29/12/09

Intervistona!

Luca Lorenzetti, un giornalista scrittore e grande appassionato di Internet e nuove tecnologie di comunicazione, mi ha fatto un'intervista via Skype che ha messo sul blog di Scrittura Creativa, e che voi potete ascoltare in Podcast online oppure - cliccando sull'apposito link in popup - downladare in formato MP3 da ascoltare con l'Ipod o anche col lettore cinese da 10 euro.

Se non avete capito niente di quello che ho detto, basta che seguiate il link qui sotto e potrete ascoltare una mia mega-intervista di 10 e rotti minuti in cui parlo del mio libro, di Internet, di ebook e di scrittura.

Tra l'altro il povero Luca ha fatto davvero un lavorone per far funzionare tutto quanto a dovere (c'erano dei problemi col file, e da quanto ho capito non è stato semplice rimettere a posto le cose) per cui non posso fare altro che ringraziarlo e augurargli meno inconvenienti tecnici durante i suoi prossimi futuri lavori, che saranno tanti e molto ben retribuiti.

LINK: intervista a Simone Maria Navarra su Scrittura Creativa.

Simone

27/12/09

Riflessioni di un (quasi) scrittore.

In questi giorni ho ricevuto il commento di un agente letterario su uno dei miei romanzi. Senza stare qui a spiegare tutto troppo nei particolari, in linea di massima il concetto è che il libro andrebbe rivisto su più punti, alcune cose si dovrebbero chiarire ulteriormente e altre parti andrebbero semplicemente eliminate.

Ora io sono il primo a dire che, parlando di contatti editoriali, quando qualcuno che potrebbe aiutarti ti chiede esplicitamente di scrivere o di modificare qualcosa bisognerebbe ascoltarlo, e non escludo appunto che probabilmente lo farò (anche se si tratta di molto lavoro, e forse il libro faccio prima a buttarlo e a riscriverlo da capo).

Quello che mi ha fatto riflettere, al punto di sentire il bisogno di scriverci un post per chiarirmi anche un po' le idee, è che in buona parte i cambiamenti includono quelli che io ritenevo - o per lo meno speravo - essere i punti forti del libro nella sua interezza.

Per chiarire meglio la cosa: io pensavo di scrivere una storia con l'idea che un certo stile particolare, per certi versi ripreso da quello dei miei blog, potesse apparire originale e di conseguenza essere apprezzato dai lettori magari un po' stanchi di un certo modo di scrivere un po' standardizzato, o comunque in grado di identificare altri autori.

Ancora, delle idee che avevo fin dal principio e che tutto sommato mi parevano anche ben esposte nel corpo dell'intera trama, sembrano essere proprio i punti più deboli e che andrebbero per questo revisionati o - tanto per togliersi il problema più facilmente - direttamente rimossi.

E insomma, secondo me se un agente letterario ha visto certe cose, è piuttosto probabile che si tratti delle stesse cose che avranno visto anche tanti altri editori e valutatori ha cui ho inviato ilmanoscritto, e che avranno portato alla decisione di non pubblicarlo. Non penso infatti che chi lavora con gli editori non sappia cosa cercano e cosa vogliano queste persone, e mi pare evidente che da un punto di vista del giudizio sui manoscritti inediti, ci sarà una forte omogeneità di idee in tutto il mondo editoriale.

La cosa bella... be', non proprio bella in senso positivo, è che per tante cose io ero conscio di rischiare un giudizio negativo. Per fare un esempio, quando in Primo Mazzini me ne esco con un commento personale in una scena in cui - evidentemente - il punto di vista dell'autore non c'entra nulla, mi pare assurdo stare lì a spiegare che io per primo ho la chiara consapevolezza che questa cosa non andrebbe fatta.

Nella mia idea, cercare di scrivere un testo più divertente inserendo delle battute anche in maniera arbitraria, poteva compensare il danno che in un certo senso questo arrecava al romanzo inteso invece come insieme omogeneo di personaggi, trama e ambientazione. Tra l'altro l'unico libro che ho pubblicato è un po' tutto così (io che in fin dei conti parlo e mi rispondo anche da solo) e l'idea che qualcuno piaccia un libro anche per le stronzate che ci scrivo dentro io non mi pareva così fuori dal mondo.

