25/02/10

Come inventare una storia - 5: Il giovane Holden, di J. D. Salinger

In uno degli articoli passati, avevo concluso che praticamente tutte le storie nascono con un conflitto (del tipo buono/cattivo, bene/male ecc) e si concludono sempre con la risoluzione del conflitto stesso. Eppure esistono anche romanzi come il giovane Holden, dove le cose sembrano andare un pochino diversamente.

Parlare e soprattutto studiare questo libro è davvero difficile, per cui perdonatemi se vi sembrerà che dica qualche castroneria. In effetti, già solo il titolo potrebbe ispirare un intero trattato (e non dubito che non l'abbia fatto per davvero): l'originale The catcher in the rye, letteralmente l'acchiappatore nella segale, contiene allo stesso tempo:

- Più di un riferimento a discorsi, avvenimenti e situazioni che si trovano nel libro.

- La citazione di una poesia di un tale Robert Burns. Adesso, per vostra comodità, nei commenti potete copincollare direttamente la frase che segue:

"Ma come, fai lo scrittore e non conosci Robert Burns?! Ma io ti odio!!!"

- Un doppio senso che in inglese suona un po' come il catcher ubriaco. Il catcher (dal poco che ne so) è un ruolo del baseball di uno che deve appunto acchiappare la palla. Il fatto che abbia bevuto troppo trasmette piuttosto bene la condizione esistenziale del protagonista del libro.

Insomma, già solo il titolo (risolto dal traduttore con un paraculissimo il giovane Holden) apre una discussione che non finisce più, ma chissene frega: parliamo della storia.

Come scrivere una storia: il giovane acchiappattore del baseball ubriaco nella segale che si chiama Holden, di Salinger.

L'idea iniziale: un ragazzo viene espulso da un college, e decide di passare alcuni giorni da solo a New York.

Perché è una buona storia: ecco qui che già questo romanzo si differenzia da altri che abbiamo già studiato. Nel mio modestissimo parere, di per sé, questa non è una buona storia.

Cioè, semplicemente, non c'è nulla: Holden lascia il college, e poi? Che succede nel mezzo? Come finirà il romanzo?

L'idea iniziale è solo uno spunto, ma il testo è ancora tutto completamente da ideare. Vediamo cosa succede davvero, un po' più in dettaglio:

La trama più approfondita:

- Il giovane Holden viene espulso dal college.

- Prima di andare via, passa a trovare un suo professore. Poi incontra dei compagni, e una volta partito incontra altre persone fino alla conclusione della vicenda.

- Nel corso della storia, veniamo informati che uno dei suoi fratelli è morto di leucemia.

- Con ognuno degli altri personaggi (occhio che il romanzo è tutto qui) Holden si relaziona in maniera critica, difficile e piena di contrasti. Va un po' più daccordo solo con la sorella più piccola, ma nemmeno troppo.

- Dopo aver incontrato tante persone e girovagato molto, Holden decide di scappare lontano e vivere da solo come un eremita. Però poi guardando la sorellina ci ripensa, e torna a casa.

- Fine.

Perchè è una buona storia: ok, fermi tutti. Ma cosa sta succedendo?

Nel giovane Holden, il protagonista vaga da un incontro al successivo senza che accada mai realmente nulla di effettivamente degno di nota. Perchè un lettore dovrebbe appassionarsi? Dove sta il conflitto?

Evidentemente, se avete letto il romanzo o se la mini-trama che ho scritto è bastata, vi sarà chiaro che la storia reale, il filo conduttore vero e proprio della vicenda, è in realtà molto più sottile:

La storia vera: dopo la morte del fratello, un adolescente vive una profonda crisi esistenziale.

Ora qui si scateneranno i critici e rompipalle vari. Questo è evidentemente un romanzo sull'adolescenza. Holden è il prototipo di ogni sedicenne/ventenne incavolato, in cui molti si riconosceranno. È quasi una figura simbolica che rappresenta chiunque sia passato per il medesimo scompenso ormonale, etico, sessuale, morale, sentimentale e tutte quelle cose che ti distruggono a quella età.

Ma, in questo romanzo, davvero i problemi di Holden iniziano con la morte del fratello, e il vissuto personale del protagonista non è analogo a quello di tanti altri. Io da adolescente stavo sempre incazzato e basta, non avevo nessuna scusa particolare. Per cui Holden ci assomiglia, ma quello che ci mostra non è proprio il vissuto di un tipico adolescente ma - secondo me - più quello di una persona che sta vivendo un dramma particolare. Io, tra l'altro, ero molto, molto più insopportabile di lui.

Ma sto davvero andando troppo fuori tema, credo. In sostanza, però, l'importante è che adesso abbiamo una storia (Holden che lascia il college) il conflitto (la crisi adolescenziale) lo sviluppo (gli incontri con i vari personaggi) e la possibile conclusione con il ritorno a casa.

