Il 5 Settembre, più o meno 3 giorni fa, c'è stato il test di ammissione per la facoltà di Medicina.
80 domande di logica, cultura generale, biologia, chimica, matematica e fisica, da rispondere con le classiche crocette. Poi una commissione fa una classifica dei vari studenti a seconda dei punteggi, e se rientri nella graduatoria va bene altrimenti ti attacchi e Medicina non la puoi fare.
E a me ha detto anche bene che Medicina non è proprio la facoltà più richiesta: quando l'ho fatto io alla Sapienza c'erano 550 posti disponibili, per appena 4000 candidati. Un rapporto di circa 8 a 1, che tutto sommato per essere una specie di concorso è anche abbastanza favorevole: se conti chi non si presenta e chi a prepararsi non ci ha provato nemmeno, alla fine se studi vuol dire che - con un minimo di fortuna - ce la fai.
Ho fatto anche il corso di preparazione estivo, con tutti i ragazzetti appena diplomati. Appena arrivato al corso la professoressa di Fisica mi ha chiesto: "ma te qui che cavolo ci stai a fare?" e io lì in mezzo mi sentivo una specie di alieno. Al corso ho conosciuto un bel po' di ragazzi, con i quali tutto sommato andavo d'accordo... ma mi sa che di loro, all'epoca, non è entrato nessuno.
Poi al test vero e proprio ci hanno divisi a seconda della data di nascita, e io sono finito nell'aula con tutti quelli che avevano dai 30 anni in più. E lì tra 300 persone se non ero il più giovane di tutti direi che ci mancava davvero poco. Due biologi di 40 anni che stavano al banco dietro di me sono entrati. L'infermiere che avevo davanti no, una ragazza che avevo accanto non l'ho più vista e non saprei dire.
Alla fine il mio punteggio è stato 51, a Roma si entrava già con 40 e insomma è andata bene. Ed è vero che avevo studiato, ma troppe volte a esami e concorsi ho studiato e invece m'ha detto male, per cui non è che il risultato fosse così certo e sicuro.
E ogni anno che arriva il periodo dei nuovi test, un po' ci ripenso: che avrei fatto se mi andava male? Se quel giorno insieme all'influenza con nausea e mal di testa che già avevo mi veniva pure 40 di febbre? Se non sentivo la sveglia, sfasciavo la macchina, o mille altre cose?
Mi ricordo che era un momento davvero pesante, sotto ogni punto di vista. Da un lato volevo mollare libri, l'ingegneria e una vita che mi annoiava a morte e nella quale mi sentivo già vecchio. Dall'altro avevo dubbi, incertezze, speranze anche per un qualcosa che non sapevo bene cosa avrebbe realmente comportato. E in mezzo questa cavolo di prova di ammissione che sì, tanto se sei già laureato in ingegneria si aspettano tutti che la superi... per cui se poi non entri è ancora peggio.
Cosa starei facendo, oggi, se non fossi entrato?
Ecco. Di sicuro ci sarei rimasto male. Dopo tanti tentennamenti e dubbi prima di dedicere di provarci, restare fuori sarebbe stata una bella botta. Probabilmente non ci avrei riprovato, magari per la delusione e oppure semplicemente prendendo la cosa come un segno del destino. Per cui, insomma, al 90% medicina non l'averi più fatta.
Sarei tornato a fare l'ingegnere. Ma non come adesso, per l'ufficio come capita e se davvero proprio mi tocca. Avrei ripreso la carriera da libero professionisa con fotocopie, timbri, burocrazia e geometri che ti spiegano quello che devi fare, e se non va bene ti cazziano pure. E insomma, la passione per il lavoro sarebbe stata una cosa alla quale avrei dovuto rinunciare.
Oppure magari avrei comunque cercato un lavoro diverso, e forse alla fine sarei stato anche contento di non essere tornato all'università. Magari mi sarei fatto crescere il pizzetto e sarei diventato cattivo, un po' come gli scittori di thriller o come la realtà alternativa di una puntata dei vecchi Star Trek. Ma questo, ormai, non posso proprio saperlo.
Avrei anche - con tutta probabilità - continuato a scrivere. Magari il seguito di Primo Mazzini, e poi qualcos'altro. Una storia magari bellissima, ma che adesso non so nemmeno immaginare: la mia creatività si è un po' spenta con lo studio. E se anche come scrittore non avrei mai combinato nulla, avere una mentalità creativa è importante, e forse sarebbe un qualcosa da recuperare. Magari in futuro, quando gli esami saranno finiti.
Anche la musica, in fondo, è un qualcosa che è arrivata insieme al ritorno all'università, e forse a questo punto non avrei nemmeno iniziato a suonare la batteria. Forse è quella componente creativa di prima che ha semplicemente trovato un ruolo meno invadente e che si sposa meglio con lo studio. Chissà, probabilmente è così.
E in questi tre anni è cambiato molto anche il mio modo di vedere la vita, e di affrontare le cose. Prima ero più pessimista, e se anche scherzavo forse molto di più sotto sotto ero più severo e più negativo. Prima, diciamolo, forse ero semplicemente frustrato, stanco e insoddisfatto, e tutto quello che mi capitava lo vivevo di conseguenza.
Non voglio pensare che sarebbe bastato un test andato male per essere ancora così, ma tutto sommato è una possibilità. Ed è anche vero che sto ancora a metà strada, e da qui alla laurea (più eventuale specializzazione) ho ancora tutto il tempo di rompermi e frustrarmi di nuovo quanto voglio.
Ma per ora - insomma - sto qui: il test è solo uno dei tanti intoppi del passato, sono uno studente di 36 anni, ho 100 mila cose in ballo che stanno ancora tutte un po' a metà, insolute e dagli esiti tutt'altro che scontati. Tutto sommato mi sembra di essermi dovuto sudare davvero tutto, ma penso anche di aver avuto davvero una gran fortuna.
E speriamo che continui così.
Simone