Questo non è ovviamente l'unico appunto che mi è stato fatto. Ma in ogni caso sarebbe facile, anzi, quasi scontato forse, buttare la lettera che mi è arrivata nel grosso secchione gigante dei rifiuti editoriali, catalogando l'autore come il solito tizio che non ci capisce niente e che vuole solo roba di un certo tipo per meschini fini commerciali e bla bla bla bla. È una vita che lo faccio, e non è che richieda poi tutto questo sforzo.

Quello che però questa volta mi sto chiedendo, invece, è se davvero valga la pena di continuare su questa strada, o se forse non dovrei provare a uscire da questa sorta di loop in cui mi sono infilato. Dai miei primissimi lavori fino anche agli ultimi, è evidente (almeno a me, quando li rileggo) il mio tentativo - per non dire la mia pretesa - di apparire in un certo modo originale. In quasi tutti i miei romanzi c'è uno sforzo per distinguermi anche nello stile e nella tecnica utilizzati, che poi inevitabilmente finisce per balzare all'occhio di chi giudica il mio lavoro apparendo però, il più delle volte, come un difetto.

Adesso mi sto domandando se, magari, nel mio tentativo di dare in un certo senso di più alla mia scrittura, non finisca piuttosto per dimostrare di valere di meno. Fino a prova contraria, se una persona fa di più ed è anche capace, magari qualcuno lo apprezza. Io forse, semplicemente, non sono poi così bravo a scrivere come mi piacerebbe pensare, e quando provo a strafare finisco per impiccarmi con le mie stesse mani.

Insomma adesso non voglio dire che le cose stanno proprio così. Questa è e rimane una riflessione, e non un giudizio definitivo. Quello che so è che l'ultima cosa che voglio leggere sono i libri di certi autori che se la tirano come fossero chissà quali grandi artisti, ma che poi a leggerli ti rendi conto che non valgono poi così tanto. Il problema non è il valore, che magari un livello accettabile lo raggiungerebbe anche, ma la pretesa di essere chissà chi che ha scritto chissà cosa. Quello che sto facendo ora, insomma, è domandarmi questo: quando qualcuno mi legge, gli sembra di avere davanti un autore mediocre che se la tira pure? Perché ecco, questo davvero non vorrei mai che accadesse, ma inizio a pensare che le cose stiano proprio così.

Quello che vorrei, allora, sarebbe riuscire a scrivere senza rischiare più di dare questa impressione. Mi piacerebbe un OK da parte di editori, agenti o quelli che siano, e un semplice OK anche da chi legge. Senza stare lì a litigare, a pensare di non essere capito o a domandarmi se quello che ho voluto fare funziona davvero o se ho fatto semplicemente la figura del cretino.

Sono mesi ormai che cerco di spremermi per tirare fuori un'idea da mettere su carta, e ogni volta mi blocco perché una cosa tira l'altra e da ogni spunto che ho ne viene fuori un guazzabuglio incredibile di personaggi, situazioni e imprese letterarie che a questo punto non so più se sarei in grado di affrontare oppure no. Forse, in fin dei conti, la riflessione che ho fatto adesso mi frulla per la testa già da un bel po' di tempo, ed è per questo che ho scartato tutte le idee che mi sono venute in mente nell'ultimo anno.

Penso che dovrei provare a scrivere una storia semplice. Un personaggio interessante, un conflitto e la sua risoluzione. Niente strane figure retoriche, nessuno stile arzigogolato con passaggi tra prima, terza e settima (?) persona, tanto per paura di non sembrare abbastanza bravo, originale o nemmeno io saprei dire cosa. Almeno per un po' basta ambientazioni assurde, personaggi troppo complicati e battute fuori luogo che magari nemmeno fanno ridere.

Mi piacerebbe tanto avere un'idea che sia bella e basta, senza dover stare lì a costruirci sopra chissà cosa.

E speriamo che l'anno nuovo me la porti.