Il romanzo c'è tutto, e una volta analizzato si può riportare al consueto conflitto buono contro cattivo. Inizialmente era difficile vederlo, perché il modo in cui è sviluppata la trama è molto più complesso del semplice: Holden esce di casa e incontra un mostro alto tre metri che gli dice: «ciao, io sono l'adolescenza. E adesso ti ucciderò».

Invece del mostro gigante, Salinger ci racconta una serie di episodi in cui il protagonista si interfaccia a tanti altri personaggi. Abbiamo dei professori, una prostituta col suo pappone, dei baristi, degli altri studenti e via dicendo. Con ogni personaggio nasce una sorta di mini-racconto, che si conclude quando Holden si sposta per dare inizio a un nuovo capitolo della trama.

Lo schema è un po' lo stesso dei poemi classici, o di un film di quelli cosiddetti on the road: c'è un tema fisso che viene riproposto tante volte a seconda dei personaggi e delle situazioni, mentre nel contempo l'autore ci fa conoscere il protagonista ed elabora una possibile conclusione con cui chiudere la storia.

Concludendo, Salinger ha scritto una specie di Odissea, con un sedicenne che lotta contro una divinità nemica che si porta dentro. La storia in un certo senso è la stessa, e forse non potrebbe essere altrimenti. Quello che cambia sono i protagonisti, l'ambientazione e la capacità dell'autore di saper cogliere un aspetto del mondo, del proprio tempo o anche semplicemente dell'animo umano che nessuno aveva ancora saputo raccontare.

La speranza, ovviamente, è di riuscire a fare lo stesso anche nelle nostre storie.

Simone

Link: alcune poesie di Robert Burns.

24/02/10

Primo Mazzini e l'imprendibile editore fantasma: a chi ho spedito i miei manoscritti, e anche come dove quando e perchè l'ho fatto.

Come spiegato l'altro giorno, ho ripreso a cercare un editore per alcuni miei manoscritti.

In particolare, ho spedito varie buste a vari indirizzi, per un totale di 10 manoscritti (non tutte le buste contenevano un manoscritto solo). In più ho, nei pochi casi in cui è stato possibile, ho anche mandato qualcosina via mail.

Quelli che ho scelto di importunare sono tutti editori medio-grandi o medio-piccoli che ho trovato in libreria, che mi sembrano adatti alle cose che gli ho inviato e che non sono i soliti nomi famosissimi. Certo non sono stato lì a studiarmeli più di tanto: in genere faccio un elenco di chi trovo in libreria, poi guardo il sito, vedo che collane hanno e se accettano manoscritti e poi eventualmente mando qualcosa.

Spero di non aver beccato nessuno di troppo enorme e che non mi si filerà mai, e che qualcuno mi risponda davvero ed eventualmente senza farmi attendere 5 o 6 anni. Per una specie di scaramanzia al contrario, poi, visto che in passato non l'ho fatto e che mi ha sempre detto male, questa volta vi dico i nomi degli editori a cui ho spedito le buste. In ordine casuale, sono:

Gremese, Barbera, L'airone, Elliot, Kowalski, Avagliano, Cairo, Neri Pozza.

Come vi pare come lista? Un paio mi sa che sono troppo grossi, un paio troppo piccoli e un paio non pubblicano niente che si avvicini a quello che scrivo io. Poi un paio mi sa che già mi avevano rifiutato e un paio ancora avranno sentito parlare (male) di me. Ma chi lo sa, magari invece è la volta buona. Se devo essere sincero, non so perché ma un pochino mi sento ottimista.

Non indico chi ho sentito online perché, non avendo ancora ricevuto risposta, non so se effettivamente vale come contatto o se la mia mail è finita direttamente in qualche disintegratore di byte. L'ultima volta che ho spedito un manoscritto via mail ho ricevuto qualche etto di SPAM, un paio di virus e una lettera con scritto "se ci provi di nuovo, ce la pagherai".

Per la cronaca, i manoscritti inviati sono Il gatto che cadde dal Sole, e Il mondo quasi nuovo.

Sulla presentazione in prima pagina ho specificato, sottolineandolo e in neretto, che ho già pubblicato un libro con Delos Books e tutto il resto. Così magari qualche editore se lo compra e rientro un po' di tutti i soldi che ho buttato per fotocopie e spedizioni varie in tutti questi anni. Ho fatto i conti, e vendendo circa 5 o 6 mila copie dovrei andarci in pari.

Come avrete comunque già inteso (specialmente visto il titolo del post) Primo Mazzini e la stanza fuori dal tempo non è stato spedito a nessuno.

Sinceramente credo che questo romanzo sia uno dei miei lavori più riusciti, e ci terrei molto a pubblicarlo e magari a scrivere in futuro anche un seguito. Solo il guaio è che non ho idea di dove mandarlo: si tratta di un romanzo di azione, fantascientifico e anche un po' sul comico. Il fatto è che - tra tutti gli editori che ho analizzato in questi ultimi anni - un libro del genere non mi pare che rientri nelle linee editoriali di nessuno.

