27/10/12

Laurearsi passati i 30 anni: significa rimanere disoccupati?

Figli di medici non entrati in specializzazione.
Riporto la lettera del mio "collega" Giacomo (e la mia relativa risposta) che contiene un discorso che è più o meno all'ordine del giorno tra gli studenti di Medicina, anziani e meno anziani... e anche quelli giovani o che stanno ancora al liceo ma che sentono parlare di crisi, le tasse e compagnia bella e già non ci dormono più la notte.

Lettera di Giacomo:

Ciao Simone,
sono uno tuo collega anziano e ci siamo già scritti. Sono passato pure sul tuo blog che ogni tanto visito.

Sto seguendo il terzo anno, in particolare i tirocini di semeiotica. Ho letto il commento - uno dei tanti - che diceva che siamo un po’ troppo ottimisti e che il lavoro a 45 anni non ce lo darà nessuno.

Io ne ho 35 e sono al terzo, ma certo si può anche perdere tempo e un paio di esami indietro ce l’ho. Quindi la paura ogni tanto c’è, il pessimismo pure e mi capita di chiedermi se nel riprendere gi studi ho fatto una cazzata o meno.

A te qualche prof ti ha detto mai "non troverai lavoro, sei spacciato"? Ora sei al quinto, quindi qualche chiacchierata te la sarai fatta o no? Che t’hanno detto?

Giacomo.

La mia risposta:

Oddio che ansia che mi hai messo! :)

Proprio oggi con gli altri interni parlavo della specializzazione e l'aria era un po' funerea già per loro (molto) più piccoli e con medie (molto) più alte.

I prof non mi dicono nulla, ma secondo me entrare in specializzazione nella nostra facoltà è difficilissimo per tutti non solo a seconda dell'età, ma semplicemente perché è proprio un sistema del cavolo.

Io penso anche però che la specializzazione ambita e la professione da luminare siano un miraggio (per noi 30 e passa enni) ma una specializzazione meno richiesta e un lavoro dignitoso siano fattibili.

Credo poi che se uno impara davvero a fare qualcosa e si laurea con delle vere capacità, probabilmente le cose cambiano. Già a fare guardie o visite a domicilio qualcosa si guadagna, poi una specializzazione poco richiesta magari ti dà altre possibilità lavorative e piano piano un lavoro ce l'hai e te lo costruisci.

Simone

Ok questo era lo scambio di lettere.

Scusate se sembrerà un po' confuso, ma aggiungo che in effetti ci sono dei ragazzi che già con medie altissime (parliamo di un 30-40% del corso che ha una media sopra al 29) hanno difficoltà anche solo a trovare un reparto da frequentare, perché i reparti più "prestigiosi" per così dire sono pienissimi e non fanno entrare che pochi studenti.

Se è dura con la media del VENTINOVE E SETTE pensate poi che queste persone con valutazioni stratosferiche andranno anche a saturare le altre specializzazioni: se non entri a Pediatria o Ginecologia perché non ci sono posti, provi anche altri concorsi e per forza di cose finirà che i 220 e lode prenderanno tutti i posti anche in ambiti che non gli interessavano, rimarrendo magari frustrati e delusi. Mentre quelli come me (non dico "noi" perché non so che media ha Giacomo) non entrano da nessuna parte scontentando a questo modo buona parte dei neolaureati dottori che o faranno una specializzazione che non gli interessa, o che semplicemente non ne faranno nessuna.

Inoltre finita la specializzazione è tutta da vedere se trovi davvero qualcosa di serio da fare. Voglio dire, siamo obiettivi: i posti di lavoro sono comunque limitati, e se hai la media del 30 non vuol dire che sai davvero fare qualcosa come si deve (e io anzi sono piuttosto critico su un sistema che premia SOLO i voti, e di questo riparlerei in futuro) e rischi che finiti gli studi non ci saranno tutte queste persone a cercarti per darti delle responsabilità e - soprattutto - dei soldi.

