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22/04/14

Iniziare l'università, e poi "arenarsi": cosa consigliereste voi?

Bimbo terrorizzato in vista del test del 2026.
L'altro giorno ho ricevuto questo commento (non firmato) all'interno di uno degli ultimi post, e mi piacerebbe farlo leggere anche a voi:

Salve, sono una studentessa di medicina al primo anno (entrata al secondo tentativo).

Al primo semestre ho dato solo un esame, e non sto facendo nulla per recuperare. Ho subito un grave lutto familiare, e questo forse sta aggravando il periodo di "crisi".

Mi sono accorta di aver scelto medicina solo perché non ho alternative lavorative. Tuttavia non me la sento di portare avanti questo percorso (andando sicuramente fuori corso) con un solo stipendio in famiglia.

Papà mi incoraggia perché dice che così forse lavorerò, che qualunque altra facoltà mi getterà per strada (anche perché ho già 21 anni), ma sono davvero in profonda crisi.

Passo le giornate tra cibo e divano, e sono arenata in questo stato psicologico orribile! Leggo spesso questo blog, vi seguo con piacere e vorrei tanto ricevere un parere: è una crisi passeggera?

Tutti pensano che l'unica motivazione per cui io non voglio continuare è che non voglio più studiare in generale, a prescindere da medicina, ma io non riesco a crederci. Amo conoscere nuove cose (anche l'anatomia, ma non ai fini dell'esame, per esempio) informarmi su tutto, e sono sempre stata apprezzata da chi mi conosce.

Ora questa crisi mi fa impazzire. Lasciare medicina sarebbe disoccupazione a vita! Economia e giurisprudenza mi lascerebbero per strada a piangere miseria con un mercato così giovane e competitivo.

Ho un futuro da donna delle pulizie. Emigrerò per lavorare, perché forse non è medicina ma è proprio un'apatia verso lo studio... o forse questa crisi mi ha fatto perdere i miei veri obiettivi.


Letto? Ok.

Quello che mi sento di rispondere io (sperando in qualche vostro - e più saggio - intervento) è, sostanzialmente:

- Non capisco chi ti ha messo in testa che l'unico lavoro possibile al mondo sia fare il dottore.

- Non c'è niente di male a fare le pulizie, o a fare qualsiasi altro mestiere anche senza una laurea.

- Se stai con un paio di esami indietro a 21 anni non necessariamente è la fine del mondo. I "giovani competitivi" in Italia hanno 30 anni suonati, e laurearsi 1-2 anni dopo non è reato.

- Se fai medicina perché pensi sia l'unica possibilità lavorativa di una persona, forse la crisi nasce dall'essere partita con dei presupposti sbagliati e con delle aspettative forse malriposte.

- Se fai medicina perché ti piacerebbe fare il dottore cerca di recuperare e vai avanti, che alla fine per ottenere ciò che vuoi nella vita tocca anche affrontare dei momenti un po' del cavolo.

Ora ti lascio "nelle mani" dei lettori del blog, che magari daranno qualche consiglio più significativo.

Ciao e in bocca al lupo!

Simone

25/02/14

Padroni del mondo, anche senza una laurea: il racconto di Aras.

Il mondo è grande, e non esiste solo la medicina. Dicono.
Ciao.

Ho letto con interesse molti dei commenti a questo post, e forse egoisticamente ho sentito come un sollievo.

Ho 19 anni, e appena terminato il liceo ero confusa e indecisa sul mio futuro. Ho sempre avuto un forte "vocazione" artistica, che però non riuscivo a coniugare con l'altra parte di me, desiderosa di fare qualche cosa di concreto dal punto di vista umano.

Scelsi di fare medicina, affascinata dalla figura di persone in grado di sacrificarsi per gli altri e battersi per quella cosa che è la più importante, la vita.

Tuttavia, per quanto la mia testa mi dicesse: "ehi, sei fortunata, sei passata al test, farai la professione più giusta, potrai adempire il tuo dovere!" dentro di me, sin dal primo viaggio di andata verso l'università, sentivo stridere qualcosa.

Di chi era quel sogno che stavo inseguendo? Mio? Doveva essere mio, ma lo era davvero?

Ho iniziato a frequentare le lezioni, e non mi ha mai abbandonato quella sensazione di essere in un bellissimo posto, in una facoltà fantastica, tra ambizioni e progetti grandi ed importanti, troppo spesso ostentati per i miei gusti, ma non nel MIO posto.

Stavo uscendo dai miei binari, e mi sono resa conto che il mio giudizio iniziale non era del tutto esatto: i medici non si sacrificano per gli altri, ma si danno agli altri, il che è diverso.

Sacrificarsi significa annullarsi per il bene altrui. Ma chi vuole fare davvero il medico, lo fa innanzitutto per se stesso. Cioè perchè lo vuole, lo desidera, lo fa sentire felice.

Per darsi bisogna prima possedersi, e questo non può accadere se stiamo dentro i panni di una professione non nostra. Così, forse irresponsabilmente e con un nodo alla gola per il senso di colpa che provo ancora verso i miei, ho rinunciato agli studi.

Ora come ora non so dove andare, e mi sento in colpa per aver messo davanti a un mondo così problematico come quello dei malati e dei più deboli me stessa.

Tuttavia, al di là di tutto, mi sento di dirvi una cosa - che certamente non risolverà i vostri problemi né tanto meno i miei - che mi disse un giorno mio padre: "puoi essere padrone del mondo, anche senza una laurea".

Questo per me non significa che studiare è inutile. Anzi, è forse necessario, ma non sufficiente. Significa solo che forse, almeno per quanto mi riguarda, ho sbagliato cercando di identificarmi totalmente con un corso di laurea.

Ci etichettiamo come "ingegneri", "medici", " avvocati", ma siamo ben più complessi e non dovremmo aver paura di riconoscerlo.

Se abbiamo fatto una scelta sbagliata, non abbiamo perso tempo. Non stiamo cercando la carriera perfetta, ma solamente chi siamo.

Scusatemi se mi sono dilungata troppo senza darvi contributi pratici, ma ne ho sentito il bisogno.

Buona vita a tutti voi!

Aras

03/02/14

Lavorare come avvocato, o tornare studente: il dilemma di Angelo.

Immagine forse protetta da copyright. Ma ho un buon avvocato.
Ciao Simone,
mi chiamo Angelo, ho 33 anni.

Scusa il disturbo. Ho letto per caso il tuo blog in rete e non ti nascondo di aver provato una certa sorpresa quando ho scoperto che esistono persone che non si arrendono.

Sono un avvocato e da diversi anni ormai lavoro per una pubblica amministrazione piuttosto importante. Mi occupo di rilevanti questioni di tipo finanziario, roba sofisticata, in un ufficio top nella mia amministrazione. Ma sono insoddisfatto.

Il perché? Temo sia lo stesso che ha indotto te a sfidare la tua pazzia. :)

Fin da piccolo pensavo che avrei fatto il medico. Poi, al tempo della scelta dopo il liceo, ho seguito la via facile, facoltà breve, senza test, necessità di sistemarmi subito e mi sono fatto fuorviare dai consigli di medici delusi.

Negl'anni ho accettato di proseguire il percorso intrapreso, pur non sentendomi a mio agio. Le cose andavano, studiavo e procedevo e pensavo che avrei trovato soddisfazione in qualche modo nella mia professione.

Ma a conti fatti, ora che la mia carriera è stabilizzata sul suo percorso, ho raggiunto una posizione economicamente e socialmente quasi accettabile dopo circa 11 anni (tra laurea, esame da avvocato, concorso, ecc.) pur avendo rispettato tutti gli appuntamenti e le tempistiche... ho buttato il mio tempo. Ho studiato qualcosa che mi interessa piuttosto poco.

Trovo le questioni giuridiche ed economiche assolutamente contorte, senza senso, inutili per il benessere delle persone. Mi è riaffiorata la delusione per le scelte sbagliate ma mi sento all'angolo:

Da una parte mi critico per certi pensieri, li trovo assurdi, narcisistici, inutilmente destabilizzanti. "Quel che è fatto è fatto" mi dico. "Non conosci nulla di quella professione, magari ti fa schifo".

Dall'altra mi rendo conto che la speranza, anche se mera illusione, di dedicarmi professionalmente a qualcosa che sento piu' mia, mi provoca appagamento.

Sto pensando di darmi una possibilità, una sola. Vorrei provare a fare il test di ammissione a medicina.

Il contrasto interiore di cui ti dicevo sopra mi spinge a non riuscire a mettere la giusta convinzione nel tentativo. Credo che la cosa vada vissuta con la massima felicita' ed energia. Ma non ci riesco. Temo di vivere sempre e comunque in un indecifrabile dilemma.

Angelo.

20/01/14

Quando l'ansia pre-esame ci blocca: la situazione di un lettore del blog.

Unico modo per sperare di superare un esame: andare farlo.
Riporto questo intervento arrivato tra i commenti a un vecchio post.