In particolare, tutti i romanzi di fantascienza che ho visto in giro hanno seguito uno di questi iter:

- Hanno vinto un premio letterario. Ma Primo Mazzini non è proprio fantascienza "standard", e non lo vedo nemmeno tra i testi che di solito vincono questi premi. Tra l'altro, infatti, all'Urania non è arrivato neanche tra i finalisti.

- Sono pubblicazioni con contributo. E io, sinceramente, ho già dato.

- Sono di Asimov o di Philip Dick.

- Sono di un autore straniero e hanno dei titoli fighi, tipo "il terrore dei devastomostri" o "apocalisse turbostellare" o "la spada dell'eroe del drago della gemma del gemello... solo stavolta nello spazio". In effetti Navarra suona un po' straniero, ma Primo Mazzini un po' meno.

E insomma, comunque sia mi pare di aver fatto un bel lavoro. E a parte che adesso tornato dalla posta sono anche un po' sul distrutto penso che tutti quegli editori dovrebbero pubblicarmi, perché sono bello bravo e tanto simpatico, e poi un pochino anche perché me lo merito.

Ma voi qualche editore decente a cui inviare Primo Mazzini riuscite a consigliarmelo?

Se non si fosse capito, lo scopo del post era proprio chiedervi questo.

Simone

22/02/10

Chi ricomincia è già a metà dell'opera.

Come qualcuno avrà intuito dal rallentamento degli aggiornamenti del blog, vi confesso che ultimamente ho un po' mollato la scrittura per dedicarmi soprattutto all'università e ad altri impegni. Il silenzio mortale che ha seguito gli ultimi due manoscritti (Primo Mazzini e Il mondo quasi nuovo) che ho inviato a non troppi editori senza ricevere lo straccio di una risposta, mi ha un po' buttato giù, e unitamente al fatto che non sono ancora riuscito a partire con un romanzo nuovo mi ha fatto tornare - per l'ennesima volta - a meditare se valga la pena o meno continuare a fare lo scrittore. O a provare a fare lo scrittore, per dire le cose nella maniera più corretta.

Davvero tutto il contorno che mi vedo attorno (contorno/attorno è brutto, lo so) è piuttosto demotivante. Partendo da certi colleghi scrittori che mi fanno passare la voglia di confrontarmi con qualcuno, passando per editor che non si sognano nemmeno morti di leggere qualcosa che ho scritto e terminando nel silenzio-diniego che segue all'invio di ogni mio manoscritto in visione, l'ambiente letterario sembra una camera ardente dove io faccio il morto e - sinceramente - la cosa non mi piace per niente.

Ultimamente poi mi è capitato di conoscere persone che lavorano in TV, alla radio e sui giornali, e tutte le volte quando gli ho chiesto di scrivermi una recensione o di indicarmi qualcuno a cui rompere le palle la risposta è stata un secco: mi dispiace ma non lo so, non sono in grado, non sono capace e comunque non posso.

Che poi che palle, non volevo fare quello che critica il mercato e tutto il resto. Ma se io nel lavoro che faccio mi trovo qualcuno che mi chiede una mano, magari uno che conosco da un po', allora cazzo io almeno ci provo a fare qualcosa. Non è che sto lì a fargli gli esami o a tirarmela o a pretendere che in cambio mi offra chissà che. Ma poi che ci vuole a nominare un libro per sbaglio per 5 secondi alla radio o a scrivere su un sito che hai trovato il mio libro e - che ne so - magari a qualcuno potrebbe interessare? Evidentemente se lo fai poi arriva qualche grande capo che ti fa un culo come un secchio, ho capito, e fin qui ci posso arrivare. Però, bo'... ci sono davvero così tanti aspiranti scrittori con 3-4 romanzi pronti che bussano in continuazione al punto che non è più possibile dare retta a nessuno e si risponde solo: no, no, no, non voglio leggere niente, non mandarmi nulla, non farti vedere?

No, perché io li vorrei proprio conoscere tutti questi romanzieri scassapalle. Tra tutti gli scrittori che conosco, parlo di centinaia (ovviamente conoscenze generiche e spesso solo online) solo un gruppetto ha scritto almeno un solo, singolo romanzo. Che ne abbiano pronti 2, 3, o anche di più, dando la possibilità a un eventuale editore di scegliere anche cosa, come e quando eventualmente presentare, conosco davvero giusto i soliti che passano da queste parti. Tutti gli altri producono racconti per raccolte su temi del cazzo (alle quali per chiarire partecipo spesso anche io, venendo in genere eliminato alle selezioni ^^) e sono contenti così.

E insomma davvero stavo lì lì per mollare. Di nuovo, visto che avevo mollato già una decina di anni fa, dopo la pubblicazione a pagamento andata appena un po' peggiò di molto male. Poi è arrivato un consiglio piccolo piccolo, da uno di quelli che appunto non si leggerebbe una cosa mia manco morto e che forse mi ha risposto tanto per dire qualcosa. Poi è arrivato un altro piccolo commento da qualche lettore. Poi ho riletto le prime pagine di una cosa che ho scritto, e mi sono detto che tutto sommato è davvero un buon lavoro e varrebbe effettivamente la pena di dargli un po' più di visibilità.