Simone

NOTA: non scordatevi di scaricare il mio ultimo ebook!

22/12/09

Ebook di Natale: Codice Aggiunto (fantascienza, horror)

Codice Aggiunto: nel futuro prossimo un giovane matematico, clone di un personaggio dall'identità misteriosa (ma che ha ovviamente un ruolo fondamentale nella trama), viene assunto come ricercatore in una grossa società di ingegneria genetica.


Formato per lettori portatili: Simone Maria Navarra - Codice Aggiunto.pdf (990 Kb)

Come promesso credo tre o quattro volte nel corso degli anni, vi faccio una specie di regalo di Natale rilasciando l'ebook del mio secondo romanzo (il primo è la Sindrome di Reinegarth, che trovate già tra gli ebook in download).

Si tratta di un horror fantascientifico di quelli che scrivevo un sacco di tempo fa, e che a suo tempo ho anche pubblicato con contributo. In questa versione ho sistemato un minimo le d eufoniche e l'assalto dei miliardi di puntini di sospensione, ma per tutto il resto - almeno per il momento - preferisco lasciarlo così com'era.

Poi io, almeno per ora, non lo dico. Ma se qualcuno vorrà scrivere una recensione o una segnalazione, è liberissimo di spoilerare la trama e dire chi è il personaggio da cui è stato clonato il protagonista.

In ogni caso, il vero regalo di Natale lo farete voi a me leggendo questo lavoro a cui tengo davvero molto, e parlandone magari anche un minimo sui vostri blog e sui siti che frequentate.

Adesso vi lascio con una breve presentazione - inserita anche nell'ebook - con cui spiego perché ho deciso di rendere disponibile il romanzo senza fare prima un più corposo lavoro di editing.

Tutti i problemi del Codice Aggiunto

Nello scorrere tra l'altro molto rapidamente il testo che avete tra le mani (o – cosa più probabile – aperto sullo schermo del vostro PC), sono il primo a rendermi conto di tutta una serie di problemi, guai, magagne e imperfezioni presenti nel testo:

- Il linguaggio che ho utilizzato nei dialoghi è a dir poco raccapricciante, al punto che se mi mettessi lì a togliere tutte le parolacce, temo che vi resterebbe ben poco da leggere. La mia idea era quella di descrivere realisticamente il modo in cui si esprimevano gli ingegneri e i ricercatori universitari che frequentavo all'epoca, e temo purtroppo di esserci riuscito.

- Alcuni riferimenti religiosi che compaiono nella storia mi sembrano oggi mal posti, o addirittura di cattivo gusto.

- A dieci anni di distanza, la mia tecnica narrativa ha raggiunto ormai livelli di eccellenza elevatissimi. Oppure è questo libro a essere scritto veramente da schifo. Sinceramente, non saprei dirvi.

- Errore molto più imperdonabile di una certa imperizia tecnica, ma che forse non tutti avrebbero notato, è la mia pressoché totale ignoranza di qualsiasi nozione reale di biologia e di genetica, ai tempi della stesura del romanzo.

Per quanto assolutamente ininfluente ai fini della storia (visto che si tratta di un horror fantascientifico che non si aspetta di essere preso sul serio) una maggiore attenzione ai termini e agli esempi proposti nel romanzo avrebbe certamente portato a un lavoro più valido. Tra gli esempi più evidenti troviamo l'improprio utilizzo del termine codice genetico (generalmente confuso con quello che invece è il genoma) e il fantastico miscuglione che ho fatto tra la teoria di Darwin e quella che invece era di Lamarck.

Oggi come oggi, insomma, rimettere le mani su questo romanzo vorrebbe dire riscriverlo praticamente da zero. Se c'è una cosa, però, che si salva di questo mio libro, e che mi ha spinto a riproporlo dopo tanto tempo, sono certe idee di fondo in esso contenute e che ritengo tuttora valide e degne di essere lette.