L'autore non si firma, ma credo che racconti un problema molto diffuso e comune a molti altri studenti:

"Ciao Simone, leggo spesso il tuo blog.

Anche io come te ho studiato ingegneria (per soli 3 anni). Non avevo passato il test di ammissione a medicina e mi ero arreso, ma poi mi sono deciso a riprovare e sono entrato.

Forse sarebbe stato meglio fallire anche la seconda volta: sono al quinto anno, ma devo fare gli esami del secondo.

Purtroppo studio per un esame, ma pochi giorni prima - provato dall'ansia e dalla scarsa autostima - rimando. Non sono mai stato bocciato, ho la media del 29.7 ma ormai sono bloccato...

Pongo 2 domande:

- Simone, hai mai provato qualcosa di simile?

- Secondo te, a 27 anni (II anno) devo rinunciare?"

Io ho già dato una mia risposta. Mi farebbe piacere che qualcun altro - passando da queste parti - provasse a dire la sua.

Simone

30/08/13

Quando l'università ci scoraggia: la lettera di Elena.

Zeus condannò Sisifo a studiare Biochimica.
Ciao Simone!

Mi chiamo Elena, ho letto alcuni degli articoli del tuo blog che ho trovato molto divertenti e soprattutto incoraggianti!

Ho deciso di scriverti perchè volevo un tuo consiglio, una parola di conforto in un momento di scoraggiamento:

Frequento medicina come te. Devo affrontare il 3 anno (teoricamente il 4, ma ne ho già perso uno) ho tanta ma tanta roba da studiare, a ottobre inizierò il tirocinio, eppure sono quì a cazzeggiare (perdona il francesismo).

Ci ho messo mesi e mesi per passare istologia, un anno solo per quella cavolo di anatomia (per citare i più pesanti) ora sono alle prese con biochimica ma più leggo nomi e formule e più non ho voglia di fare niente.

Non so, forse il mio metodo di studio è sbagliato (se ne ho uno). Eppure mi sembra che ogni esame sia un parto, per fissare un concetto ci metto secoli e più vado avanti più mi sento stanca... mentre i miei brillanti colleghi sfornano esami uno dopo l'altro con voti dal 26 in su.

Medicina mi piace. Non ho quella ardente passione che tanti dicono di avere ("lo sogno fin da bambino!") però il funzionamento del nostro corpo mi affascina molto, soprattutto quello del cervello. E poi mi piace aiutare la gente, ascoltare i loro problemi... insomma: so che la strada è quella giusta, però a volte mi chiedo se ce la farò mai.

Ho già perso un anno, chissà quanti altri ne perderò e mi butto spesso giù. Mi sono anche trasferita molto lontano da casa per frequentare questa facoltà, quindi c'è anche un po' di spaesamento. In uni non sono riuscita a legare molto, tutti che credono di essere chissà chi e anche questo mi pesa un po', oltre alla voglia di non perdere troppo tempo per non gravare troppo sui miei genitori.

Insomma problemi sicuramente comuni a molti studenti... e questo è quanto. Scusa lo sfogo ma ne avevo bisogno.

Se ti va e hai tempo di rispondere mi farebbe piacere, anche per scambiarci opinioni. Altrimenti grazie lo stesso e buona fortuna con i tuoi studi! ;)

Elena

06/07/13

Come studiare, mantenersi, e possibilmente dormire la notte? La lettera di Monica!

Ma non dormire troppo... che poi non passi il test!
Ciao simone,

ti scrivo perchè non ho nessuno con cui parlare di argomenti del genere, nessuno sembra di capire cosa voglia dire per me tentare almeno di diventare dottoressa.

Ho 23 anni e dopo moltissima fatica ad aprile finalmente ho trovato un lavoro molto umile anche se sinceramente non lo trovo per nulla male. Lavoro in un calzaturificio di lusso.

Il punto è che ho davvero necessità di lavorare dato che vivo separata dai miei genitori, quindi ho le spese della casa, della macchina etc... ma puntualmente come arriva l'estate tutti i benedetti anni mi trovo a vivere con angoscia questo periodo, perchè penso che avrei almeno dovuto tentare il test di medicina.

Leggendo il tuo blog mi sono presa coraggio e ho comprato tutti i libri alpha test e sto cercando di studiare qualcosina, che mi esce molto difficile dato che lavoro full time e la sera sono sempre cotta.

Il punto è: se per qualche miracolo riuscissi ad immatricolarmi, come potrei fare per tirare su i soldi che mi servono per vivere e per mantenere gli studi?!

La notte non dormo più. Combatto tra cuore e mente. Ho sempre sognato di fare la pediatra, e abbandonare questo sogno così... mi mette tristezza, molta.

Ti prego, tu con qualche esperienza in più rispetto a me cosa mi consigli? Come uscire da questa tortura?

non sono affatto brava a scrivere, perdonami, è una mail scritta di getto.

Monica

09/06/13

Studiare per entrare nella ricerca medica: meglio la specialistica in Biotecnologie, oppure Medicina?

I biologi inventano cose, e i dottori le sanno usare. Tipo.
Ciao Simone.

Mi chiamo Valeria, ho 25 anni e sono una laureanda in Biotecnologie. Mi sono imbattuta per caso nel tuo blog, e ho deciso di scriverti per raccontarti un po' di me, e perchè no, chiederti un consiglio.

Da quando ero al liceo, il mio sogno è sempre stato poter fare ricerca medica. Mi sono appassionata di biologia e matematica e non ho mai avuto dubbi su quale fosse il mio destino: fare ricerca. Essendo anche affetta da SMA (atrofia muscolare spinale, tipo 3 ) il mio sogno era poter trovare una cura.

Sapevo che era utopico, ma l'utopia serve a questo: a farti camminare.

Fatto sta, che tra mlle difficoltà a causa dei miei problemi di salute, sono riuscita ad arrivare in fondo a questa laurea. Ora per me è il momento di scegliere come continuare.

Sto seriamente pensando di iniziare medicina. Io continuo a sognare la ricerca, ma fare il biotecnologo oggi è molto difficile, e le materie di medicina mi appassionano molto più della chimica, sinceramente.

Vorrei chiederti un consiglio, anche considerando il tuo passato da ingegnere.

Nel mio caso le possibilità che ho considerato sono due :

- Fare la specialistica in biotecnologie mediche e pensare poi ad un dottorato.

- Fare medicina e cercare di specializzarmi o in neurologia (molto affine al discorso SMA), oppure in specializzazioni mediche come GENETICA MEDICA.

Sono veramente molto combattuta. io non ho paura di faticare, di impegnarmi, di sudare. Voglio solo percorrere la strda a migliore per raggiungere il mio scopo: la ricerca sulla SMA!

Ti ringrazio se avrai trovato il tempo di leggere la mia mail. Un caloroso saluto,

Valeria

La mia risposta in due righe (ma a Valeria ho risposto meglio in privato):

Se vuoi ricercare fai il biotecnologo, se vuoi visitare fare diagnosi e curare fai il dottore. Medicina non è il percorso migliore per occuparsi solo di ricerca... ovviamente secondo me.

Voialtri, invece, dite la vostra e lasciatele un consiglio!

Simone

29/05/13

In Italia non si fa Medicina? L'esperienza di Davide.

L'Italia ha molte colline: forse il problema è questo.
Caro Simone, mi chiamo Davide

Mi sono laureato in medicina a 30 anni (me la sono presa comoda, avevo - e ho - molti hobby, dalla meccanica - ho una CNC ed un tornio - all'elettronica... Bazzico tra operazionali, oscilloscopi, quarzi, PIC, ecc).

Il titolo della mail è dovuto al fatto che ora, laurea alla mano, se potessi farei il cameriere.

Ti chiederai il perchè di questa mia provocazione, ed io ti rispondo che dopo la laurea devi fare il tassista, l'inserviente, il cameriere, il segretario.... tutto ma non il medico (specie se scegli una branca chirurgica).

Personalmente sono stato per 7 mesi in una branca chirurgica (generale) e se dovessi tornare indietro di 7 mesi farei un corso di lingua (tedesco e francese) e lascerei l'italia.

I 7 mesi sono un canonico percorso che si fa post-laurea, al fine di leccare il cu@o ai professori ed avere un aiuto nell'ingresso. Tuttavia, dopo mesi di schiavismo, ho avuto un moto d'orgoglio che mi ha fatto levare gli scudi e dire al professore che non concorrerò piú per quella specialistica.

Proveró in un'altra città, dove chiaramente sono l'ultimo arrivato e quindi non entreró quasi sicuramente, ma meglio stare 1 anno a spasso piuttosto che fare da schiavo 6 anni e non imparare nulla.

In tutta onestà mi sento di consigliarti di potenziarti dal punto di vista ingegneristico, magari andare via da questo paesucolo di mer@a che è l'italia, piuttosto che perder tempo a laurearti in una branca che non ti dà sbocchi se non sei figlio di baroni.