Ho letto anche un bel libro. Ho pensato che tutto sommato non è troppo diverso da quello che è il mio stile, e mi è tornata la voglia di scrivere.

Così ho ripreso il libro dei gatti, ho scritto una nuova presentazione e ho iniziato a cercare un po' di editori a cui inviarlo. Ho trovato l'indirizzo di una persona su Internet, e gli ho mandato una mail per rompergli i coglioni. Ho una nuova storia che mi frulla nella testa e forse, se funziona e tutto il resto, la scriverò pure. O forse la scarterò come altre cento, e continuerò a pensare ad altro.

Tutto sommato, l'importante è che si ricomincia.

Simone

20/02/10

Ebook - Primo Mazzini e la stanza fuori dal tempo (nuova copertina e formato epub).

Titolo: Primo Mazzini e la stanza fuori dal tempo.

Genere: romanzo di fantascienza, comico.

Lunghezza: 350 cartelle.

Copertina: di Luca Morandi

Se un cataclisma devastante si abbattesse sul genere umano, la scienza, la tecnologia e la cultura della nostra società rischierebbero di andare perdute.

Il compito di trovare una soluzione semplice, efficace e soprattutto economica che scongiuri una simile eventualità, viene affidato a Primo Mazzini e al suo istituto di ricerca in perenne crisi e sull'orlo del disastro finanziario.

In un intreccio di scienziati più o meno affidabili, robot invadenti, universi (molto) paralleli e invenzioni che fanno il contrario di quello per cui sono state ideate, i ricercatori della Soluzioni Tecniche Mazzini si cimenteranno con la sfida più grande che abbiano mai dovuto affrontare: progettare qualcosa che funzioni davvero.


Scarica l'ebook:

Primo Mazzini e la stanza fuori dal tempo. (Formato pdf).

Primo Mazzini e la stanza fuori dal tempo. (Formato epub).

14/02/10

Quello che stiamo facendo.

L'altro giorno ho visto uno di quei programmi formati da una serie di servizi più o meno giornalistici, incollati insieme dagli stacchetti di qualche presentatore più o meno televisivo.

A un certo punto, hanno fatto vedere una tizia che molestava un personaggio famoso che (immagino) reputava attrente, o che forse voleva prendere in giro o non lo so. Non è che la cosa fosse effettivamente troppo spinta: la tizia in questione è andata a cercare tale personaggio all'uscita di non so quale locale, si è messa un guanto di gomma e poi è andata lì e gli ha fatto popi popi sul cavallo dei pantaloni a tradimento, facendolo incavolare.

Adesso non dico che la cosa mi sconvolga particolarmente, ma un po' mi ha lasciato con l'idea che, cioè: ma che cavolo mandano in TV? 

Dopo un po' hanno mandato un servizio sugli immigrati, o meglio: sul viaggio che alcune persone fanno partendo praticamente da in mezzo al deserto fino ad arrivare qui, dalle nostre parti. Si è trattato a tutti gli effetti di un servizio enorme, incredibile. Detto a parole, attraversare il deserto per arrivare in Italia sembra una cosa come prendere la corriera per andare a sciare il fine settimana. La realtà è che c'è gente che passa giorni ammassata su un camion, col rischio di finire in prigione, torturati, depredati oppure - più semplicemente - morire di fame e di sete in mezzo al deserto.

Quello che passa davanti agli occhi è comunicazione allo stato puro, e l'autore per me andrebbe accostato a Salgado, Strand, Erwitt e a tutti i grandi che hanno raccontato il mondo con le immagini. Vedere la realtà come effettivamente è ha più forza di qualsiasi lettera, comizio o chiacchierume propagandistico: è vero che non c'è lavoro per tutti, che alcuni sono criminali e che se non cambiano le cose saremo noi italiani a dover scappare da qualche altra parte. Ma con che coraggio puoi rimandare qualcuno lì in mezzo, una volta che è riuscito ad arrivare fino a qui? La domanda mi martella in testa per tutto il servizio: che si fa? E allora, che si fa? E la risposta è: non lo so. E forse non lo sa nessuno.

Finisce il servizio, e il presentatore più o meno televisivo fa qualche battuta sul sesso, su come sarebbe contento di entrare in intimità con la sua collega, su quanto il suo pene sia notevolmente grande e su come in fondo i nostri politici lo prendono tutti nel didietro perché - evidentemente - gli piace. Il tutto accompagnato da risate del pubblico, miste ad applausi e grida di giubilo.

Subito dopo, vediamo un gruppo di giovani artisti che assale per strada le persone famose al solo scopo di riempirle di parolacce. Vaffambrodo, sei un tontolone, sei una peripatetica, ti piace mostrare le tue grazie per soldi. E se poi uno se la prende, be', problemi suoi.