Questo Codice Aggiunto, insomma, al di là di tanti problemi, è un libro fatto e finito. Potrei ripromettermi di correggerlo altre cento volte, e magari un giorno lo farò per davvero. Ma intanto lo rendo disponibile così come lo trovate, sperando che mi perdonerete di essere stato un po' troppo giovane e un po' troppo superficiale nel raccontare una storia che, di questo ne sono sicuro, meritava comunque di essere scritta.

Simone

21/12/09

Il fottuto post di Natale.

Che poi non è Natale ancora, però considerata la frequenza con cui aggiorno ultimamente è capace che ve lo terrete anche fino a Capodanno ^^.

Insomma la settimana scorsa studiavo Anatomia 2, e mi dicevo: ma che ci vado a fare. Ieri studiavo Anatomia 2, e mi dicevo: ma che ci vado a fare. Stamattina mi sono alzato alle 7, e in bagno mi dicevo: ma che accidenti ci vado a fare. Poi alla fine ci sono andato lo stesso, e credo di aver fatto bene, visto che è andata molto meglio di quanto sperassi.

Ora mi manca solo da dare Anatomia 3 (centinaia di pagine formate da elenchi di nomi di cui non so nulla), e poi con cadaveri e morti sezionati dovrei avere finito fino al quarto anno, quando morirò cercando di memorizzare Anatomia Patologica.

La cosa che però a questo punto appare evidente, è che c'è gente che ha una media molto, ma molto più alta della mia. Non parlo di persone al dodicesimo anno fuori corso, che ripetono gli esami finché non prendono tutti 30. Parlo di ragazzi che studiano regolarmente, arrivano lì all'appello destinato a loro e regolarmente - o quasi - danno il massimo.

A parer mio, chi prende una media di 27-30 in tutte le Anatomie (o anche a tutti gli altri esami, come succede) è davvero qualcuno con una capacità fuori dal normale. Per lo meno fuori dalla mia, che davvero non mi capacito come facciano a ricordarsi sempre davvero ogni cosa, quando io dopo aver chiuso un libro tempo 20 minuti e non mi ricordo nemmeno il libro dove l'ho messo... altro a sapere che cosa c'era scritto dentro!

E posso anche buttare lì la solita scusa della memoria che diminuisce con l'età (anche se stranamente 15 anni fa prendevo voti molto più bassi di adesso), ma ciò non cambia la realtà di una cosa su cui vorrei porre davvero l'attenzione: il fatto cioè che - in Italia - ci sono dei ragazzi di 20 anni con capacità e dedizione davvero fuori dal comune, e che un domani saranno sicuramente dei medici o (visto che non staranno solo a Medicina) dei professionisti, o comunque delle persone, colte, affidabili e preparate.

In un certo senso viene da sentirsi ottimisti, e pensare che chi sta sempre a sparlare della gente, del mondo e dei giovani, predicendo sventure e catastrofi, sia solo un perfetto e completo idiota.

Che poi non è che lo penso e basta: è evidentemente - e indiscutibilmente - la pura e fottuta verità.

E con questo, a tutti, buon Natale.

Simone

17/12/09

Come quel pompiere

Era proprio un pompiere come quelli che si vedono nei film, nei fumetti o nei cartoni animati: un fisico perfetto, l'espressione allegra, sempre gentile e disponibile con tutti. Affacciandomi alle finestre dell'ufficio dove stavo io, lo vedevo scherzare in cortile con gli ausiliari del centralino, e poi correre come un razzo al primo suono del campanello che annunciava gli interventi.

Durante il mio periodo di ferma come vigile del fuoco, non ero assegnato a una cosiddetta partenza. Non ero cioè accanto a quelli che vanno a spegnere gli incendi, a rischiare di morire per salvare un gatto (con tanto di folla sotto che applaude... al gatto, ovviamente) o - cosa ben più comune - ad aprire la porta di casa a qualcuno che s'è chiuso fuori. Un po' come accadeva a tutti gli altri miei colleghi militari, la mia inestimabile presenza gratuita era ritenuta più adatta a rispondere al telefono, imbustare la corrispondenza, fare la fila per i biglietti al posto di qualcuno che non c'aveva voglia o - nel caso si richiedessero abilità eccezionali - per scarrozzare in macchina qualche impiegato del Ministero.