Se potessi tornare indietro io farei ingegneria (ho fatto 1 anno di aerospaziale) e poi abbandonerei l'italia al suo destino, ormai segnato da decenni di malgoverno e - soprattutto - da inesistenti segnali di ripresa, mancando volontà politica e coscienza nazionale e civile/sociale.

Non per scoraggiarti, a me piace medicina... ma in italia non si fa medicina.

Davide

15/04/13

Seconda laurea in medicina: Aprile, dolce... non dormire ma studiare, tirocinio, ospedale, lettera, testamento e futuro professionale.

Terapia intensiva: il reparto dove NON mi specializzerò.
Ok, da oggi in poi basta lamentele su tirocini pallosi, lezioni infinite, studenti insoddisfatti e piagnistei vari: sto alla (quasi) fine del quinto anno di Medicina, e se non prendiamo la cosa con il giusto entusiasmo qua finisce che al sesto ci arrivo che sono bello che schiattato.

Per cui vi elenco una serie di (spero) buone notizie e calorose novità del momento:

1) Abbiamo quasi definito l'argomento della tesi.

Praticamente mi sono sfogliato un po' di riviste di medicina d'urgenza. Poi ho scelto un po' di articoli che mi piacevano e li ho mostrati al professore... e insomma è venuto fuori che potrebbe andare una tesi sul confronto tra due diverse metodiche diagnostiche in una qualche procedura o patologia.

Ok, lo ripeto in Italiano: c'hai il mal di pancia. Ti studiamo il mal di pancia con i raggi X e con la risonanza magnetica, e poi vediamo quale delle due cose ha funzionato meglio. Facile, no?

Se poi consideriamo che - per ragioni a me oscure - nella medicina d'urgenza c'è questa passione insuperabile per l'utilizzo ovunque e in qualsiasi momento dell'ecografia, è probabile che la tesi richiederà l'uso dell'ecografo.

E saper utilizzare un ecografo, per un dottore, non è male. Almeno dicono.

2) Sto iniziando tipo a studiare.

Ve l'ho detto che ho dato Farmacologia? Sì. Ecco, orfano degli esoneri di farmaco da studiare praticamente sempre nel corso dei passati 2 anni e mezzo quasi tre, mi sono sentito pronto a intraprendere lo studio di una delle materie da dare a giugno.

Alla fine sto studiando Neurologia (che è BELLISSIMA), e poi farò credo Organi di senso (che è BELLISSIMISSIMA). Visto, non mi lamento più, fedele ai presupposti del post: queste materie mi fanno veramente c@g@r€, eppure dico che sono bellissime lo stesso.

3) Ho fatto il corso per la rianimazione pediatrica alla Croce Rossa.

Ora insomma sono abilitato all'uso del defibrillatore su emergenze pediatriche. Che però speriamo di non incrociare mai e stramai manco una mezza volta nella vita, ovviamente.

4) In reparto ho rianimato un paziente.

Cioè, ho aiutato a rianimare un paziente, ovvio che non ho fatto niente per conto mio.

Ho massaggiato, ventilato, hanno dato un paio di fiale di adrenalina e il cuore è ripartito. Poi l'hanno intubato e portato in rianimazione, e vorrei dirvi che sta bene ma la situazione non pareva proprio delle più rosee e insomma alla fine chi lo sa... intanto abbiamo fatto quello che bisognava fare.

Tutto sommato penso di aver fatto un buon lavoro, e l'anestesista che era lì me l'ha pure detto. Certo è strano che la cosa che forse mi riesce meglio come aspirante dottore sia una cosa che ho imparato con la Croce Rossa, del tutto fuori dall'ambiente universitario, medico e ospedaliero. Mi è già capitato di dire che la laurea ti dà una abilitazione professionale, ma che poi come si fa il dottore devi imparartelo un po' per conto tuo e arrangiarti. E non so se è del tutto vero, ma comunque in questo caso è andata un po' così.

Devo anche dire che non è che mi sia sentito particolarmente realizzato dalla cosa. Cioè è stato bello mettere in pratica tutti quei corsi fatti, e capire di aver fatto un buon lavoro, ma non è quello il genere di realizzazione che cerco. Arrivo a dire che non mi piace molto lavorare con pazienti non coscienti e in condizioni particolarmente critiche, intubati e non "collaboranti", come si dice in gergo medichese. Per cui insomma credo di aver capito che - dopo la laurea - non mi piacerebbe fare l'anestesista-rianimatore, come invece era tra le varie ipotesi che valutavo tempo addietro.

Sono personalmente convinto che certe manovre facciano parte del bagaglio indispensabile di qualsiasi medico (anche se nella realtà raramente è così, purtroppo) e che ancora di più nella medicina di urgenza capiti e sia necessario lavorare su pazienti incoscienti e che hanno bisogno di essere completamente gestiti dal personale sanitario. Ma inserirmi in una specialità che si occupa principalmente di quello, proprio come sua concezione, non penso sia la mia aspirazione principale.

Come ho detto tante volte, mi piacerebbe utilizzare il pronto soccorso e la medicina di urgenza per entrare in contatto con un grande numero di malati, di patologie e di possibilità per imparare e fare pratica. E poi mi piacerebbe avere i miei pazienti e gestire condizioni non necessariamente al limite della criticità e non per forza in una situazione di emergenza.

Io mi "vedo" come un incrocio tra uno specialista molto specifico, un internista e un medico generale.

E non è che questa cosa esista davvero, nella struttura molto rigida della medicina attuale. Però non esistono manco tanti ingegneri che diventano medici, e se continuerò sempre a sentirmi ovunque un po' un caso a parte (se non proprio un pesce fuor d'acqua) credo che farà sempre un po' parte del mio percorso personale.

Simone

08/04/13

Diventare medico, e affrontare la sofferenza dei pazienti: la paura di Francesco.

Veterinario atterrito da animali ipertiroidei.
Ciao Simone, innanzitutto scusami per il disturbo: immagino tu sia impegnatissimo con lo studio.

Insomma è da un bel po' che seguo il tuo blog, e solo ora mi è venuta l'idea di raccontarti un po' della mia (brevissima) storia universitaria, forse anche un po' per sfogo personale, con la speranza magari di ricevere qualche consiglio o non so che.

Sono uno studente di medicina del 1 anno, per ora a posto con gli esami del primo semestre. Media che neanche io so come ho fatto a raggiungere ma vabbè, questa è un'altra storia.

Il fatto è che io sono convintissimo di voler andare avanti con questi studi, e non mi spaventa l'idea di doverci passare le notti e tutto il resto.

Quello che mi piace di più della medicina, credo (anche se forse è troppo presto per parlarne perché non ho ancora fatto niente e amalapena riesco a riconoscere i vetrini a istologia) è il rapporto con il paziente. Però è anche quello che mi spaventa di più.

Mi spiego meglio: io credo che questo tipo di percorso sia un grande impegno a livello culturale-scientifico, però quello che lo rende unico rispetto a tutte le altre cose è il doversi rapportare con la persona che sta male, la persona che soffre.

Non so se io sono troppo sensibile o se sono una mezza checca o vattelapesca: il fatto è che un po' di tempo fa ci hanno portato in reparto, in gruppi di 4-5, per farci vedere un po' come funzionava.

Siamo stati in terza clinica chirurgica al policlinico e, insomma, ci hanno fatto vedere come medicavano i pazienti che avevano subito una colonstomia, e come si faceva un'anamnesi.

Insomma c'erano un paio di assistenti, o non so che, che seguivamo e ci facevano vedere un po' come funzionavano le cose. Dopo parlando anche con gli altri tutti quanti erano supereccitati per il privilegio ricevuto, cioè di poter entrare subito in reparto, e anche io sì, lo ammetto, ero contento.

Però a distanza di giorni la differenza è che io sono veramente rimasto sconvolto anche dal vedere i volti dei pazienti, come la malattia li stava consumando e tutto il resto. Ed è un po' che cerco di capire se riuscirò ad essere forte e superare questa sensazione, o no.

Il fatto di dover affrontare la sofferenza e la morte mi spaventa tantissimo, e non so neanche se sia possibile o giusto 'abituarcisi' anche se probabilmente alla fine il medico deve farsi forza per il paziente, perché un medico fragile forse non serve a molto.

Insomma a me spaventa tantissimo questa mia fragilità. Per me il problema non è guardare una ferita squarciata o vattelapesca: per me il problema è la faccia del paziente, e ogni volta mi si stringe quasi il cuore se mi rimetto a pensare a queste cose.

Magari sarà capitato anche a te o a qualcun altro di provare sensazioni simili, non so...

Se hai tempo di leggere tutta questa pappardella ti ringrazio tantissimo. In bocca al lupo per i tuoi studi e per tutto il resto!

Francesco

03/04/13

Da Ingegneria a Medicina, perdendo due anni? Il dubbio di Daniele.