Nuovo stacco sui presentatori, e nuove battute su genitali, accoppiamenti e metodi originali per raggiungere l'orgasmo. Roba da premio Nobel, se mai ce ne fosse uno per chi inventa più sinonimi per il membro maschile. Poi è il momento di un nuovo filmato interessante: adesso non so se fosse la stessa puntata, o se l'ho visto un'altra volta. Comunque parliamo di testimonianze di vita nella Striscia di Gaza, persone che hanno scelto di morire attraverso l'eutanasia, altri immigrati che questa volta arrivano in Italia nascondendosi nei container.

Tutta roba di giornalisti, o non so davvero come chiamarli e come definire il loro lavoro, interessantissima. Narrata bene, senza superficialità, che mostra quello che avviene dietro a notizie che spesso vengono date superficialmente. Solo che il tutto è mescolato ad altra roba che - per quel che riguarda i gusti del sottoscritto - rende l'intera trasmissione piuttosto sgradevole.

Ma io non ho nulla da ridire su questo programma o sui tanti analoghi che mandano in televisione, come non ho nessun consiglio da dare agli autori: in fin dei conti è un format che funziona a questo modo. Si vede che - evidentemente - una serie di soli servizi seri e battute più studiate renderebbero pesante la visione. Gli ascolti precipiterebbero, e addio anche a storie e narrazioni più interessanti.

Quello su cui mi viene da riflettere, è questo: passo una settimana in mezzo alle mine, alla gente malata di lebbra, sotto alle bombe. Poi torno in Italia, e mi trasmettono tra una gara di flatulenze e qualcuno che decanta le caratteristiche tecniche del proprio campanellino. Non è mortificante, tutto questo?

Mi viene da pensare che non c'è mai un momento in cui - anche se sei davvero bravo - ti tratteranno con rispetto e ti lasceranno il tuo spazio. Al pubblico piaci tu come piace altro, e quell'altro può essere qualsiasi cosa e di qualsiasi livello perché a comandare sono solo gli ascolti.

E fin qui ho parlato di scrittura e comunicazione perché è quello di cui parlo sempre, ma lo stesso accade di regola anche in altri ambienti e in altre situazioni: all'università, in ufficio, in famiglia o anche nelle normali relazioni della vita di tutti i giorni. La vita di ogni persona che si impegna con serietà e convinzione nel proprio lavoro è fatta anche di compromessi, rese, e del semplice accontentarsi a di quello che ci viene offerto.

Il fatto è che stare lì a giudicare e a pensare a questa cappa di mediocrità che avvolge ogni cosa, con la pretesa di farla scomparire a forza di critiche e lamentele, ci fa sembrare ingenui e arroganti. Perché non è che si sia già - o che si diventi - sempre e per forza migliori, e alla fine tante prese di posizione funzionano bene sulla carta, a parole o tra le righe di un blog, ma all'atto pratico dimostrano tutta la loro supponenza. Come se non bastasse si finisce spesso per prendersela con le persone sbagliate, avvantaggiando invece chi non lo meritava.

Inizio a credere che l'unica cosa da fare sia smettere di preoccuparsi di tutto il contorno, e andare avanti col nostro lavoro, per non dire con la nostra vita, cercando di fare le cose nel modo migliore possibile. La speranza - questo sì - è di essere davvero capaci come tutto sommato vorremmo. E di trovare magari dall'altra parte qualcuno a cui il nostro impegno sia utile, e che dia un senso a quello che stiamo facendo.

Tutto il resto, i riconoscimenti, gli applausi, o anche un semplice e gratuito grazie, potrebbe anche non arrivare mai.

Ma forse, in fin dei conti, neanche che ci serve davvero.

Simone

11/02/10

Ebook - Il mondo quasi nuovo (versione aggiornata + epub)

Il mondo di oggi visto attraverso gli occhi di un trentenne single, studente universitario, scrittore emergente e ingegnere (quasi) pentito.

In questo libro si parla di:

- Sesso.

- Donne.

- Diritto allo studio, numero chiuso, e come prendere i posti a sedere all'università.

- Come (quasi) arricchirsi con la scrittura.

- Tutte le soluzioni per avere un pene di dimensioni maggiori.

- Omosessualità, prostituzione e altre robe del genere che non vedete l'ora di leggere.

- La risposta definitiva all'annoso quesito dell'esistenza di Dio.

- Come investire le vostre vincite milionarie.

- Reality show e altri fantastici programmi televisivi.

- Metodi semplici e veloci per sapere tutto di ogni disciplina scientifica.

- E poi, come aggiunta bonus, la soluzione pratica per un mondo senza guerre e senza malattie.

Al momento non ci sono vampiri, maghetti e pupazzi blu tridimensionali, ma per il seguito vedrò di rimediare. Rispetto a quella che ho reso disponibile qualche mese fa, inoltre, questa versione dell'ebook è stata leggermente ampliata ed è finalmente disponibile anche in formato epub, oltre che nel solito pdf.

