29/09/10

Stanco.

Domani ho Microbiologia, l'ultimo esame del secondo anno che ancora mi è rimasto da dare. Mi pare di studiare ininterrottamente da Maggio-Giugno, con delle vacanze che anche se lunghette (quasi 2 settimane) mi sono volate via come in un attimo, e devo ammettere che inizio veramente a fondere.

Per Microbiologia domani sono piuttosto pessimista: anche se ho studiato il più che potevo (che non significa necessariamente che ho studiato tanto) c'è troppa roba da ricordare a memoria per andare lì sicuro di non confondersi, e gli scritti a crocette e domandine su queste cose non lasciano scampo. Comunque mi pare di stare messo abbastanza bene, ed è solo questione di rileggerla qualche altra volta. Tra l'altro dovrebbe esserci un altro appello tra un paio di mesi, per cui se anche domani dovesse andare male tutto sommato non sarà un grosso problema.

Intanto, ho deciso che questo fine settimana me ne vado un po' fuori. Non voglio sentire niente e nessuno. Mi riposo un po', non penso a nulla di impegnativo, magari leggo addirittura un libro non di testo e poi dalla settimana prossima spero di riprendere a gestire tutto con un po' più di energia.

Ora però ho da ripetere un centinaio tra virus, funghi, parassiti e batteri (visto che la speranza è sempre l'ultima a morire) e vi sembrerà ovvio che non c'ho voglia per niente, tant'è che mi sono addirittura messo ad aggiornare il blog.

Diciamo che mi ci metto un paio d'ore adesso, e poi da dopo cena fino a mezzanotte. Poi domani andrà come deve andare, e chissene frega.

Dai, la prossima settimana starò più carico, e magari riesco a tirare fuori qualche post/racconto di quelli divertenti e che non scrivo da un bel po'. Ora mi sa proprio che ho perso abbastanza tempo... e me ne torno a studiare.

Simone

22/09/10

Un passaggio importante.

È ormai un bel po' di tempo che - tolti gli articoli piuttosto rarefatti che trovate su questo blog - non scrivo più praticamente nulla. I motivi di questo blocco sono tanti, ne ho già parlato nel corso di questi mesi e probabilmente ne parlerò meglio tra qualche giorno in un tono decisamente più polemico di quello che troverete adesso.

Di certo, non è che in questo momento la scrittura mi manchi molto, visto che dopo aver studiato fino a notte inoltrata l'ultimo dei miei desideri è concentrarmi di nuovo su qualcos'altro di intellettualmente impegnativo. Però è successa una cosa piuttosto importante, e mi pareva interessante parlarne:

È successo insomma che avevo - e ovviamente ho ancora - un racconto fantascientifico fermo praticamente da anni. Avevo un inizio, un personaggio, una situazione interessante (il motivo per cui ho scritto il racconto è tutto lì) ma mi mancava un finale. Come per più o meno tutto quello che ho scritto finora, cercavo di chiudere il racconto con una svolta fantascientifica. Un'idea verosimile ed efficace, e che ricadesse nell'ambito del fantastico. Ma per anni non mi è venuto in mente nulla.

Poi, l'altro giorno, per chissà quale motivo ci pensavo sopra, e qualcosa finalmente si è smosso. Con un cambiamento direi radicale, mi sono detto: ma perché la storia deve essere di fantascienza per forza? Potrebbe anche - tranquillamente - finire che succede qualcosa di non fantascientifico. Magari non banale o quotidiano, ma comunque slegato dai soliti canoni fantastici.

Ebbene: ci ho pensato un tre secondi, e d'improvviso è stato evidente che il taglio non fantastico - per quella particolare storia - funzionava meglio. E così avevo l'idea, avevo lo svolgimento, e avevo anche il finale. Una storia non fantastica. Ancora probabilmente inseribile in un genere (il thriller) ma non nel genere solito in cui - tutto sommato - mi obbligavo a rimanere.

Vi sembrerà banale, quasi forse campato per aria come discorso (perché tutto sommato il racconto è ancora solo nella mia testa, e non sulla carta) eppure mi è parso un passaggio importante: forse ho finalmente capito che posso scrivere senza impiccarmi da solo tra fissazioni, prese di posizione e preconcetti inutili. Vista così, credo quasi che il non aver scritto per un po', i nuovi studi e l'aver abbandonato certi atteggiamenti e punti di vista senza via di uscita e che ormai mi andavano stretti, facciano più parte di un'evoluzione che di un abbandono.