In alcune culture, 2 anni equivalgono a 24 mesi.
Ciao Simone, sono Daniele e ti seguo assiduamente ormai da un annetto!

Ti spiego meglio: mi ritrovo troppo in quello che scrivi. Anch'io - come te in passato - sto studiando Ingegneria. Però Elettronica.

Beh, io c'ho 21 anni e sto al secondo anno. Dirai "beh dai, l'anno prossimo ti laurei!". Macchè! Sto a 3 esami fatti: Inglese che me l'hanno abbonato col Trinity (si, millanto un esame che non ho nemmeno sostenuto! :P), Metodi Matematici (un esame della Madonna che comprende Analisi 2 e Complessa, dalle curve alle Trasformate di Laplace, tanto per capirci) ed Elementi di Elettronica, che per quanto l'ho studiata a cazzo è un miracolo se so cos'è un transistor! E l'andazzo non sembra migliorare.

Sto in Croce Rossa dai 18 anni appena compiuti. Mettici pure che al liceo l'unica materia che è stata fatta bene (in cui, appunto, sono uscito col 10) era Biologia, e proprio negli ultimi 2 anni si è studiata l'anatomia e la fisiologia umana (per quello che possa significare studiare 'ste cose ad un liceo scientifico). Beh, è stato quasi amore!

Dall'altra parte però c'era sempre quella "passione" (è virgolettata, sì, perchè non so più come definirla) per tecnologia, l'informatica. Allora la scelta era tra le 2: mi godo l'estate e vado a fare Ingegneria Elettronica pur non avendo mai fatto matematica al liceo ("eh sì, tanto sono uscito con 94 che vuoi che sia, sarà na cazzata come al liceo") o mi metto sotto torchio 'sti 3 mesi, provo il test di ammissione e mi butto in questa nuova "cosa" che ho scoperto piacermi?

Sono pigro, ti dico solo questo. :)

Insomma, ti ho già rotto le palle abbastanza, vedo di concludere: sono arrivato al punto di aprire il libro di Telecomunicazioni o di Elettronica Analogica e dire "Madonnacheppalle" (si, tutt'attaccato) e questo mi porta a non capire se sono io che non vado o che altro, perchè queste materie si, mi piacciono, mi affascinano, ma non le so studiare e non mi piace studiarle.

L'anno scorso l'ho pure provato il test di ammissione a Medicina, ma c'ho studiato 3 settimane, a tempo perso dopo i turni da full immersion in Croce Rossa. Il risultato? Uno schifosissimo 32,75.

Insomma, non so se riprovarci ora, più in là o non riprovarci affatto. Il cuore mi dice di riprovarci SUBITO, ma la mente e la coscienza verso i 2 anni di Ingengeria, oddio ma nemmeno di Ingegneria, verso i soldi cacciati fuori dai miei per mantenermi (inutilmente) fuori sede.

Dopo tutto 'sto sfracassamento di palle che ti ho scritto, chiedo consiglio a te, che magari 'sta cosa l'avrai pensata qualche volta.

Ti chiedo scusa se ti ho preso come psicologo personale, ma ti ho scritto tutto così, di getto, come mi veniva, senza rileggere niente. Non ti conosco, ma leggendoti oramai ti ho preso come un vecchio amico.

Ok, s'è fatta l'una e 10, buonanotte dottore...

Daniele

17/03/13

Studiare e lavorare allo stesso tempo: Matteo ci racconta come ha fatto lui.

Studente in bulloni si mantiene facendo il chirurgo.
Ciao Simone, con molto piacere ti racconto brevemente la mia piccola storia accademica:

Quando decisi di tentare il test a medicina (circa sette anni fa) avevo 28 anni e lavoravo a tempo pieno in una libreria. Ero fidanzato e abbastanza soddisfatto della vita, anche se da sempre ho avuto il pallino di studiare medicina.

Non l'ho mai potuto fare sopratutto perchè non avevo (e non ho) una famiglia che mi potesse mantenere all'università. Scritto così potrebbe sembrare che io attribuisca una colpa più o meno implicita alla mia famiglia, ma ci tengo a sottolineare che così non è.

Come tante famiglie della Napoli ''non bene'' (ma direi come tante famiglie della Italia ''non bene'') mandare avanti i figli è proprio dura, e troppo dura se questi vogliono continuare a studiare dopo la terza media e impossibile se questi poi vogliono fare l'università. Comunque, per farla breve, massimo dopo il diploma bisogna trovare un lavoro, magari anche emigrando.

Io sono stato fortunato perchè subito trovai un piccolo posto in una libreria, che tra l'altro trattava testi di medicina ormai in disuso che mi attiravano sempre particolarmente... ma mi accorgo che sto dilungando troppo e allora sarò schematico: a 28 anni supero il test e m'iscrivo a medicina. Per i primi due anni ho continuato a lavorare in libreria solo di pomeriggio, poiché ero riuscito a farmi mettere part time.

Dal terzo anno in poi è stata dura. Licenziato dalla libreria e lasciato dalla fidanzata (si voleva giustamente sposare, a 30 anni!) ho iniziato a dedicare il 70% della giornata a corsi e studio, mentre facevo pulizie negli uffici del centro direzionale, a nero, tutte le sere dalle 19 alle 24.

Guadagnavo giusto per l'iscrizione all'università, libri, fotocopie, cancelleria, e tutto ciò che mi restava in mano lo lasciavo a casa. Infatti io da casa non me ne sono mai andato, e questo forse è stato il fatto determinante.

Sono andato avanti per altri due anni con questo lavoro serale, ma poi il lavoro è finito mentre gli impegni universitari aumentavano. Allora ho trovato un lavoro in un pub solo per il fine settimana (venerdì, sabato e domenica) che è comodo dal punto di vista temporale ma che comunque è poco remunerativo, e soprattutto stagionale perché il pub non funziona in estate.

Allora in estate ho avuto la fortuna di trovare un lavoro come guardiano 24h/24h in un garage in una località balneare che mi ha permesso (e mi permette) di arrivare a due esami dalla laurea.

La nostra vita è fatta di sogni, e nessuno ce li deve rubare. Se perseguire questi sogni comporta sacrifici non bisogna mai aver paura, sono tutti crediti che si accumulano con la vita.

Matteo (aspirante medico).

11/03/13

Fare l'università... ma con quali soldi? La situazione di Emiliano.

Coi soldi è tutto più facile. A parte Biochimica.
Innanzitutto mi presento: il mio nome è Emiliano e ho 20 anni.

Ho frequentato un Istituto Tecnico (che ho concluso malevolmente) ed ora sono nel bel mezzo del cosiddetto "Anno Sabbatico", che mi sono preso per svariati motivi. Fra i principali vi era l'incertezza nello scegliere il corso di studi e la poca disponibilità economica da parte della mia famiglia.

Provengo da una famiglia agiata che però ha molti problemi, quindi i soldi che l'ISEE ostenta con tanta fierezza, in realtà sono solo un altro problema economico (in quanto vanno solo ad aumentare spese universitarie difficili da sostenere), ma di questo te ne riparlerò dopo.

Quando scelsi di continuare i miei studi ero sicuro di non voler più continuare con materie economiche e giuridiche, ma bensì con materie scientifico sanitarie, in quanto erano quelle che mi appassionavano di più.

Così iniziai a guardarmi intorno e per la prima volta in vita mia nei meandri più recessi della mia mente, qualcosa si mosse e mi resi conto che potevo fare di tutto nella vita e che era quello il momento di scegliere.

Fu così che pensai a Medicina. Vuoi un po' per le materie scientifiche, un po' l'interesse spiccato per le malattie ed il loro funzionamento, un po' la predisposizione ad aiutare gli altri, ho seriamente iniziato a pensare che fosse il corso giusto per me. Questa laurea unisce sotto un'unica bandiera tutto quello che mi piace, e cosa ancora più importante, mette da parte quello che non mi attira più di tanto.

Per farti capire: avevo pensato a Farmacia, ma tutta quella chimica non mi attirava granché. Quindi, ricapitolando, pensa e ripensa, guarda tutti i tipi di lauree nell'ambito medico-sanitario, cambia idea dal giorno alla notte, per mesi e mesi, alla fine sono giunto alla conclusione che Medicina è quella da cui potrei ricavare più soddisfazioni.

Fin qui tutto bene, passo i giorni a lavorare (aiuto un signore anziano, cosa che si sta rivelando utilissima e che mi ha fatto capire definitivamente che ho la pazienza e l'umiltà per aiutare gli altri in ogni situazione) ed a studiare sull'Alpha Test.

Il problema principale è un altro: il denaro. Studiare fuori sede (sono costretto in quanto non ci sono facoltà di Medicina qui vicino) è molto costoso. Per quanto lavoro sia di giorno che di notte (scrivo articoli per dei portali on-line), il chiodo fisso del denaro non mi esce mai dalla testa.