Molta gente insomma si laurea e si specializza perfettamente in regola, ma poi si ritrova nella stessa situazione di quelli che non entrano nelle varie scuole e non sanno più cosa fare, solo qualche anno più tardi e con un sacco di tempo perso in più alle spalle.

Insomma c'è molto da dire e molto su cui discutere, e in 2 anni credo che ci torneremo spesso. Per ora, direi che posso fermarmi qui.

Simone

23/10/12

Seconda laurea in medicina: lezioni, internati... e tirocini.

Le mani non vanno così, e generalmente non sono pelato!
Ormai siamo nel bel mezzo (o quasi) del primo semestre del quinto anno di Medicina.

Come sempre durante i corsi, il sonno mi attanaglia in maniera perenne e insanabile. Ho pure un bel raffreddore, ma per lo meno mi sono fatto un'idea più precisa di cosa mi aspetta nei prossimi mesi.

Esami: gli esami del primo semestre non sembrano terribilissimi... a parte Anatomia Patologica che dopo due anni pieni di lezioni sembra finalmente arrivata ai capitoli finali (che consistono nella ripetizione di tutto quello fatto in passato).

Anatomia Patologica è brutta cattiva tostissima e mi fa pure senso, e spero di limitare al minimo la mia frequentazione della sala settoria che è una cosa che francamente detesto.

Poi ci stanno radiologia che è difficilino ma forse per la prima volta in 5 anni è anche un esame utile nella pratica clinica (in reparto si vedono effettivamente lastre, risonanze, tac e tutto il resto) e Medicina e Chirurgia 1 che sinceramente bo': ancora non si è capito cosa bisogna studiare, ma forse presto o tardi ci arriverò.

Tutto sommato direi che ho fatto di peggio negli anni passati, per cui niente di troppo terrificante... spero.

Reparto: il reparto di Medicina d'Urgenza dove (probabilmente) farò la tesi, devo dire che mi piace.

Potrei parlarne per ore (e in qualche post futuro lo farò), ma ora come ora mi limito a dire che rispetto ad altri reparti - dove era un po' un trascinarsi per i corridoi per poi defilarsi quando uno si era stufato - qui è quasi il contrario: non ti annoi mai e anzi c'è un sacco di roba da fare, ma prima di una certa ora se te ne vai pare pure brutto e finisce che quando esci ti senti pure abbastanza stanco.

Che poi è un reparto dove fanno i turni e quando ti tocca ti tocca: di notte non ci sono (ancora?) mai stato, però è capitato sia di sabato che di domenica di stare lì il pomeriggio fino alle 6.

Insomma questo Medicina d'Urgenza mi pare un reparto che - nel bene o nel male - si distacca un po' dalla media del Policlinico. Non saprei se consigliarlo a uno di 20 anni che vuole una carriera da grande medico, e non saprei dire se valga davvero la pena di fare per imparare o se sia meglio pensare solo ai cazzi propri come mi pare facciano alcune persone che puntano ad altre specializzazioni o a obiettivi da illustre primario luminare. Non lo so. Ma devo dire che pure io mi distacco un po' dalla media degli altri studenti (sempre nel bene o nel male) e per il momento mi trovo bene così.

Tirocini: a parte casi particolari come quello della settimana scorsa che mi ha messo effettivamente un po' in difficoltà o come il corso di sutura fatto sui manichini che è stato divertente, i tirocini si risolvono spesso in una gran rottura di palle che devi andare lì, perdere mezza mattinata a vedere qualcosa che ti sembra nuova solo se per 4 anni non te ne è fregato niente, mettere quella cavolo di firma e andartene a casa.

L'altra mattina ho scritto proprio "il tirocinio era noioso" su Facebook (tremenda ritorsione rivoluzionaria), facendo una figuraccia terribile con uno dei docenti che ho tra gli amici ma che non me lo ricordavo. "Ma come noioso?!" mi ha commentato, poverino... dopo che ci aveva sopportato per 2 ore e mezza mentre tutti i suoi colleghi ci scaricavano a lui.