La scaricate cliccando qui sotto:

Il mondo quasi nuovo - Formato pdf

Il mondo quasi nuovo - Formato epub


Simone

08/02/10

Come inventare una storia - 4: Tutto quello che non funziona in Avatar.

Finalmente l'ho visto pure io, e chiariamo subito: secondo me questo Avatar è un gran bel film. Mi sono divertito molto durante le seppur lunghissime 3 ore di proiezione, gli effetti speciali e la grafica 3D sono qualcosa di mai visto prima, e tutto sommato consiglio a tutti di andarlo a vedere.

La mia insomma non è una critica alla qualità della pellicola, che reputo decisamente sopra la media di quello che si vede in genere al cinema, ma vuole essere un'analisi delle cose che secondo me non hanno funzionato a dovere più che altro per capire meglio come si scrive un film del genere e migliorare - magari - anche un po' la mia scrittura.

Allora iniziamo: tutto quello che non funziona in Avatar.

3D: il 3d con gli occhialini è semi-fantastico. In questo film, a tratti, non riuscivo a capire cosa fosse vero e cosa fosse disegnato al computer, segno che anche la profondità visiva contribuisce ad aumentare il senso di realtà.

Il problema del 3d, però, è che hanno fatto un film con effetti grafici mai visti prima, ma indossando gli occhialetti è come se ci mettessi sopra una pellicola scura che si mangia tutti i colori.

Ora tante persone non sembrano notare questo difetto, ma l'ho notato io come mi ha detto di averlo fatto anche un sacco di altra gente. Probabilmente è la tecnologia 3d usata nelle sale qui a Roma che non è al livello di quella usata in altri cinema magari americani (credo sia l'IMAX), dove avranno proiettori più potenti e occhiali fatti in maniera da non scurire la pellicola. Non lo so. Comunque il risultato finale è che abbiamo un film 2D con colori vivi e luminosi, oppure un film 3D coi colori piatti e la luce fioca tipo che fosse girato tutto nella penombra. Due versioni monche, insomma, perché a entrambe manca qualcosa.

Personalmente, insomma, questa fissa di fare tutti film in 3 dimensioni mi sta piuttosto antipatica, perché le pellicole semplicemente non si vedono bene. Immagino che la colpa sia di quelli che si scaricano i film senza pagarli, che hanno costretto i filmografi a inventarsi una cosa (il 3d) che è un po' più complicata da scaricare e vedere sul televisore di casa. O forse non è questo il vero motivo, non lo so. Speriamo almeno che adeguino presto le sale e i proiettori, o che semplicemente questa moda del cavolo passi.

La storia: ora, secondo me, ci sono due storie in Avatar. La prima è il mondo ricreato al computer, con tutte le piante e gli animali e gli omini blu alti 3 metri, ed è meravigliosa. Ci si perde nella fantasia del regista, e la prima ora e mezza è come un sogno a occhi aperti.

La seconda trama è il classico: i cattivi vogliono distruggere la natura, e i poveri indigeni si ribellano guidati da uno dei cattivi che è diventato buono. Un po' come balla coi lupi o l'ultimo samurai o altre robe del genere straviste e strariviste e purtroppo anche stranoiose.

La cosa fa riflettere, perché Cameron non è certo uno sprovveduto e in una produzione da 300 milioni di dollari non si capisce perché non sia stato possibile tirare fuori qualcosa di meglio. Evidentemente la (seconda) storia è così perchè così funziona meglio. Il film piace a più persone ed è un grande successo ai botteghini.

Insomma la visione di Avatar mi fa pensare che a volte sia meglio scrivere peggio, alla faccia di tante regole di scrittura o di tanti libri letti e riletti da cui imparare. Probabilmente Cameron è così avanti che bisognerebbe dare retta a lui e smetterla di cercare trame interessanti o storie in cui i personaggi siano verosimili e le situazioni risultino originali. O forse - in questo caso - nessuno se l'è sentita di rischiare con una storia difficile avendo investito così tanti soldi. Che poi, tutto sommato, mi pare anche una scelta sensata.

Le cose che proprio non mi vanno giù di Avatar: ora ok per la storia un po' scontata. Però alcuni passaggi lasciano davvero perplessi. Ne cito alcuni, e scusate gli spoiler (ma tanto ormai l'avrete visto quasi tutti):

1) Il capo dei cattivi sta parlando con la dottoressa. Poi di punto in bianco prende una specie di sasso che fluttuava su un tavolino (??) e spiega che loro sono lì per prendere quel minerale che vale non so quanto più di qualsiasi altra cosa esistente nell'universo. Questo, dal punto di vista narrativo, è un cosiddetto infodump. Un modo per dare informazioni al lettore (in questo caso spettatore) in fretta e senza inserirle davvero nella storia.

Questo non è bellissimo per la coerenza della trama, perché la dottoressa sa già perché si trovano in quel posto e non c'è motivo che qualcuno glielo spieghi come se parlasse a una rincoglionita. Ma qui ok, la cosa ci può ancora stare: magari davvero la dottoressa non sapeva ancora i veri motivi della missione, e poi allungare ancora il film per spiegare una cosa che poteva essere detta in un discorso rapido poteva annoiare. Per cui, fino a qui, passi.