Se però a partecipare a qualche intervento ci tenevi proprio (molti erano più contenti di sedere per ore fissando il vuoto) c'era comunque una possibilità: quando l'ufficio dove ti avevano assegnato chiudeva, piuttosto che andartene a casa potevi chiedere al Caposquadra di turno il permesso di andare insieme a loro.

Erano in pochi a dirti di no. Magari con scuse stupide, come il fatto che una persona di più sul mezzo faceva sentire caldo. Oppure perché era uno di quelli che stavano sempre incavolati o perché - semplicemente - gli stavi antipatico tu come persona specifica. Gli altri ausiliari se li portava sempre ma te - invece - no.

A qualche altro Caposquadra, forse, la cosa scocciava lo stesso: in fondo eri solo uno che sarebbe stato lì solo per qualche mese, che non sapeva fare niente e che toccava pure tenere d'occhio. Però credo che gli piacesse provare a insegnarti qualcosa, e quando c'era da uscire lasciavano salire sul mezzo anche te.

«Vuoi venire sulla partenza con me?» mi ha detto invece lui, quasi come se non gli sembrasse possibile, la volta che sono andato a chiederglielo. «Davvero?»

L'avevano fatto Caposquadra da pochissimi giorni. Forse ero il primo ausiliario a chiedergli di andare con lui, e la cosa gli sarà parsa in qualche modo speciale. O forse gli stavo semplicemente simpatico, questo non lo saprò mai.

In ogni caso non ricordo eventi particolari di quella giornata, per cui si vede che è andato tutto bene. Avremo fatto i soliti tre o quattro interventi standard: un soffitto macchiato d'acqua, qualche calcinaccio caduto, al limite un cassonetto bruciato. E poi, me ne sono andato a casa.

Qualche tempo dopo io mi sono congedato, e quel Caposquadra è stato trasferito in un altro distaccamento. E il resto della storia, purtroppo, lo conoscerete un po' tutti: una notte per strada c'è puzza di gas, ma i pompieri non trovano niente. La mattina dopo li chiamano di nuovo, loro ovviamente tornano di corsa, e nel giro di cinque minuti viene giù un intero palazzo.

Alla fine, la verità è che di quella persona non so davvero nulla. L'ho conosciuto troppo poco, e l'unico suo ricordo che mi è rimasto è quello che ho provato a raccontare qui sopra. E se per me è stato un eroe, è semplicemente perché era una persona che faceva il proprio lavoro con passione, con umiltà e con allegria. Non servono divise per questo, secondo me, e non serve nemmeno avere un lavoro speciale o pericoloso.

Io a entrare nei vigili del fuoco c'ho anche provato, ma alla fine la mia vita è andata da un'altra parte. Da grande, semplicemente, ho fatto tutt'altro, e quella divisa non la indosserò mai più.

Ma spero tanto di assomigliare, almeno un po', a quel pompiere.

Simone

13/12/09

Ogni tanto aggiorno pure!

Visto? Mi stavate dando per disperso, e invece rieccomi qui con un nuovo e (be', mi sa di no) interessantissimo post.

Per chi non l'avesse notato, è un periodo che scrivo molto meno, almeno online. Ho cercato di tenere almeno 2 aggiornamenti a settimana, poi uno e infine adesso aggiorno quando mi capita, sperando di non lasciare troppi buchi tra un post e l'altro.

Il problema, semplicemente, è che quando non ho 5 minuti nemmeno per ricordarmi quello che dovevo fare (e capita di ricordarmi di essermi scordato qualcosa, ovviamente) è dura mettersi alla tastiera e tirare fuori qualcosa. Principalmente questa carenza (di calma, più che di tempo) è dovuta agli esami ormai imminentissimi e io - come sempre - ancora indietro con troppa roba che non studierò e (soprattutto) ripeterò a memoria mai in tempo.

Il 21 ho Anatomia 2 (sarebbe l'esame sulle budella e interiora in generale) e se anche dovesse andare bene poi di Anatomia 3 non so veramente un cazzo, e allora lì sì che saranno guai.