Ho sempre paura di intraprendere una strada lunga e difficoltosa, una strada che costerà tempo e denaro, e se questo denaro non bastasse? Se poi devo rinunciare o andare a lavorare (lavoro permettendo)?

Borse di studio per un discorso reddito non le posso ricevere e soldi dalla famiglia neanche. Proverò il test a Luglio, ma ancora non so dove. Sto cercando la città che costi meno sia a livello di tasse che di affitti.

Dovrei riuscire a partire con all'incirca 10000 euro ed avere ogni mese 400 euro circa di entrate derivanti dal lavoro che faccio on-line. Si potrebbe pensare che sono tanti soldi, ma in realtà non è così, in quanto la vita da fuori sede costa molto denaro e questa preoccupazione mi preme così tanto che spesso penso di lasciar perdere Medicina e fare qualcosa che mi lasci più tempo libero per un lavoro.

Pensavo di andare in una città piccola dove gli affitti sono leggermente più bassi e dove potrebbero esserci agevolazioni per gli studenti (questo è importante perché con me partirà un mio amico, che ha i miei stessi problemi economici, ma il 99% di possibilità di prendere una Borsa di Studio, in quanto il suo ISEE non è dei migliori).

Tu ti chiederai perché ti ho scritto, ora ti accontento. Sono capitato sul tuo blog e mi sembri una persona intelligente. Hai dimostrato (iniziando Medicina dopo aver preso una prima laurea) di essere una persona intraprendente, che non si fa scoraggiare da niente e che è disposta a mettersi sempre in gioco.

Quindi io ti scrivo per chiederti consiglio. Vorrei sapere cosa ne pensi di questa situazione. Cosa per te è meglio che io faccia. Secondo la tua esperienza, come posso affrontare il tutto nel migliore dei modi. Insomma vorrei la tua opinione, perché hai l'esperienza giusta per darmi un buon consiglio.

Spero di ricevere presto la tua risposta, ancora grazie...

Emiliano

Emiliano ha chiesto consiglio a me, e io "giro" la sua lettera a voi. Che ne pensate? Voi al suo posto che fareste? Partite dall'idea che a 18-20 anni è assurdo rinunciare - a prescindere - a qualsiasi progetto senza nemmeno tentare, per cui un "lascia perdere" non è bene accetto e non sarà preso in considerazione :)

Simone

21/02/13

Diventare dottori: l'equilibrio tra studio teorico e pratica in reparto.

In tutto ci vuole equilibrio. O una bilancia truccata.
Riporto l'inizio di una discussione nata in questi giorni tra me e Sandro, un lettore del blog. Credo che Sandro abbia sollevato un problema importantissimo (nonché molto sentito da me e - credo - molti altri studenti, non solo di medicina) e mi piacerebbe tanto leggere la vostra opinione a riguardo:

Ciao Simone, anch'io studio medicina, a Napoli. Ho notato una cosa leggendo i vari post di questo tuo blog: mi sembra che lo studio della medicina in se non ti esalti tanto, nel senso che preferiresti molta più pratica.

Posto che è il sentimento della maggior parte degli studenti di medicina, non credi però che ciò che dovrebbe differenziare un medico da un buon operatore sanitario laureato a vocazione molto più pragmatica (figure vitali per una corretta assistenza sanitaria) sia proprio l'acquisizione di una cultura la più ampia possibile capace di metterti in condizioni di sapere dove cercare una risposta ad un quesito complesso?

In fondo non c'è bisogno di sapere pagine intere di anatomia patologica per fare un emogas, oppure non ci vuole l'Harrison per diagnosticare una frattura esposta. In fondo in un annetto di reparto impari a fare benissimo tutte le pratiche medico infermieristiche, ma non ci vuole certo un annetto di reparto per farti una cultura medica sufficiente.

Ovviamente ti parlo così perchè a me piace proprio studiarla, la medicina, e potrei anche fare solo questo nella vita. Spero di non essere stato troppo vago e confuso. Complimenti per tutto.

Sandro

La mia risposta iniziale (visto che la discussione è andata avanti e abbiamo raggiunto una sorta di accordo) è stata la seguente:

A dire il vero hai ragione, studiare non mi piace molto e vorrei fare più pratica.

Purtroppo penso che lo studio teorico a medicina sia eccessivo, e se da un certo verso è importante sapere più cose possibile, da un altro punto di vista a volte si rischia di concentrarsi su nozioni secondarie o francamente limitate solo al superamento dell'esame prima di essere scordate.

Quando ho fatto Biochimica dovevo saper disegnare gli aminoacidi riconoscendo le relative abbreviazioni, oppure mi vengono chiesti dettagli di esami diagnostici che nella pratica non mi fanno vedere (e vedendoli certi dettagli sarebbero ovvi)... ma di esempi ne potrei fare a decine.

Secondo te 3 anni di lezioni per anatomia patologica per uno che non farà il patologo hanno senso? E 2200 pagine di cardio/pneumo per un esame dove nessuno ti chiede di leggere un elettrocardiogramma ma devi sapere i geni mutati in questa o quell'altra patologia?

Insomma trovo che ci sia un equilibrio tra teoria e pratica, ma che si sia decisamente crollati verso la teoria e che quello che viene fuori non è un medico preparato, ma uno con la testa zeppa di nozioni che non potrà che scordare se non vengono fissate con la realtà pratica.

Ancora, penso che una persona che ha studiato (visto che comunque lo studio serve) e che sa anche seguire l'aspetto pratico è in grado da sé di aggiornarsi e cercare pubblicazioni e quello che serve sulle problematiche che si trova ad affrontare. Mi chiedo invece se chi si è fatto imboccare per sei anni memorizzando tutto acriticamente saprà fare lo stesso.

E chi non prova fatica nello studio certamente lo invidio anche, ma anche i pazienti sanno usare google e possono studiarsi le loro malattie giorno e notte, e nel momento che sanno quello che sai tu se dalla tua non c'è anche un saper fare che fa la differenza rischi di essere solo quello da cui vanno quando gli serve una ricetta medica.

Simone

13/02/13

Entrare a Medicina: e se dopo non sono all'altezza? Il dubbio di Erica.

È il meglio che ho trovato su Wikipedia.
Ciao Simone!

Più volte capita di ritrovarmi sul tuo blog . Ci arrivo sempre quando cerco su Google risultati alla domanda “medicina come seconda laurea” (e simili), nei miei momenti di “rimorso”.

Rientro nel gruppo di persone che ha intrapreso un altro percorso di studi (lingue straniere con profilo economico) ma che di continuo prova il rimorso di non aver tentato al momento giusto (ossia ormai 3 anni fa) il test d’ammissione a Medicina.

Ho rimandato per tutto il quinto anno la decisione riguardante la scelta universitaria, per poi pensare di ripiegare su questo corso da me scelto (perché “si trova lavoro”). Va be’, che poi ho scoperto che le materie economiche neanche mi piacciono…

A luglio 2010 ho iniziato a frequentare (e tuttora frequento) assiduamente l’ambiente ospedaliero per motivi gravi di salute di mia mamma. È così che ho iniziato a prendere in considerazione per la prima volta la facoltà di Medicina. Solo che quando ho capito che mi sarebbe piaciuto fare il test mancavano poco più di due settimane, io avevo nel frattempo fatto tabula rasa dell’intero programma del liceo, i test passati mi sembravano difficilissimi e quindi non ho provato.

Questo rimorso riaffiora di tanto in tanto. Cerco di non pensarci, cerco di concentrarmi solo sui miei esami ma poi ogni tanto lui riaffiora accompagnato dalla mia insoddisfazione per il mio attuale corso e per il lavoro che mi porterà a fare.

La tua esperienza mi dà un po’ di speranza, allora qualcuno che prova dopo un’altra laurea c’è…

E magari - è solo un’idea - l'anno prossimo, dopo la tesi (visto che ormai ha senso che io finisca, che mi piaccia o no quello che studio) potrei provare il test! Così facendo, potrei finalmente dire di AVERCI PROVATO! E via il rimorso.

Mettiamo caso che con un’adeguata preparazione dovessi entrare, DOVESSI…

Tanti, anzi direi tantissimi sarebbero gli ostacoli, tra questi, quelli di natura economica (non posso certo chiedere ai miei di sostenermi nuovamente in questo percorso).

Ciò che mi spaventa di più e che mi spaventava anche tre anni fa è la possibilità che io non sia adatta a tale facoltà, che abbia problemi con le materie (al liceo ero “bravina” nella materie scientifiche, ma non un genio) che non abbia il giusto metodo di studio o comunque non sia abituata a quella mole di studio. E se poi non riesco ad avere voti alti? Insomma attualmente non ho un media brillantissima e frequento una facoltà di gran lunga più semplice.

E se non dovessi avere neanche una memoria sufficiente (e si sa come sia importante in un corso come medicina ricordare tutto quel che si è imparato)?