Ma vabbe': alti e bassi, e ora per certi versi è già tutto quasi routine e iniziamo non dico ad arrivare a destinazione, ma per lo meno a prepararci alla discesa.

Simone

18/10/12

Un tirocinio un po' stressante,

Il numero del bisturi corrisponde a una forma casuale.
Oggi dovevamo andare a vedere come si fanno i prelievi sul manichino (per i pazienti veri, a questo punto, tanto vale aspettare che qualcuno si specializzi in anestesia) ma per vari motivi organizzativi finiamo in un ambulatorio dove si fanno piccoli interventi chirurgici.

Dopo più o meno una quindicina di operazioni a cui ho assistito, uno si aspetta che non gli faccia più tutta questa impressione, ma invece non è vero: la chirurgia ambulatoriale - per quanto si occupi di cose molto più piccole - per qualche motivo mi mette più in difficoltà di quella vera e propria, in sala operatoria.

Sarà che il paziente non è tutto incartato in quella specie di plastica, che non lo fa sembrare più tanto una persona vera. Sarà che gli fanno solo un'anestesia locale, e a ogni taglietto c'è la sensazione che gli facciano malissimo.

Sarà anche che sono interventi molto più superficiali e uno ha la sensazione di un qualcosa che può dare effettivamente fastidio, mentre tutto sommato l'interno di un essere umano non è realmente così familiare.

Insomma sarà come vi pare, ma all'inizio stanno togliendo una vena e mentre tagliano, tirano e tamponano io mi guardo intorno simulando un'aria distratta ma mi viene un'ansia che non vi dico, che era quasi meglio se operavano me.

A un certo punto una ragazza del nostro gruppo esce dalla sala e va a sedersi in corridoio, che si sente male.

«La volta che ho visto mettere un pacemaker sono proprio finita per terra» mi spiega, riprendendo un po' il fiato.

E io so anche di un'altra persona del nostro corso che è svenuta, sempre a 'sto cavolo di pacemaker. Ma che è!? L'intervento più terrificante del mondo.

Come sempre dopo un po' le cose migliorano. Non dico che alla fine andrei lì e farei tutto io, ma insomma: io sono sempre dell'idea di non fare il chirurgo, ma con un po' di pratica e sangue freddo mettere almeno qualche punto mi sembra fattibile. Tutto sta come sempre a iniziare, e poi penso che andrei tranquillo.

Che poi a Medicina d'Urgenza vedo molto di peggio con pazienti in fin di vita o situazioni critiche, ma non è la stessa cosa: sarà che il reparto si chiama - appunto - reparto, e non: posto pieno di aghi e cose taglienti e appuntite, ed è tutta una questione di testa e di pensare a quello che stai facendo e non a come ti sentiresti se lo stessero facendo a te.

E forse è anche una questione di sentirsi a proprio agio e di arrivare alle cose un po' alla volta, mentre ai tirocini ti proiettano tra reparti, persone e procedure che non hai mai visto prima e diventa tutto ancora più complicato.

Il secondo intervento della giornata è particolarmente bruttino: avete presente il punto a lato del collo, subito sopra la clavicola, dove si fa lo scherzo che uno vi affonda il pollice e vi fa malissimo? Be', insomma immaginate che invece del dito ci infilano il bisturi, e quanto potrebbe far male solo al pensiero.

Bello vero? No, a vederlo non era proprio bello da vedere per niente. Però chissà perché mi ero un po' rilassato e insomma - bo' - a raccontarla forse sembra peggio di come è andata in realtà.

Alla fine faccio pure qualche domanda, e come da copione l'infermiera capo-sala mi chiede perchè sto all'università se ho già 370 anni e tutta la solita storia della mia vita. Con lei c'è anche un (credo) docente di infermieristica con dei tirocinanti infermieri, che per qualche caso sono capitati di turno insieme a noi.

A differenza di noi mi sembrano meno tesi. Magari sono solo più bravi a non farlo notare? O forse si annoiano proprio, e se ne vorrebbero semplicemente andare: chi lo sa? Certo è che - da quanto ho capito - gli infermieri certe cose le fanno fin dai primi giorni del corso, mentre noi al quinto anno stiamo ancora al manichino e per me finisce che qualcuno si sente male pure con quello.