2) I pupazzoni giganti protagonisti stanno volando in groppa a dei cosi alati. A un certo punto si vede un altro coso alato molto più grande e cattivissimo, e uno dei personaggi dice al protagonista che: solo una persona ogni non si sa quanti mila anni riesce a cavalcare uno di quei cosi, e sarà il prescelto acclamato dal popolo e bla bla bla.

Ovviamente tempo mezz'ora di film e il protagonista volerà a cavallo del mostro gigante su cui solo il prescelto di cui sopra poteva salire. E tutto bello e tutto giusto e saggio, ma chi è che non se lo aspettava? Confesso che il coinvolgimento qui è un po' calato.

3) La dottoressa sta per morire, e durante una cerimonia per provare a salvarla il capo degli omoni blu alti tre metri se ne esce dicendo: magari lo spirito della foresta la farà entrare definitivamente nel suo corpo da Avatar. Accennando insomma che una cosa del genere si potrebbe effettivamente verificare.


Ora, dopo questa frase buttata lì tra l'altro senza un vero motivo, come potevamo aspettarci che sarebbe finito il film? Il problema non è che la trama sia solo una scusa per gli effetti speciali (che per un film come questo a me va benissimo) ma che ogni evento della terza ora è stato anticipato durante le prime due con frasi buttate lì dai personaggi senza motivo e senza nessuna capacità di generare tensione o di lasciare aperti dubbi o possibili colpi di scena.

E il film è scritto un po' tutto così. Un personaggio dice: ah, questa cosa è impossibile e non l'ha mai fatta nessuno, e cinque minuti dopo arriva il protagonista e la fa in maniera goffa e scontata e soprattutto noiosa.

Come già detto prima, però, non è che si possa avere il dubbio che Cameron sia meno di un genio e che non sappia cosa sta facendo. Evidentemente generare tensione in un certo modo o creare una trama più completa non è stato giudicato interessante ai fini della creazione di un prodotto cinematografico valido. Andrà a finire che se scrivi un libro con pochi infodump e senza spiegoni o colpi di scena o deus ex machina sbucati dal nulla ti diranno che non sei capace a scrivere, e noi scrittori emergenti dovremo adattarci a riempire i nostri testi di personaggi che ti dicono come finisce la storia ancora prima di arrivare a metà perché se no poi in fase di valutazione ci scarteranno tutti i manoscritti.

L'intervallo: ora non mi prendete in giro: il film è un prodotto commerciale, e costruito seguendo specifiche e sacrosante esigenze di profitto. La durata è compatibile alla durata di un film standard, se vuoi un film per ragazzi non puoi metterci scene troppo spinte, la storia è costruita anche pensando al 3D e a quello che vedranno gli spettatori e così via di seguito per tanti, tantissimi particolari.

Allora perché non s'inventano qualcosa anche per l'intervallo? In Italia un sacco di cinema tagliano il film a metà, per consentire magari alla gente di andare in bagno o di prendersi qualcosa da bere. A me sembra giusto, penso che avvenga anche in altri paesi ed è anzi una cosa da raccomandare a tutti i proiezionisti, visto che 3 ore di Avatar senza pause possono anche lasciarci secco qualcuno.

Ma allora perché i registi non s'inventano una scena un po' più lunga, una pausa, una scritta "intervallo" come ai bei tempi, piuttosto che lasciare a qualcuno la libertà di tagliare il film come gli pare, magari nel mezzo di una scena d'azione?

Sinceramente non me lo spiego. O comunque, sì, forse sono io che sono ipercritico su tutto, e vedendo un film mi metto a rovistare in mezzo a ogni minimo difetto. Però che non si pensi a cose così importanti, dopo aver pensato davvero a tutto, lascia un po' perplessi.

In ogni caso, ripeto, se ancora non l'avete visto vi consiglio con tutto il cuore di andare al cinema a vedere questo Avatar, meglio se in 3D. Vi sembrerà davvero di viaggiare in un altro mondo.

Specialmente nei primi 90 minuti.

Simone

06/02/10

Una specie di gioco: come scrivere un post che attiri tanti lettori, e diventare così ricchi e famosi.

Su, avanti, lo so che siete tutti dei geni del marketing troppo più bravi di me, per cui datemi una mano!

La mia idea, se non si fosse capito, sarebbe quella di scrivere articoli, post, cavolate o anche cose più o meno serie sfruttando però un tema, degli argomenti e delle parole chiave che portino qui tanti bei nuovi lettori, magari disposti a sborsare quattrini per una copia del mio libretto. O per lo meno a cliccarsi a casa qualcuno degli ebook.

Ovviamente dovrei parlare di sesso. Ma c'è anche la politica, lo sport, il cinema con i film più in voga.