Ok, magari mi manca anche un po’ di fiducia in me stessa o forse sono solo consapevole di alcuni miei limiti

Questi i dubbi e le paure che mi assillano. Potresti darmi delle dritte, opinioni?

Erica

27/01/13

Studiare passati i 30 anni: gli altri studenti anziani.

Foto di gruppo il primo giorno di lezione.
Quando ho fatto il test di ammissione per la facoltà di Medicina, le persone oltre 30 o 40 o anche 60 anni erano qualche centinaio: chi lavorava già in un campo simile, chi tornava a una vecchia passione, e chi proprio come me cercava un cambio netto col passato.

Iniziate le lezioni, gli studenti -  come me - "anziani" erano circa un 10%. Su 100 e passa iscritti al mio canale, cioè, ho contato almeno una decina di neo-studenti-aspiranti-dottori che avevano dai 25-30 anni in su. Una cifra tutto sommato alta, e un numero di persone abbastanza vasto da poter fare anche un minimo di gruppo e sentirsi meno estranei a un ambiente generalmente dedicato a chi di anni ne ha al massimo una ventina.

E insomma, devo ammettere che al primo anno di Medicina questa compagnia e queste altre persone che parevano essere - nei limiti del possibile - come me, mi hanno un bel po' incoraggiato. Mi è capitato di pensare che in quello che facevo non ci fosse poi molto di strano, e che lo studio passata una certa età fosse semplicemente un qualcosa che a una ragionevole percentuale di persone capita di intraprendere a un certo punto della vita.

Che poi è proprio così, visto che ve l'ho appena detto. Un 10% degli studenti - ma anche molti di più se parliamo di lauree più brevi - hanno più di 25-30 anni. E non c'è assolutamente nulla di cui stupirsi visto che la vita si è allungata, gli obiettivi delle persone non sono più quelli di una volta, può capitare di dover rimandare a dopo tante cose che si vorrebbero fare prima, e insomma eccetera eccetera per i più svariati motivi che magari io non li conosco ma comunque ci saranno.

E i primissimi tempi, con i miei colleghi "anziani" facevo un po' gruppetto. Se c'era qualche problema a seguire qualcuno ti aiutava, se servivano gli appunti qualcuno te li dava, e insomma sembrava quasi un ritorno all'università ma in una maniera un po' parallela a quella degli studenti "normali", fatta da persone più mature e che nella vita avevano anche altri impegni e altre occupazioni.

Ma - e ora iniziano i ma - questa sorta di equilibrio vetero-universitario è durato poco. Pochino. Poco pochino pochissimo, direi. Purtroppo.

Tra tutte le persone che si ri-iscrivono all'università, la sensazione che ho avuto è che una buona fetta di loro abbandonino dopo la prima sessione di esami. Cioè: uno si crede che iscrivendosi a Medicina la sua vita migliorerà e sarà tutto figo e sarà una cosa stupenda. Poi va a fare gli esami di Medicina, si rende conto che invece la sua vita è diventata veramente un po' una merda, e lascia perdere.

E insomma già al secondo semestre qualcuno non s'è più visto, e al secondo anno eravamo rimasti meno della metà. Durante il terzo anno qualcun altro si è un po' trascinato iniziando ad accumulare esami su esami arretrati, al quarto eravamo in due e adesso - al quinto - sono rimasto da solo. Unico vecchietto rincartapecorito in un mondo di studenti ormai un pochino meno giovanissimi di prima, visto che a Medicina c'è pure chi che - per arrivare al quinto - di anni ce ne ha messi anche 10.

Non che tutti i miei vecchi compagni di studi abbiano mollato: direi che un 30% buono sta ancora seguendo il suo progetto della seconda laurea, ma che essendo rimasti indietro con gli esami sono tornati a iscriversi a qualche anno precedente. Per cui direi - sulla base della mia misera statistica personale - che su 10 studenti anziani ce ne sta uno (io) che va più o meno bene, anche se magari gli altri studenti agli esami prendono solo dal 30 e lode in su mentre a lui lo bocciano pure. Altri tre vanno avanti con calma, ma non mollano, mentre 6 lasciano perdere dopo un periodo generalmente breve.

Lo stesso vale per le persone che ho conosciuto in rete: su una decina di blog di studenti "anziani" che seguivo, si contano sulla punta delle dita quelli che ancora scrivono regolarmente. Che poi abbandonare il blog non significa abbandonare gli studi, ma certo non è che lasci proprio presagire nel migliore dei modi se - dopo tanti progetti e presupposti raccontati per le reti mondiali - da un giorno all'altro sparisci e non scrivi mai più niente, mai più mai.

Per cui, tirando un po' le somme, a metà di questo quinto e (speriamo) penultimo anno mi sento un po' soletto. Più che qualcuno da cui prendere esempio mi sento una specie di caso a parte, e mi sembra anche giusto farlo presente a chi legge questo blog: io ho la fortuna di partire forse da un'altra laurea un po' impegnativa, per cui sapevo già dall'inizio che a Medicina mi aspettavano 6 anni d'inferno e che di romantico, nello studio, non avrei trovato proprio veramente un qatso. Io ho la fortuna di una famiglia che mi appoggia e di un lavoro che ho potuto ridurre al minimo senza quasi conseguenze... a parte buttare al cesso la professione da ingegnere, e smettere per sempre di fare lo scrittore. Ma vabbe': quest'ultima cosa, potremmo anche vederla come un vantaggio.

Io ho la particolare situazione (che non si può chiamare fortuna né sfortuna) di non avere persone che dipendono da me, e di poter scegliere per me stesso magari rinunciando al mio tempo e ad altri interessi, ma senza imporre le mie scelte a qualcuno che poi si troverebbe a pagarne le conseguenze.

Oltre a questo, penso di aver trovato che la mia motivazione iniziale (diventare un medico) si è sposata perfettamente con quello che ho incontrato nella realtà. Cioè, a me non piace studiare e non l'ho mai nascosto a nessuno. Però mi piace fare il dottore, andare in reparto, visitare le persone e dare consigli. E vedere che con lo studio sto realizzando quello che cercavo, è stato sicuramente un forte incentivo a non mollare.

E sarà anche che sono un tipo che non si fa particolari illusioni, ma non ho mai visto la professione medica come un chissà cosa di magico dalla quale poi sentirmi mortalmente deluso, come talvolta succede a qualcuno. Non penso che i dottori salvino la vita alla gggente, come sento spesso dire. Non ho il complesso di mettermi il camice per farmi vedere quanto sono figo col fonendoscopio al collo e l'espressione di quello che gli altri non capiscono un cazzo. E per il dopo laurea non mi sono mai sognato fin dal principio di entrare in chissà che specializzazione ambita, di diventare un chirurgo famoso o di scoprire la cura per qualche spaventosa malattia.

Io mi aspettavo quello che ho trovato, e anzi tutto sommato questa seconda laurea mi sta dando molto di più del preventivato, e non devo tanto stare a fare i conti con sorprese, rimpianti e pure e semplici delusioni.

Ancora, ho avuto il gran sedere di finire in un canale dove gli altri studenti (quelli giovani, dico) mi hanno incoraggiato e aiutato e trattato come uno di loro, rendendo più facile affrontare certe situazioni che da solo sarebbero state isormontabili. Se mi fossi ritrovato davvero a fare tutto da solo per materie come Farmacologia, o con nessuno che mi incoraggiava un po' alla quarta volta che davo gastro... be', forse alla fine era un po' un'altra storia.

Per gli altri studenti anziani, gli altri 9 su 10 del discorso di prima, evidentemente non è andata così e i tanti problemi e semplici necessità che una persona "grande" può avere alle volte devono necessariamente ricevere la priorità. Ma a chi inizia magari adesso e ha trovato queste righe voglio comunque dire di non terrorizzarsi e non preoccuparsi troppo: se avete voglia e desiderio e anche un po' di fortuna è facile che finiate nel gruppetto di quelli un po' più "lenti", ma che alla fine piano piano secondo me ce la faranno lo stesso. Magari con un po' più di pazienza e magari anche meglio se avete scelto una facoltà universitaria meno "lunga" di Medicina ma comunque - come dicevo - è probabile che arriverete anche voi alla fine.

E se invece farete parte di quel 60% che abbandona, io sono convinto che anche solo provarci potrebbe portarvi a capire che cosa volete davvero dalla vostra vita e quali sono le vostre priorità... anche se la risposta potrebbe non essere quella che, all'inizio, vi sareste aspettati.

Simone

04/01/13

Con una laurea in lettere non ci fai niente... ma Martina la vuole lo stesso.

Con una laurea in Lettere puoi lavorare all'estero.
In onoranza del post sulle parole chiave per le quali la gente del net ha trovato il tuo blog, ti dirò, era mia intenzione scrivere stanotte, terminare un racconto lungo/romanzo breve che ho in cantiere da alcune settimane, ma il cervello non collabborava quindi ho oziosamente digitato su google "blocco dello scrittore" e mi sono imbattuta del tuo blog da aspirante scrittore.