Forse semplicemente dopo tanto tempo ad aspettare il momento di mettere le mani su certe cose, alla fine con la testa chissà che idee ti sei fatto, e le tue aspettative sono aumentate in una maniera che diventa più un ostacolo che altro. Cioè se il primo giorno di università ti facevano operare uno tutto da solo, poi fino alla laurea non ci pensavi più: o no? Ma non sono troppo sicuro che una cosa simile si possa fare.

In ogni caso resto dell'idea che se davvero vuoi fare il chirurgo non devi fare altro che andare lì tutte le mattine fino a quando la paura non ti passa, e alla fine non te ne frega proprio più niente e non vedi l'ora di fare qualcosa anche tu, perché se no ti annoi. Tempo necessario - secondo me - e tanto per fare una stima anche per eccesso: tre settimane.

Una mesata se proprio sei uno di quelli che come vede una goccia di sangue sviene, visto che i primi giorni li passi per terra... ma chi la dura la vince, secondo me.

Attenti solo a non svenire proprio sul tavolo operatorio, che certi professori - magari - s'incazzano.

Simone

14/10/12

Studiare a 30 anni: il bello di rimettersi studiare.

Lo strumento medico più noto (in 4 anni non l'ho mai visto usare).
Dopo alcuni post che rischiavano di dare un po' troppo l'idea che mi stessi dicendo "ma chi cavolo me l'ha fatto fare" (a mia discolpa, era la sessione autunnale!) mi sembra anche giusto dire perché e percome aver ripreso a studiare - passati i 30 anni - è anche bello.

Sì, bello. Cioè... alle volte, e visto da determinati punti di vista, che non sempre corrispondono col mio.

Però è bello. E allora vediamo:

Perché tutto sommato è bello avere (superato di brutto) i 30 anni, ma trovarsi ancora a studiare.

- Studiare a 20 anni - per alcuni - è un po' una cosa che "ti è toccata". Lo vogliono i tuoi genitori, non sai che fare nella vita... insomma, è così: ci stanno un sacco di ragazzi che studiano e si fanno un deretano così, ma forse non sanno realmente perché lo fanno e che cosa desiderano davvero una volta ottenuta la laurea. A 30 anni, o i miei 37, o a 40 o 50 o anche di più - invece - è una cosa che puoi aver scelto solo e soltanto tu.

E adesso questo sembrerebbe più un motivo per non lamentarsi piuttosto che una cosa realmente positiva. Però - se ci pensate bene - non è del tutto così: in fin dei conti hai fatto una scelta. Magari una scelta un po' del cazzo, ma l'hai fatta e hai potuto metterla in pratica. Sei vivo, sei libero (a parte quando hai 2000 pagine da memorizzare) e fai quello che volevi fare. Evviva evviva, no?

- Io qualche volta mi sento più simile ad alcuni miei compagni di corso che ai miei coetanei. Che poi dipende più da una sorta di condizione (essere studenti universitari) che dal modo di pensare e ragionare, che magari può avvicinarsi di più a quelli della mia età.

Però è vero che tante volte mi sento più giovane di persone nate e cresciute con me. Non è tanto una giovinezza anagrafica, quanto l'essere rimasto in una fase della vita in cui sto cercando di raggiungere qualcosa, ho dei sogni e anche un po' di incertezza per il futuro.

Che poi si può essere così anche senza studiare, e forse sono quegli altri, quelli che non fanno più progetti, a essere vecchi. Ma in un'epoca di depressione e vittimismo veramente estesi a livello pestilenziale, la cura di dare un esame ogni tanto è veramente una bella salvata.

- È incredibile come regolarmente e ripetutamente ho notato come ingegneri che nemmeno si conoscono, di fronte a un dato problema, se ne uscissero con la medesima soluzione. E anche io, quando mi sono laureato in ingegneria, vedevo - ahimé - il mondo come lo vedono gli ingegneri.