Non lo so, può darsi: potrebbe anche essere solo un'evoluzione mentale, del mio modo di ragionare e di affrontare le cose, e non portare con sè anche un risultato dal punto di vista della narrativa. Vedremo.

Intanto, ora che ce l'ho in mente, questo racconto dovrei provare a scriverlo davvero. E magari - nel caso - ve lo faccio anche leggere.

Simone

16/09/10

Gli esami, i libri, il volontariato, la Microbiologia.. e il resto delle solite cose.

Nonostante il tono funereo degli ultimi post, gli esami di Settembre sono andati benissimo, visto che mi sono finalmente levato quel mattone micidiale che era Biochimica.

In realtà ho ancora da dare Microbiologia il 30 di questo mese. Soltanto che - prima di tutto - non so se lo passerò (visto che ho dato una leggera precedenza alla Biochimica) e mi sento già rassegnato. Poi il vero dramma sarebbe stato ritrovarsi con due esami da dare all'inizio dell'anno nuovo. Averne arretrato uno solo, che tra l'altro sto già studiando, mi fa tornare in carreggiata e - almeno per il momento - mi fa rimanere ancora perfettamente in corso. Poi, negli anni futuri, si vedrà.

Detto questo, penso che sia veramente un po' presto per raccontare qualcosa sul mio terzo anno da studente di Medicina (visto che i corsi inizieranno lunedì prossimo) per cui dopo la buona notizia degli esami vi rimando agli aggiornamenti futuri.

Scrittura: con la scrittura sono sempre, completamente, fermo. Però è successa una cosa che reputo importante... e della quale vi parlerò un po' meglio tra qualche giorno, in un post dedicato.

Continuo però a mandare manoscritti, visto che ho notato in giro qualche possibilità che comunque preferisco sempre non abbandonare a priori (anche se vi confesso che sono un po' scoraggiato). Insomma tra qualche mese saprò i risultati di queste ultime selezioni per prove e titoli a un posto da romanziere (sarebbe quando mandi un manoscritto a un editore) e vedremo se finalmente le cose si decideranno a darsi una smossa oppure no. Io, come sempre, ci spero.

Croce Rossa: a Settembre ricominciano i corsi di BLS-D (sarebbe il massaggio cardiaco col defibrillatore) e dunque ricomincerò a fare da istruttore. Si tratta di una mezza giornata ogni tanto, per cui non è un impegno che mi prende troppo tempo. In ambulanza invece ho fatto giusto un paio di turni ad Agosto, ed è un po' che sono fermo.

Visto poi che da quest'anno, a Medicina, dovremmo iniziare a frequentare qualche reparto, pensavo di fare qualche turno in ospedale come personale volontario. In questo modo riuscirei a fare qualcosa per la Croce Rossa, e allo stesso tempo magari imparare anche qualcosa che potrebbe servirmi come medico.

In realtà sarebbe anche un sistema per unire le due cose, invece di continuare ad avere 200 interessi completamente scollegati. Visto poi che in un futuro non troppo lontano potrei ritrovarmi a fare volontariato nel ruolo di dottore, iniziare fin da adesso a vedere che aria tira e cosa si potrebbe effettivamente fare non sarebbe una cattiva idea. Di certo ora come ora dal punto di vista medico io non so fare niente, e in qualsiasi reparto del mondo non è che la mia presenza sarà indispensabile. Si tratta più che altro di trovare persone disponibili, e qualcuno che abbia la voglia e la pazienza di insegnarmi qualcosa.

Detto questo: lo sapevate che i batteri sono cattivissimi, crudeli e spaventosi? La cosa peggiore è che sono così tanti che riempiono un librone enorme di 1000 pagine che (caso strano) all'esame devi sapere a memoria.

Per cui insomma vi saluto... e torno al mio tomo di Microbiologia.

Simone

13/09/10

Gli artisti che non paga nessuno (o come vivere con un lavoro creativo).

