto il possibile.

Mi fanno fare il giro di tutti i telefoni del rivenditore: centralino, ufficio vendite, magazzino, ufficio reclami... sembra che nessuno sappia cosa rispondermi, e che mi si tolga dalle palle scaricandomi a un altro reparto. Poi, d'improvviso, arriva una voce un po' diversa.

«Qual è il problema, signore?» mi fa, con un accento che mi pare straniero.

«È la decima persona che mi passano» gli dico. «Mi avete mandato un tavolo sfasciato, e voglio che ve lo riprendiate indietro».

«Le chiedo scusa per l'inconveniente, signore. Mi lasci parlare col trasportatore».

Passo il telefono al ragazzo delle consegne. Quello spiega la situazione alla voce straniera, si appunta qualcosa, e finalmente viene deciso che il tavolino se lo portano via subito. Poi io quando voglio potrò tornare al negozio, e sceglierne un altro. E insomma, è andata: io non volevo che mi restituissero i soldi, ma desideravo solo un tavolo non rotto, per cui non c'è bisogno di discutere oltre. Ho avuto quello che volevo. Ho vinto.

Tornata la calma, mi scuso anche con il ragazzo per avergli complicato la giornata. Gli offro un caffé, e alla fine lui se ne va portandosi via il mobile danneggiato. Resta solo un po' di stanchezza, ma la sensazione di avere avuto la meglio è appagante.

Mi sono incazzato, ho reagito, e alla fine è andata come volevo io. Che poi la vita è un po' tutta così, no? Capita spesso qualcosa che non va, o di incontrare qualcuno che prova a fregarti, e alla fine bisogna anche sapersi imporre in qualche modo. È la normalità, e stavolta è andata bene a me.

Ma a stare tranquillo e basta - purtroppo - io non sono proprio capace, e così mi ritrovo a pensare: e se non reagivo? Ora stavo qui, con un tavolino rotto, senza sapere cosa farmene.

E se non potevo lamentarmi? Cioè, non dico per mia scelta, ma se non ne fossi stato semplicemente in grado? Magari avevo paura, magari ero troppo stanco. Se uno è solo, vecchio, ingenuo? Se uno non si regge in piedi perché è malato, se non ne ha nemmeno fisicamente la forza, come cazzo fa a impuntarsi e a non cedere quando ce n'è bisogno? A chi l'aiuta questa gente qua? Chi la salva, e chi la difende?

È una domanda che mi fa vacillare. Mi guardo intorno, nella mia casa, come a cercare una risposta, ma vedo solo quattro sedie nuove, orfane del tavolino al quale le avevo appaiate.

Fuori dalla finestra il cielo è sempre coperto.

E piove forte, sopra le strade grigie.

Simone

6 commenti:

CyberLuke ha detto...

Sembra che tutta la nostrasocietà sia basata sul medesimo principio di (piccola e grande) prevaricazione, basata sul silenzio/assenso dei più che scelgono la via del "quieto vivere", e da un messaggio strisciante che "protestare non serve a nulla".
Ebbravo Simone.

Simone ha detto...

Cyber: sono daccordo. Io sono uno di quelli che in genere preferisce vivere tranquillo e lasciar perdere, ma questa volta è andata così.

Solo resta la domanda che facevo nel post: se uno non riesce a non farsi prevaricare, che succede? Cioè, non si può "lottare" sempre, alla fine c'è anche chi si arrende.

Simone

dactylium ha detto...

Purtroppo molto spesso è necessario alterarsi e ricorrere a minacce solo per ottenere quanto ci spetta di diritto.

Ci sono troppe persone che, sfruttando ingenuità o impossibilità altrui, provano a fare i furbi.
C'è qualcosa di anomalo e malato in tutto questo.

Io in linea di massima parto sempre molto tranquillo e con fare quasi dimesso, ma appena provano a mettermi nel sacco, mi incazzo non poco.
E mi arrabbio anche con me stesso, perché vorrei saper mantenere la calma più di quanto riesca.
Cioè, vorrei sì incazzarmi, ma conservare anche una certa lucidità mentale, cosa che non sempre mi riesce.

E anch'io non saprei rispondere alla tua domanda, Simo.
Purtroppo le persone di cui tu parli spesso non hanno neppure la possibilità di ricorrere a una tutela legale...

Ciao, dacty

Roberta la Dolce ha detto...

Dovremmo girare tutti col nostro Avvocato Personale, tutti i giorni, tutto il giorno.
Un mio amico è avvocato, e si prende quotidianamente le sue piccole soddisfazioni. Quando c'è qualche controversia, di qualsiasi tipo, taglia corto e dà il suo biglietto da visita Avv. Tizio, patrocinante in cassazione etc, e magicamente tanti problemi si risolvono... buffo, eh?

Simone ha detto...

Dacty: infatti alla fine è più facile dare in escandescenze piuttosto che reagire con calma, specie quando uno è abituato a lasciar correre.

Roberta: dici che mi ci vuole pure la laurea in giurisprudenza? ^^

Simone

danieletomasi ha detto...

Forse basta un biglietto da visita con su scritto "avvocato".
^__^