Il pensiero ingegneristico è che c'è una soluzione "migliore" a ogni cosa, e generalmente questa soluzione è anche quella che hai trovato tu. E chi non trova la soluzione "migliore", evidentemente, è un povero coglione.

Ora, adesso che sono un po' mezzo quasi medico, vedo le cose anche da un punto di vista più naturale... per così dire. La biologia e la natura seguono un concetto più complesso secondo cui un qualcosa più lo complichi e più lo rendi arronzato e inefficiente e più - per assurdo - lo rendi funzionale. E poi il tutto è votato a un risultato inutile, visto che tanto alla fine devi morire e morirai, qualsiasi soluzione tu intenda applicare.

Insomma, la medicina è l'idea di mettere le mani in una roba complessa e che funziona già male di suo, e tirare fuori un qualcosa di complicato e rotto e arrabattato ma che - per come sei riuscito a rovinarlo bene - funzionerà meglio anche se magari per poco.

Avere attinto a entrambe le mentalità, mi ha concesso un po' di capirle e apprezzarle (nei momenti in cui va fatto) e un po' anche di sviluppare una visione mia della vita, che forse è un po' una via di mezzo o forse è un amalgama tra le due che però non si avvicina per niente a entrambe. Forse mi sono anche un po' rimbambito di mio, anche questa è una eventualità.

- Il fatto che dovunque o vai e chiunque incontri si finisca per parlare della tua seconda laurea e dei tuoi astrusi progetti di vita, è un bel modo per darsi tante arie e sentirsi realizzati pur non facendo un cavolo.

E pensare che ho fatto tanta fatica per cercare di diventare uno scrittore, quando invece era così facile! Iscrivetevi all'università, e sarete subito più famosi di quella che ha scritto Twilight.

- Sono la persona che volevo essere. Cioè, pensavo che laureandomi in medicina sarei diventato chi volevo essere, ma in realtà questo cambiamento è avvenuto già prima.

Ho difficoltà a indicare un periodo preciso. Però sono passato dal voler essere qualcun altro all'esserlo realmente già da un po'. Direi tra la fine del terzo anno e l'inizio del quarto, quando forse ho raggiunto il limite minimo di competenze mediche per capirci qualcosa e il limite massimo di esaurimento da studio per pensare vaffanculo basta accontentiamoci di questo.

Se devo indicare un singolo episodio preciso, non credo che ci sia ma il più suggestivo è forse il momento dal quale è venuto fuori questo post.

- Da qualche tempo inizio a sentire che avrò (in futuro) degli altri rimpianti se non farò o se non proverò almeno a fare determinate cose. Ma i rimpianti vecchi di un tempo, quella sensazione di fallimento e sconfitta e miserabile tristezza con la quale tante volte ci abituiamo a convivere, sono definitivamente svanite.

Forse ho semplicemente imparato a vivere meglio: vuoi una cosa e provi a ottenerla, e se pure non ci riesci ti rassegni e non ci pensi più. Quando invece chissà perché tante volte ti accorgi di volere una cosa, però poi fai di tutto per non raggiungerla mai solo per paura di fallire e stare lì a rosicare per sempre.

- E poi, pare incredibile ma tant'è: se studi tanto roba di medicina, alla fine diventi medico. Lo so, sembra strano (visto che c'è gente che la studia da 15 anni senza risultati) eppure è proprio vero. Gli studenti di medicina - prima o poi - diventeranno dottori.

E se non ricordo male, il progetto iniziale era proprio quello.

Simone

10/10/12

La colonna sonora del quinto anno.


Oggi ho fatto l'ultimo esonero di Farmacologia che mi mancava, tra quelli dello scorso anno.

Adesso tocca dare altri tre esoneri (in totale sono dieci) ma siamo in dirittura di arrivo e si inizia a intravedere un barlume di luce alla fine di questo immenso tunnel fatto di nomi impronunciabili (bevacizumab, diernidramina, Micofenoato Mofetile ecc) effetti collaterali stile Dr Jekill e Mr Hide e recettori e processi biochimici complicatissimi da memorizzare e - soprattutto - saper ripetere al momento giusto.