Ho iniziato a leggere alcuni post a caso, trascinata dall'entusiasmo della tua critica ai puntini di sospensione, una tematica che m'è sempre stata molto vicina.

Leggendo leggendo, sogghignando alle battute e tutto il resto, mi sono effettivamente iniziata a chiedere come facessi tu a sopravvivere, non pubblicando proprio come il tuo tanto citato Stephen King. Morale della favola mi sono reindirizzata al blog aggiornato, ho capito che stai alla tua seconda laurea in medicina ma lavori come ingegnere (e serve una laurea per quello) ma forse hai anche una laurea in letteratura (non so, non l'ho letto, ma ne ero stra-convinta), quindi lascio stare i numeri, ti battezzo come persona più eclettica che io abbia mai "conosciuto" e metto un punto a questa prolissa premessa pretenziosa.

In tema di parole chiave, il mio problema è la pretenziosità. Ho 19 anni e frequento il primo semestre di Arti e Scienze dello spettacolo, il dass, non il dams, ci tengo a precisare. Ora, evitando la lamentela sul fatto che quella facoltà è piena di gente strana e tendente a scrivere con le abbreviazioni, cosa che dovrebbe essere vietata per gli studenti di qualsiasi facoltà di qualsiasi università, ti porgo i miei dubbi.

Non so esattamente perché lo faccio, ma vedo che in molti ti scrivono, e in fondo è solo una mail e spero di non sembrare inopportuna o importunante (si potrà dire, importunante?). Ahn, e ti sto dando del tu, cosa che giuro non faccio mai praticamente con nessuno, ma visto che sto per tempestarti di drammi di vita, mi pareva giusto farti entrare nel ruolo di proto-confidente.

"Con una laurea in lettere non ci fai niente."

Con una laurea in lettere (cinema, poi!) non ci fai niente. Ehw, io lo so che non ci faccio niente, e ho pure tutte le pareti delle camera occupate e non ho dove appenderla, puta caso che la prendo veramente, quella laurea. È, però, essenzialmente, l'unica cosa che sento di essere in grado di fare. Perché non ci son cavoli, io quello so fare: guardare film e commentarli, leggere libri e parlarne, conoscere persone e ascoltare le loro storie, inventare persone e scrivere le loro storie. Queste sono le cose in cui mi "distinguo".

Un cliché ci narra che non importa essere i migliori in qualcosa, ma dare il meglio di noi in quel qualcosa che facciamo. Idiozie, penso io. Non puoi fare lo scrittore, qui, ora, se non sei il migliore. O insomma, molto, ma molto, ma molto e schifosamente bravo. O molto fortunato.

Quindi no, dico a mia madre, tranquilla mamma, non voglio PIU' fare la scrittrice, tranquilla mamma, te lo giuro.

E quindi cos'è che vuoi fare?

Oh, io voglio fare la giornalista. critica cinematografica (altro mestiere pieno di posti lavoro, ohohoh!)

Ogni volta che qualcuno mi chiede cosa voglio fare, ripeto questa frasetta. E quelli tutti "owh, ti ci vedo così tanto, dai, dai, che figo!"

Perché "Giornalista" suona molto più serio di "Scrittrice". E Scrittrice poi, di cosa. Le mie scritture non si propongono più alla pubblicazione ma al puro sfogo intellettuale da molto tempo. Non che non abbia idee, non che alcune idee in alcuni momenti di particolare e infondata fiducia in me stessa non mi sembrino addirittura buone, ma non credo di essere all'altezza, non credo di esserlo mai stata, nonostante quello che pensavo.

Abito in un paesino piiiiiccolo, abbastanza lontano dalla capitale per poterla spesso solo immaginare, ma non abbastanza lontano dalla capitale per potermici trasferire e non fare la pendolare esaurita.

Fatto sta che sono sempre stata la bambina prodigio, negli anni delle elementari e medie. L'unica che leggeva, l'unica che scriveva, l'unica che conosceva il significato di certe parole auliche tipo la parola aulico. L'unica che apprezzava la cultura in un contesto in cui ti ridevano in faccia se dicevi di aver letto un libro o di essere stata a teatro. Ma proprio grasse risate.

E io, di conseguenza, mi sono auto convinta che altro non potevo essere se non quella con il quid pluris. Ovviamente la realtà mi ha preso a mazzate in testa, quindi mi sono trovata all'ultimo anno di liceo come non-migliore, discretamente pigra nello studio, non-così-talentuosa ragazza qualunque. Con come unica sicurezza quella di non voler mai più vedere la matematica.

Il dramma di fondo, comunque, sarebbe più o meno: Se è veramente così inutile la laurea in lettere+aggiungere sottotitolo a caso, è obiettivamente lecito e non troppo traumatico scegliere qualcosa che non ci piace veramente pur di combinare qualcosa nella vita? Ho paura di rimanere bloccata. Bloccata da qualche parte in un limbo di laurea-non laurea, di lavoro-non lavoro.

Ho paura di essere decisamente pretenziosa nel voler veramente fare qualcosa di letteral-cinematografico in assenza di capacità vere e degne di nota. Ho paura della mediocrità e di pentirmi come un assassino tra 5, 6 anni, quando il mio vero lavoro sarà quello del cassiere di Mc Donald (niente contro i cassieri di mc donald, ma quando uno sogna di scrivere "cassiere di mc donald" suona malissimo), e la mia massima aspirazione quella di avere una promozione e diventare capo cassiere.

Ho, da qualche parte, grandi progetti per me. Ma è come se ogni volta che provassi a metterli in atto, o comunque, a costituire le strutture per far partire quei progetti, mi vedessi da grande con quei progetti oramai distrutti e già non-vissuti. E il problema è che non sono eclettica come te. È che se io non riesco a fare QUESTA COSA, non avrò mai la capacità di fare qualcos'altro, di fare economia, di fare ingegneria, di fare una di quelle cose che la gente ultimamente dice portino un po' più di lavoro.

Perché insomma, la vita non è il mio libro. Quando scrivo qualcosa di brutto non posso cancellarlo. Posso solo, appunto, scrivere al meglio quello che c'è ancora da scrivere. E io mi vedo tra qualche anno con questa immensa parentesi di pseudo scrittrice giornalista regista quel che ti pare andata in fumo e senza alcuna minima aspirazione migliore, aspirazione ALL'ALTEZZA.

Come funzionano queste cose? Come si fa a capire?

Sì. Forse sono stata leggermente logorroica. E retorica. Chiedo venia per questo, con la scusante che non dormo da veramente molte ore e domani, come molti, devo studiare per la sessione di gennaio/febbraio, e sono leggermente agitata (insomma, i primi esami universitari e tutto).

Arrivederci (:

(Almeno ho scritto qualcosa stasera, alla faccia del blocco dello scrittore.)

Martina

28/12/12

Finire gli studi "tardi", e i progetti a lungo termine.

Puoi anche metterci un po' di più per alzare la media.
Quando ho deciso di iniziare Medicina a 33 anni, la cosa che mi faceva un po' girare la testa era che - nella migliore delle ipotesi - avrei finito all'età di 39.

39 o 40 anni fa più o meno lo stesso. E insomma visualizzarmi a finire un percorso all'età di 40 anni in un momento in cui me ne sentivo 30 appena compiuti mi metteva davvero agitazione.

Era un po' come se iscrivendomi all'università stessi progettando un qualcosa che mi avrebbe portato a passare di colpo una lunga parte della mia vita. Come se stessi per ritrovarmi all'improvviso molto più vecchio, solo per una scelta che stavo per fare.

E questa lettera che ho ricevuto un paio di giorni fa si riallaccia proprio a questo discorso:

Ciao Simone, mi chiamo Irene e sono capitata per caso sul tuo blog dopo che mi è saltata in mente la "pazza" idea di reiscrivermi all'università alla veneranda età di 34 anni.

Mi ero iscritta a Medicina Veterinaria appena finito il liceo ma - aihmè - l'ho abbandonata dopo tre anni per cominciare a lavorare. Sarà stata la voglia di indipendenza, anche economica, lo studio che reputavo troppo impegnativo, la voglia di studiare che via via andava scarseggiando.... e così, per fortuna o purtroppo, ho trovato subito un impiego.

Ma eccomi qui, dopo 10 anni e più, a rimpiangere quello che ho lasciato e soprattutto a non sentirmi soddisfatta di quello che sto facendo ora!

Mi interessava sapere la tua esperienza nell'esserti ributtato sullo studio dopo i 30. La mia maggior preoccupazione è: se dovesse andare bene e riuscissi a dare tutti gli esami nei tempi prefissati, dovrei laurearmi a 40 anni. Tu ci hai mai pensato? E la riposta che ti sei dato? :-)

Irene


Proprio la stessa domanda che mi facevo io, non trovate? Solo che - per quanto mi riguarda - la mia risposta l'ho trovata già un po' di tempo fa:

Iniziare una cosa con l'idea di finirla a un'età molto più "avanzata" è un'idea che mette davvero un bel po' d'ansia e su questo purtroppo non ci piove e ci sono poche risposte da darsi. Ma il fatto è che sia che uno si iscriva all'università, sia che magari cambi lavoro o che continui piuttosto a occuparsi sempre delle stesse cose, gli anni passano comunque.