Oltre allo studio, qualche volta lavoro ancora e per di più sto per traslocare, altro motivo di infinito stress e incazzature per i mobili che non arrivano e tutto il resto.

In ultimo, come (spero) avrete notato, gli ultimi post sono piuttosto lunghi. Ho cercato di scrivere cose più curate, con un po' più di respiro rispetto a quelle che mettevo online nel vecchio blog. Alcuni dei post mi sembrano quasi dei racconti brevi, e se da un lato mi piacciono e (credo) piacciano anche a qualche lettore, dall'altro tirarne giù uno non è più una questione di pochi minuti, ma ci vogliono anche intere mezze giornate.


Per queste feste, comunque, ho qualche progetto:

- Passare Anatomia 2

- Iniziare almeno a studiare Fisiologia e quell'altro esame che devo dare ma che ora non mi ricordo qual è (andiamo bene!)

- Mettere online forse Codice Aggiunto, il romanzo che avevo pubblicato a pagamento 10 anni fa e che volevo rivedere... senza però rivederlo, che è talmente diverso da quello che scrivo adesso che ci rinuncio. Penso comunque che sia un ottimo romanzo, perché così mi hanno detto... e non solo l'editore a pagamento! ^^

- Scrivere altri post sul servizio militare, sull'università e su altri cavoli miei dai quali come sempre tirerò fuori l'ennesimo libro che nessuno avrà intenzione di pubblicarmi.

Un libro autobiografico da un autore sconosciuto pare effettivamente un mezzo suicidio... ma io penso che le cose che scrivo siano divertenti, e prima o poi troveranno anche il loro piccolo spazietto editoriale. Tra l'altro libri del genere si fanno e - in qualche caso - piacciono pure (alcune cose di Luciano De Crescenzo, tanto per citare un autore) per cui non mi sembra di essermi neppure inventato niente di particolarmente strano.

- Scrivere, forse, un altro libro di narrativa. Sarà che sono in un momento di transizione, ma non ho ancora capito se un altro mio romanzo ci sarà o meno... e anche le cose che vedo in giro in genere mi interessano poco. Comunque io vorrei anche, è che le idee che ho adesso restano davvero molto, molto confuse. Magari dovrei scrivere qualcosa e basta, senza preoccuparmi che abbia un senso logico. Che poi è una tecnica letteraria anche quella ^^.

- Rivedere questo post e mettere i grassetti. Ma invece no: non c'ho voglia e devo studiare, e lo lascio così.

E ok, va bene. Come vedete, alla fine l'ho fatto ^^.

Simone

06/12/09

I pesci del comandante.

Quando facevo il militare, imboscato in realtà all'interno del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, uno dei miei compiti di maggiore importanza era quello di accudire i pesci che abbellivano l'ufficio del Comandante.

Cioè, chiariamo: di acquari coi pesci, in caserma, ce ne stavano due. Il primo, quello che serviva a fare colpo sui visitatori, era enorme e zeppo di pesci tropicali, esotici, coloratissimi e comunque estremamente costosi. A quello non ci era nemmeno concesso avvicinarci, e la cura della fauna ittica ivi contenuta spettava a un Ispettore: un pompiere ingegnere laureato, specificatamente preposto al compito in questione.

Il secondo acquario era la più classica vaschetta da due soldi del cazzo, con un minimo di filtraggio dell'acqua, ricambio dell'aria e qualche piantina di plastica messa lì tanto per fare la scena. Tra le centinaia di cose assurde che mi toccava fare come pompiere, (e delle quali quasi nessuna lontanamente correlata allo spegnimento del fuoco) c'era appunto quella della manutenzione dell'acquario numero due. Non per niente, ero già un ingegnere abilitato e iscritto all'albo pure io: non vorrete mica che prendano il primo che capita?

E fin qui non c'è veramente molto d'interessante, o divertente. Questo lo ammetto. A parte forse quando io e l'altro Vigile Volontario Ausiliario (volontario nel senso che - volendo - avremmo potuto fare il militare obbligatorio in una caserma dell'esercito, e non per forza lì dentro) ci incollavamo 100 Kg di damigiana per rabboccare la vasca tra imprecazioni e smadonnamenti vari.