Visto il lieto evento, visto l'inizio delle lezioni, visto la partenza del tirocinio, visto il cominciamento dell'internato, e visto che non avevo un cazzo da fare, ho deciso di proporre un tema musicale che faccia da tema musicale (appunto) a questo quinto anno di università... che poi a contarli tutti sarebbe il decimo.

Insomma ho preso Overkill di Colin Hay, uno dei brani di Scrubs (l'unica serie che ricorda vagamente la medicina vera) e ci ho improvvisato sopra una specie di batteria che prima non c'era.

Personalmente ho notato che anche a suonare sto migliorando: sarà che sono ancora un bel po' teso quando suono per la paura di sbagliare, ma mi basta solo di imparare a sorridere un po' e non fare quella faccia da scemo e poi posso andare a suonare con Slash e mandare finalmente a quel paese tutti quanti :)

Simone

07/10/12

I primi turni a Medicina d'Urgenza.

I moderni ritrovati della Medicina d'Urgenza.
La prima settimana del quinto anno di Medicina si è conclusa ieri (sabato) pomeriggio alle 18, quando ho lasciato il reparto di Medicina d'Urgenza.

Ovviamente è troppo presto per fare un bilancio sull'internato (così si chiama la frequenza di un reparto ai fini della futura tesi di laurea) ma dopo questo primo mese di "prova" bisognerà scegliere se continuare su questa strada oppure se cambiare, per cui credo sia meglio pesare fin da subito tutti i pro e tutti i contro:

Veniamo alle cose positive: a Medicina d'Urgenza ci sono andato 3 volte, e ho incontrato altri 2 interni e uno o due specializzandi.

Il professore (che non è un professore, ma ci arrivo dopo) è uno solo, ma avendo appresso solo me e uno o due studenti rompipalle ha ovviamente tutto il tempo di stare lì a spiegarti ogni cosa non dico nei dettagli, ma più o meno all'incirca quasi.

Stessa cosa con i pazienti: non essendoci 30 persone col camice attorno a un letto, puoi permetterti di sentire il cuore, di sentire il respiro, di prendere la pressione, il polso e tutto il resto. Diciamo che fai più cose come studente in questo reparto che come specializzando in altri posti molto più affollati.

Ancora: essendo un settore molto vasto, capita di vedere tanti pazienti diversi e di farsi le ossa su molti aspetti della medicina, anche se la medicina di base come in tutti i reparti del Policlinico tende molto a perdersi. Ma questo è un problema trasversale, di tutta la facoltà e di tutte le specialità, per cui non va a influire nella "media" dei pro e dei contro.

Ultimo punto a favore: in 3 ore di reparto, ti fai 3 ore di pazienti con patologie importanti, drenaggi, vene, tagli, ematomi, edemi vari e tutto quello che ne deriva. E se il primo giorno a vedere un tubo che drenava un versamento toracico mi veniva da vomitare, il secondo giorno mi faceva già meno impressione e il terzo giorno lo maneggiavo per portare il paziente a fare un esame senza problemi.

Se uno vuole imparare a stare tranquillo in condizioni stressanti, insomma, mi pare davvero un'ottima palestra.

Ma - come tutte le cose - non è che è tutto oro quello che luccica e ci sono anche dei punti a sfavore rispetto ad altri reparti:

Intanto il professore al quale mi hanno affidato, appunto, non è un professore ma un dottore che lavora lì. Il concetto è che professori di Medicina d'Urgenza non ce ne stanno proprio... come del resto non esistono assolutamente nemmeno Medici d'Urgenza.

Cioè, la specializzazione è aperta da 4 anni e ne dura 5. Cosa fa di preciso un medico d'urgenza non lo sa bene ancora nessuno, perché semplicemente l'ospedale è già perfettamente organizzato per la non-presenza di una figura professionale del genere che - al momeno - nella pratica nemmeno esiste.