E più passa il tempo e più rimettersi in gioco si fa difficile, perché invece che 40 anni devi pensare che magari alla fine ce ne hai 50 o 60 o chissà quanti mentre il tempo necessario a realizzare determinate cose rimane sempre lo stesso.

La risposta che mi sono dato io, allora, è che qualsiasi scelta uno faccia purtroppo il tempo non si ferma in ogni caso. E quello che ci spaventa davvero non sono lo studio o il lavoro, quanto purtroppo la vita stessa che in ogni caso va avanti senza aspettare che prendiamo o meno le nostre decisioni.
 
Alla fine insomma i miei 40 anni arriveranno sia se avessi continuato a fare l'ingegnere, e sia adesso che sto studiando per diventare dottore. L'unica differenza qui è che una persona può arrivare a una qualunque età facendo quello che voleva fare, oppure arrivarci portandosi dietro i rimpianti per le cose che non ha provato a ottenere.

Vista in quest'ottica, credo che la scelta sia molto più facile di quanto non mi fosse sembrato all'inizio. E quando avrò davvero 40 anni - magari - ve ne darò conferma.

Simone

16/11/12

Prendere due lauree: c'è anche chi ha le idee molto chiare... fin dall'inizio!

Percorso di destra: 5 anni. A sinistra 6. Dritti per il ricovero.
Caro Simone,

girovagando per internet mi sono imbattuta nel tuo blog, e ne sono molto felice. :)

Primo, perchè mi hai dato nuova determinazione per proseguire i miei studi, secondo perchè mi hai dato nuova determinazione per cominciarne altri.

La mia storia è molto diversa dalla tua: non sono ancora laureata in niente, non ho passato 10 anni a lavorare facendo qualcosa che non mi rendeva felice, e non ho ricominciato a studiare passati i 30 anni. In realtà sono molto giovane, ho 19 anni e studio economia.

Il mio più grande difetto, è che al liceo sono sempre stata troppo brava in tutto, e non ho mai avuto una totale passione per qualcosa di preciso. Per anni ho voluto fare architettura e poi medicina. L'ultimo anno è stata una battaglia tra fisica ed economia.

Alla fine economia ha avuto la meglio e sono al secondo anno, ma quest ultimo periodo sono stata in una totale crisi, perchè mi sono resa conto che - per quanto possa essere interessante l'economia - studiare fisica mi avrebbe reso più felice.

Eppure quando ho scelto economia, se l'ho scelta, era perchè volevo realmente farla, nessuno mi ha costretto, e la cosa brutta è che mi sono pure piaciute certe cose che ho studiato! In una totale confusione e smarrimento, ho passato intere notti a piangere, sognando una volta di essere uno scienziato, e la volta dopo di essere il manager di una qualche azienda famosa, e non riuscivo a capirci niente.

Ora, dopo averne parlato anche con i miei ed aver letto la tua storia, ho deciso che se tutto va bene mi laureo in economia a 23 anni (ho fatto la primina, fiuuu :) ) e voglio farmi almeno una triennale in ingegneria fisica, a discapito di tutti quelli che mi dicono che sono pazza.

Finirò a 26, forse 28 anni, ma almeno avrò fatto ciò che più mi piace. So che economia non c'entra proprio niente con fisica, però che ci posso fare se mi piacciono entrambe? :)

Noi siamo sognatori, ed il mondo appartiene a noi. So che ce la possiamo fare, in bocca al lupo per tutto (da quello che ho capito ti manca poco) e grazie per avermi fatto capire che se si vuole qualcosa veramente, basta imboccarsi le maniche e darsi da fare!

Marcelina.

08/11/12

Medicina dopo una laurea in lettere: ma poi, quale specializzazione?

Al medico non specialista è consentito GUARDARE i pazienti
(sotto la supervisione di un tutor).
Sarà che questo quinto anno iniziato con la scelta del reparto per la futura tesi ha iniziato a smuovere le acque in tal senso, perché torno ancora sull'argomento post-laurea e specializzazione e lavoro e carriera (o disoccupazione e tragedie varie... ma speriamo di no!)

Lo faccio prendendo spunto dalla lettera di Andrea, che mi scrive questo:

Ciao, sono capitato sul tuo blog per caso e sto vivendo una storia simile alla tua.
Mi sono laureato in lettere, indirizzo cinema, e ho lavorato per 2 anni come tecnico video per una tv privata. 

Quest'anno - a 26 anni - ho superato il test di medicina e ho cominciato a seguire i corsi. Puoi immaginare quali siano state le reazioni dei miei conoscenti, amici ecc. 

Ora mi ritrovo nuovamente sui banchi, in mezzo a ragazzi molto più giovani e a volte anche più preparati di me. Tuttavia sono molto felice della mia scelta.

Ho visto che hai affrontato l'argomento: secondo te quali sono le specializzazioni meno affollate, dove il fattore età potrebbe passare in secondo piano?

Andrea
Ok: niente di trascendentalmente nuovo (ne parlavamo proprio pochi giorni fa) ma vale la pena di dire 2 cose prima di lasciare la parola a qualcuno (si spera) più informato di noi.
1) A 26 anni per me non è che uno ha iniziato tardi: uno ha semplicemente iniziato un po' dopo. Manco tanto. Che se tutto va bene ti laurei a 32 anni e sei specializzato a 37... facciamo 40. E sei ancora perfettamente in un range di tempo tutto sommato normale.
 
Aggiungerei che se uno inizia a 26 anni i suoi professori tante volte manco se ne accorgono che è più grande, visto che di anni ce ne hanno più di 60 e gli studenti gli sembrano tutti dei ragazzini. Certe volte non se ne accorgono nemmeno con me!

Insomma 18-28 anni è un'età normale per iscriversi, dopo i 30 è tutto un po' diverso ma prima tutto sommato non cambia niente... a meno che uno è già sposato con figli e persone varie a carico, mi pare ovvio.

2) Io quali sono le specializzazioni dove "si entra" non lo so. Non l'ho capito, nessuno te lo spiega, da qualche parte dovrebbe esserci una sorta di elenco con i risultati dei vari concorsi per entrare (dai quali ovviamente vedere quante domande ci sono - in media - rispetto ai posti disponibili) ma io in rete non trovo niente.

Io so solo quali sono i posti dove tutto sommato è molto difficile entrare anche per studenti davvero supersecchioni (parlo oltre il 28-29 di media) e che magari capiscono anche qualcosa di medicina. Le specializzazioni blindate, almeno per quanto ne so, sarebbero:

- Pediatria (una studentessa su 2 vuole fare il pediatra).
- Ginecologia (l'altra studentessa su 2 vuole fare il ginecologo).

- Neurologia a seconda dei momenti (un anno volevano fare tutti il neurochirurgo, l'anno dopo nessuno!)

- Cardiologia.

- Dermatologia.

In generale, tutte quelle specializzazioni che ti consentono di avere un tuo studio privato sono mediamente più "piene" di quelle che ti costringono a lavorare principalmente in ospedale. Le cliniche più richieste delle chirurgiche, perché tanti medici del sangue s'impressionano e aprirti la sala operatoria privata tua tutto sommato è complicato.

Le specializzazioni dove invece si entrerebbe come meno difficoltà sono difficili da individuare: un po' perché ogni università ha un diverso numero di posti a disposizione, un po' perché le regole e la situazione cambiano da ateneo ad ateneo e di anno in anno.

Tanto per dire qualcosa, ho sempre sentito parlare "bene" di.

- Anestesia e rianimazione.
- Medicina del lavoro.
- Medicina legale.
- Biochimica clinica.
- Chirurgia generale.
Tra tutte queste, credo che il Medico del lavoro non abbia difficoltà nemmeno a trovare un impiego al di fuori dell'università... ma è un lavoro talmente simile a quello che facevo da ingegnere che non mi attira manco minimamente per niente. Per altri - ovviamente - potrebbe essere diverso.

Aggiungo che almeno a Roma pare che nessuna specializzazione rimanga con posti vacanti. Nel senso che finiti i concorsi tutti i posti sono presi, e chi non è entrato non è entrato e per un anno rimane fuori. Auguri e figli maschi.

Credo anche però che ci sia un po' di terrorismo: è vero che certi indirizzi sono troppo affollati, ma non sempre la situazione è così drammatica e magari non è così difficile trovare un posto in un reparto che ci piace, magari avendo un po' di pazienza e determinazione.

E voi, che ne dite? Si accettano consigli, precisazioni e suggerimenti :)

Simone