Molto più interessante, fu il primo giorno successivo al congedo del VVA anziano che andavo a sostituire, assumendomi così per la prima volta l'intero onere e la completa responsabilità di tutte le operazioni da svolgere. Ed eccovene il resoconto:

Sveglia alle 6, o alle 6 e 30 (sono passati quasi 10 anni, che volete che mi ricordi?). Colazione, bagno e tutte le routine mattutine di rito. Divisa da pompiere (quella da rappresentanza con la giacca e la cravatta) e poi scarpinata fino alla metropolitana.

Alle 7 e mezza precise e spaccate sono già in caserma. Apro la Segreteria, accendo le luci e i PC, poi entro nell'ufficio del comandante e - finalmente - eccoci faccia a faccia: io da una parte, i maledetti pesci del cavolo dall'altra.

Prendo un pizzico di mangime. Lo butto sulla superficie dell'acqua, e vederli mangiare mi dà una sensazione piacevole. Passeremo insieme i prossimi 6 mesi, e io sento già di essermici affezionato. Certo coi pesci tropicali enormi e coloratissimi dell'ingegnere preposto sarebbe tutta un'altra cosa, ma del resto a me nemmeno mi pagano e dopo il congedo mi manderanno a cagare. Che volevo, adesso: pure i pesci fighi?

Sono perso nelle mie riflessioni, quando... eccola lì! Una sorta di mostro della palude poco più grande di un pugno di cellule, che prende e salta fuori dall'acquario. È una specie di pallettinina pelosa, come adagiata sulla coda di uno dei pesci più piccoli. Era il segno della morte.

Mi tornano alla mente le raccomandazioni del Vigile Volontario Ausiliario Anziano:

«Se vedi una specie di muffa, metti il disinfettante. Altrimenti, i pesci muoiono tutti».

«Ok» ricordo di aver risposto. «Ho scalato palazzi con quelle scalette coi ganci, che Dio solo sa perché non sono cascato di sotto. Sono pronto a gettarmi tra le fiamme e a calarmi dagli elicotteri. Che cavolo ci vuole a dare il mangime a quattro pesci?»

Prendo un bel cucchiaione di antimuffa per pesci (ok: non lo so che cazzo era), lo porto sopra la vasca e poi lo butto giù, nell'acqua. Tutto insieme.

In contemporanea, facendosi spazio tra i neuroni ancora mezzi addormentati, le parole del Vigile Volontario Ausiliario Anziano mi tornano alla mente di nuovo. Soltanto che sono un po' più chiare:

«Se vedi una specie di muffa, metti il disinfettante nel dosatore automatico. Altrimenti, i pesci muoiono tutti».

Nel giro di un paio di secondi, l'acqua della vasca divenne completamente marrone, e i pesci scomparvero in una nube scura dall'aspetto letale. Preso dal panico, iniziai ad affannarmi attorno all'acquario nel tentativo (assolutamente sprecato) di vedere qualcosa. Mi domandai se quel muoiono tutti si riferisse al fatto di non mettere per niente il disinfettante, o al fatto di metterlo tutto insieme come un coglione, devastando il Ph della vasca.

L'acqua era così densa che pareva un Milk Shake: come poteva esserci ancora qualcosa di vivo, lì sotto? M'immaginai mandato in una caserma punitiva piena di nonni cattivissimi che odiavano i romani imboscati nei Vigili del Fuoco. Forse sarei finito a togliere le mine nella giungla o - che cavolo ne so - a sorvegliare gli ingressi dei McDonald vestito da pagliaccio durante le manifestazioni dei G8.

Magari i pesci si erano semplicemente sciolti nel disinfettante, e non ci sarebbero state prove della mia inettitudine acquaristica. O forse, chi lo sa: se metti 100 volte la quantità di medicinale richiesta, la malattia guarisce semplicemente più in fretta. Del resto, perché dovrebbe funzionare diversamente?