In Sala Rossa ci stanno gli anestesisti. All'osservazione breve e nei box del Pronto Soccorso ci stanno gli internisti. In sala operatoria ci stanno i chirurghi. Al triage ci stanno gli infermieri. Negli ambulatori ci stanno i singoli specialisti. Al pronto soccorso pediatrico ci stanno i pediatri, a quello oftalmico ci stanno gli oculisti, a quell'altro i ginecologi... e così via, in reparti già così affollati che la gente lavora gratis per anni e non penso proprio stiano aspettando con tutta quest'ansia che gli arrivi pure una categoria di medico nuova a fregarsi i posti che erano prima destinati a loro.

Ma il medico d'emergenza - allora - dove cavolo va?! Mistero dei misteri misteriosi.

No, davvero, non sono proprio convintissimo che qualcuno si sia ancora posto il problema. Per il momento gli studenti stanno in reparto con gli internisti, e in Pronto Soccorso non ti ci mandano perché "tanto non ci capisci niente". Gli specializzandi stanno un po' dove serve più che dove devono realmente stare, e la situazione è probabilmente in continuo divenire perché - come dicevo - in Medicina d'Urgenza almeno dalle mie parti non si è ancora mai specializzato nessuno.

Per cui insomma uno che decide di frequentare questo reparto si trova a lavorare in un settore dove non è ancora tanto chiaro che cosa finirai a fare e dove non hai un collega "anziano" da seguire, perché i medici più grandi provengono tutti da altri indirizzi.

Essendo un indirizzo clinico, poi, ti bruci ovviamente tutte le specialità chirurgiche dove non avendo un percorso di studi attinente non entrerai mai più, e se ti interessano anestesia e rianimazione non c'è motivo per non svolgere l'internato già come anestesista piuttosto che in un reparto che - anche se attiguo - nella pratica ha un ruolo completamente diverso.

Ancora, il poco affollamento con i docenti che (almeno quello che è toccato a me) ti seguono è un'arma a doppio taglio: è vero che è ottimo per imparare, ma sei sotto pressione, se non ci vai è abbastanza evidente che non ci sei andato, i dottori se non sai le cose ti fanno dei cazziatoni interminabili (cosa accaduta dopo 5 minuti che stavo lì) e se hai ancora paura a toccare qualcuno che sta veramente male ma ti chiedono magari di misurargli la pressione, be'... o la paura te la fai passare in fretta, oppure inizi ad avere un problema.

In ultimo, sempre per il fatto che si è in pochi, è anche abbastanza faticoso: a Gastroenterologia o Medicina Interna prendevo un po' di pressioni, facevo il giro visite guardando Facebook sul telefono e poi andavo a prendere il caffé. Qui prendo le pressioni, poi prendo il polso, il respiro e la temperatura. E quando hai finito sono passate 3 ore e - al limite - sul Facebook puoi lamentarti che il caffé non hai manco avuto il tempo di prendertelo.

Diciamo che tutto sommato avrei grosse difficoltà a consigliare questo indirizzo a qualcuno che non ne fosse veramente, veramente convinto. Il rischio di farsi un mazzo così per ritrovarsi tagliati fuori da altre possibilità mi pare notevole, mentre in altri reparti si lavora di meno e finisce che dopo ti trovi anche con maggiori possibilità.

Per quanto riguarda le mie particolari esigenze personali, però, il reparto di Medicina d'Urgenza mi sembra di gran lunga il posto migliore dell'ospedale.

Faccio esperienza sui pazienti mentre imparo cose nuove o già dimenticate, e nella mia ottica di laurearmi sapendo per lo meno fare qualcosina di pratico (rispetto a tanti 310 e doppia lode che poi non sanno fare un cazzo) fregandomene delle possibili difficoltà e delle opinioni degli altri e senza ancora nemmeno la certezza di voler prendere una specializzazione, direi che è forse il posto perfetto.