Insomma, ora facciamo una specie di gioco: io ora ci penso su e per i futuri aggiornamenti proverò a inventarmi qualcosa. Qualcosa di divertente, che magari abbia anche senso inserire in un libro/raccolta del blog come elemento di alleggerimento e distrazione tra dei racconti un po' più impegnativi.

Facciamo poi che magari anche voi siete liberi, quando volete, di consigliarmi idee, argomenti, frasi, scene e soprattutto ricercatissime parole chiave. E se quello che proponete mi piace, ci scriverò volentieri qualcosa sopra.

Ancora, facciamo infine che - tanto per chiarire la cosa con voi - quando vedrete dei post strani, assurdi, viscidamente attira-lettori o solo estremamente pornografici, voi miei cari amici di blog che già mi seguite e conoscete saprete che non sto dando di matto ma sto semplicemente portando avanti questa specie di gioco qua. E magari ci faremo qualche risata.

Allora, vi piace come idea? Senza dover poi necessariamente scrivere decine di articoli potenzialmente scollegati, volgari, noiosi e senza senso, per il momento potremmo anche limitarci a fare un elenco di chiavi di ricerca attira-lettori, dal quale poi attingere tutti liberamente e senza problemi.

Magari allora proviamo a iniziare con un elenco di frasi e parole che tanta gente potrebbe cercare online, e poi vedremo che cosa succede.

Tanto per cominciare, io esordirei con:

Escort famose.

O anche:

Che programmi gireranno sull'Ipad della Apple.

O, meglio ancora:

Scaricare programmi copiati.

Voi sapete fare di meglio? Sinceramente, ve lo auguro ^^.

Simone

02/02/10

Segnalazione Ebook: Invio manoscritto, aspetto contratto. Di Aldo Moscatelli.

Oggi vi segnalo un ebook davvero particolare, per certi versi addirittura imperdibile per chi è interessato al mondo dell'editoria.

Tra l'altro, questo libro è - in un certo senso - il complementare del mio Io scrivo: l'editoria cioè dagli occhi non di uno scrittore emergente, ma di un editore (e scrittore) tra l'altro emergente anche lui.

Aldo Moscatelli è infatti l'editore de La casa dei sognatori, una piccola casa editrice che si occupa di narrativa, e questo è un lavoro che - come già in in certo senso preannunciato - racconta le esperienze e le difficoltà che si incontrano regolarmente in questo lavoro. Il fatto poi che molti editori medio/piccoli inizino adesso a pubblicizzarsi con ebook (vedi anche XII) è anche un ottimo segno di come - piano piano - qualcuno stia iniziando a capire che la qualità non deve essere necessariamente legata alla carta, ma che si può comunicare e cercare attenzione anche in altri modi.

Riporto dall'introduzione: scrivo questo libro quasi su commissione. Da tempo immemore numerosi lettori chiedono a gran voce un pamphlet in grado di raccogliere ordinatamente le (dis)avventure che, in qualità di editore, ho vissuto in questi anni. E che a scadenze regolari ho già avuto modo di narrare – solo in parte – nel blog della casa editrice.

Ora non ho ancora terminato la lettura di questo testo, ma ho dato un rapido sguardo ai vari capitoli, soffermandomi su qualche pagina. Quello che salta all'occhio è che, almeno per quanto mi riguarda, l'autore è veramente stanco e stufo di scrittori e rompiscatole vari che sembrano sbucare da tutte le parti con pretese fuori dal mondo. Altra considerazione, poi, è che la lettura del mio testo unitamente a questo di Moscatelli vi darà una visione chiara ed evidente del mondo editoriale. E non c'è niente di buono o positivo in tutto questo, come non c'è nessuno da salvare: gli autori (io compreso) sono una moltitudine di montati arroganti o di miseri pecoroni, tutti comunque convinti di avere doti che non possiedono e probabilmente non possiederanno mai. Gli editori, o gli editor, sembrano detestare il lavoro che fanno, la lettura e il contatto umano in generale, e pur richiedendo chissà quali doti e abilità da chiunque collabori con loro, spesso cortesia e professionalità non sanno nemmeno dove stiano di casa. Quando parliamo di piccole case editrici, poi, come si venda realmente un libro è qualcosa di misterioso e che - tutto sommato - sembra non rientrare nei loro interessi.

Il quadro finale insomma è che - per quanto mi riguarda - la letteratura in generale possieda una sorta di mistico alone di cultura e importanza messogli a forza da cattive scuole e pessimi insegnanti. Ma così come è difficile cavare sangue da una rapa, è anche difficile trovare un connubio autore/editore davvero in grado di offrire un testo degno delle aspettative di chi legge perché - semplicemente - a ogni livello della produzione di un libro mancano le persone dotate della necessaria umiltà, apertura mentale e capacità professionale.

Ringrazio insomma il signor Moscatelli per questo libretto, e vi invito tutti - caldamente - a scaricarlo e a leggerlo.

E poi magari rileggetevi pure il mio ^^.

La casa dei sognatori.

La pagina da cui scaricare il libro di Aldo Moscatelli.

Simone