Mentre ero ancora lì che cercavo di raccapezzarci qualcosa, la porta dello studio si aprì e - come del resto era ovvio, data la mia sfiga - entrò il comandante. Mi ricordo che lanciò uno sguardo sinceramente sconcertato all'acqua marrone dell'acquario, ma era talmente impegnato da qualche provvidenziale cataclisma disastroso da lasciarmi perdere per dedicarsi al telefono. Io dissimulai il mio stato di colpevolezza in maniera estremamente astuta (semplicemente, feci finta di nulla) e scappai dall'ufficio abbandonando i pesci al loro triste destino.

Adesso vorrete sapere che fine fecero quelle povere bestie... magari per accendere una candela per loro, o per denunciarmi a qualche istituto per la protezione dei pesci pompieri. Io immagino che mi converrebbe non aggiungere altro, ma visto che - in fin dei conti - nessuno mi ha mai chiesto di scrivere neanche fino a qui, direi che tanto vale aggiungere anche la tragica conclusione della vicenda.

In realtà, almeno sul momento, i pesci sopravvissero tutti. Non so se fossero comunque intossicati e prossimi a un'inevitabile dipartita, o se in effetti la mia azione non sia stata poi tanto grave come avevo creduto. Il guaio è che era sopravvissuta anche la muffa assassina, e la vita (o quello che ne rimaneva) dei pesci del Comandante si trasformò rapidamente in una versione ittica di La Cosa dall'altro mondo. Ma anche Terminator rende bene l'idea.

Credo che il contatto con ettolitri di disinfettante avesse selezionato la muffa perfetta, o qualcosa del genere: praticamente ogni giorno c'era un pesce che si ammalava, e il giorno dopo era già schiattato. Lì per lì, il Comandante non si accorse di nulla, perché i pesci erano tanti e le vittime erano rapidamente fatte sparire con un metodo di alta veterinaria marina (il classico sciacquone del bagno). Quando però il numero prese ad assottigliarsi il Comandante si fece sospettoso, e iniziò a guardare storto sia il suo acquario quasi deserto, sia noi Ausiliari che gli giravamo intorno. Ma alla fine, voglio dire: se ci teneva davvero, al suo acquario, non avrebbe dovuto affidarlo a me già in primo luogo. A dirla tutta, non me lo sarei affidato nemmeno io.

Alla fine rimase un solo, singolo, unico pesce superstite. Credo anche che si fosse ammalato di muffa della morte, ma che dopo un po', incredibilmente, guarì. Certo che era davvero brutto: aveva le pinne mezze spellacchiate, nuotava tutto storto e credo che gli mancasse anche un occhio. Eppure era ancora vivo, e rimase l'unico occupante dell'acquario almeno fino al mio congedo, dopo il quale non lo rividi più.

Ogni tanto ci ripenso, a quel pesce. Chissà come si è sentito, nel vedere tutti i suoi compagni cadere a quel modo? Chissà cosa avrà pensato di me e degli altri pompieri, che per semplice inettitudine non sono riusciti a fare nulla per arrestare quella tragedia? Alla fine era un po' come l'eroe dei film: dopo che sono morti tutti, ha lottato col cattivo, e l'ha anche sconfitto.

Magari, passato il mio congedo, si sarà finto morto facendosi trovare a pancia all'aria. Avranno tirato lo sciacquone anche per lui, e avrà lottato nelle fogne con alligatori e topi giganti, per poi giungere finalmente al mare. Lì si sarà fatto magari una nuova famiglia, lottando contro squali e meduse, tritoni e aragoste, motoscafi e sottomarini.

Poi, un bel giorno, io deciderò di andare al mare. A Fregene. Farò il bagno nell'acquaccia marrone, simile a quella dell'acquario in quel giorno drammatico. Nuoterò nel mio stile sexy, ignaro di tutto, spruzzando l'acqua e rilassandomi. Poi, inaspettatamente, mi sembrerà di sentire una specie di formicolio. Un solletico, come se qualcosa mi stesse nuotando attorno alle punte dei piedi.

«Ma che cos...?!» farò appena in tempo a chiedermi, subito prima di sparire di colpo sott'acqua.

E lui avrà avuto la sua vendetta.

Simone