Io però sono già piuttosto fuori dagli schemi, e non so se farei la stessa scelta se mi trovassi in condizioni diverse. E poi - dopo appena 3 volte che ci vado - per dare un giudizio del genere potrebbe essere veramente un po' presto.

Simone

Comunicazione di servizio:

Tra un po' inizierò a ripubblicare su questo blog i post dei miei primi due anni di medicina che si trovano invece su il mondo quasi nuovo (il blog vecchio), così da averli tutti insieme. Se vedrete un po' di confusione nei post, sarà per quel motivo.

04/10/12

Quinto anno, primo semestre: ma quando cavolo studio?!

Ecco l'orario di questo semestre.
In realtà dovrei parlarvi dell'internato a Medicina d'Urgenza, perché lo so che è più interessante e tutti vorrete leggere delle mie mirabolanti esperienze e che soprattutto vi ho fatto 2 palle così con la storia che dovevo chiedere l'internato lì eccetera eccetera.

Vi dico solo che ho iniziato e che ne riparlerò meglio tra un po': sia perché io stesso non c'ho ancora capito molto, e sia per creare una suspance che aumenterà le visite al blog facendo alzare alle stelle i ricavi dei miei bannerini pubblicitari: in fin dei conti, mi sono iscritto a Medicina proprio per questo.

Cavolate a parte, sono invece iniziate le lezioni del quinto anno, con i corsi di:

Medicina e Chirurgia 1, che poi è un esame di oncologia.
Anatomia Patologica (l'ultimo dei CINQUE semestri su cui è spalmato st'esame).
Farmacologia (anche qui, quinto e ultimo blocco di lezioni).
Diagnostica per immagini.
Primo pezzo dell'esame di medicina del lavoro.
Inglese. Che io parlo già pure (male) altre lingue e non mi serve proprio a niente, ma in questo modo forse almeno un esame lo passo.

Avrete notato che anche solo coi nomi delle materie ci ho riempito mezzo post. Aggiungete a questo tirocini giovedì e venerdì, autopsie la mattina tipo all'alba (che detesto a tal punto che è l'unica cosa su cui non ho mai fatto un post) attività professionalizzanti (altri tirocini col nome diverso) il pomeriggio e attività didattiche elettive varie (altri tirocini con un nome ancora diverso) sparpagliate per il semestre, e vi ritroverete già con una settimana bella piena.

Se ci aggiungiamo pure l'internato a Medicina di Urgenza, inizia a delinearsi molto chiaramente la domanda che tutti gli studenti si stanno facendo in questo momento: ma io, quando cazzo studio?! Eh sì: nel titolo non c'avevo messo la parolaccia, che mi pareva troppo volgare.

Sembra che una delle tante qualità richieste a un medico sia quella di compenetrare lo spazio e il tempo, essendo presente in più luoghi in contemporanea mentre - al tempo ancora stesso medesimo - si trova a casa a studiare o ad aggiornarsi. Adesso capite perché in sala d'attesa vi fanno aspettare sempre almeno un'ora, o se avete un appuntamento con un dottore è sicuro come la morte che arriverete sicuramente prima voi di lui? Non è che sono in ritardo: siete voi che non sovrapponete gli impegni, e che siete abituati a banali giornate dove ogni ora arriva, trascorre e termina una sola e unica volta.

E vabbe'. Siamo arrivati fino a qui, e mi è toccato di peggio tipo esami che invece di una soltanto li ho fatti 4 volte o dover fare una tesi di laurea mentre scrivevo questo romanzo (tra l'altro venuto molto meglio della tesi) per cui moltiplicare il tempo non è già più un grosso problema. Gli amici e i parenti lo sanno che tanto non arrivo mai prima delle 9 (qualunque sia l'appuntamento) e il sonno perenne e ininterrotto del periodo delle lezioni è un sensazione alla quale inizio quasi ad affezionarmi.

L'unico problema è che il 10 c'è un esonero di Farmacologia, e di studiare oltre a non avere il tempo non c'ho nemmeno il più piccolo straccio di una benché minima voglia.

Ma - tutto sommato - ormai mi sono abituato pure a questo.

Simone