Questo post è un po' una risPost (perdonatemi!) a una giustissima denuncia sociale che girava in rete tempo fa. E' anche un risPost a un certo modo di pensare - nel quale purtroppo ricado forse per primo io - secondo il quale i lavori creativi dovrebbero esistere in una specie di mondo magico e meraviglioso dove i soldi sbocciano da posizioni etiche e sentimenti puri, mentre la gente onesta non vuole essere pagata davvero. Essere pagati, tutto sommato, non sta neanche bene.

Concezione comune, e anche tutto sommato veritiera, è che un artista con la A maiuscola o minuscola che vorrete metterci, per campare in Italia deve vivere d'altro. Per campare nel mondo deve vivere d'altro, preciserei io, che non vedo tutta questa differenza tra il nostro stupendo paese e i tanti posti dove mi è capitato di passare un po' di tempo. Per lo meno, non se ci confrontiamo col resto d'Europa.

Eppure, nonostante queste premesse, è vero. Secondo me è vero: se sei un creativo, un musicista, uno scrittore, un pittore o un qualsiasi altro tizio che si occupa di lavori creativi, guadagnare qualche soldo è quasi impossibile. O meglio, riformuliamo la cosa in un modo più corretto: conosco pochissime persone che, avendo una passione per un determinato aspetto della creatività, riescono a sfruttarla per portare a casa delle somme sufficienti almeno a pagare l'affitto.

E allora, tanto per restare fedele al mio insopportabile caratteraccio, andrò controcorrente: invece di fare il pianto pro povero artista morto di fame, farò l'analisi del meno povero artista che invece non è (ancora ?) deceduto per inedia. Se volete vi faccio qualche nome: posso? Devo? Però qualcuno si offenderebbe, o sarebbe quantomeno antipatico fare i conti in tasca alla gente. In caso, se proprio ci tenete, scrivetemi e ve li dirò in privato.

Lo scrittore che campa di scrittura: questa persona che conosco ha avuto forse la fortuna di incominciare in altri tempi, quando un suo romanzo di ambientazione fantastica è stato pubblicato da un editore decente (vendendo comunque scommetto - perché non ne ho la minima idea - molto poco).

Questo scrittore, che io sappia, da 20 anni a questa parte collabora con vari editori facendo editing, ha una casa editrice (non tutta sua) dove segue determinate pubblicazioni, e ha scritto vari libri cercando spesso il genere o lo stile o comunque quello che veniva chiesto dal mercato e dagli editori per i quali lavora.

Oggi pubblica regolarmente con editori enormi, gestisce le proprie pubblicazioni e si occupa di editing e altre cose dedicate alla scrittura.

Il musicista che campa di musica: questo qui è il mio maestro di batteria. Dopo non so che lavori ha iniziato a studiare musica, e adesso insegna in diverse scuole.

Per lavoro, poi, realizza colonne sonore per documentari (non ho idea di come funzioni veramente quello che fa) e fa il turnista a pagamento per altri musicisti che hanno bisogno di qualcuno esperto per i loro progetti.

La sua professione insomma è fatta di insegnamento e di tanto suonare e risuonare per altri facendosi il mazzo a trasportare la batteria a destra e a sinistra. In cantiere ha diversi progetti musicali anche suoi, e nessuno può sapere se andranno bene o male. In ogni caso ha ancora meno di 30 anni, per cui il tempo non gli manca.

Il pittore che campa di pittura: in realtà di questi ne conosco una dozzina. Avendo prima esposto cose mie e poi lavorato come fotografo per un'associazione culturale, mi è capitato di conoscere molti artisti, di fotografarli e di vedere come funziona il loro lavoro.

Ma qui devo dire che ci capisco poco: in genere credo che un pittore sconosciuto debba arrangiarsi con centinaia di lavori e lavoretti. All'epoca mi consigliarono di proporre le mie foto per farci delle agende, o per abbellire delle lampade. In sostanza si tratta di provare a vendere in tutti i modi quello che si realizza, aspettando che il nostro lavoro vada di più e sia più valorizzato.

Dico che non ci capisco molto perché la pressoché totalità di pittori che ho conosciuto erano grandi (almeno 40, 50 anni) e ormai vendono singoli quadri per prezzi altissimi. Non so come si venda un quadro, perché io non sarei in grado di trovare un cliente. Ma loro, evidentemente, sì.

Il grafico che campa di grafica: questo lo conoscete di sicuro perché è un amico del blog, e anche un amico col quale ogni tanto faccio una chiacchierata di persona. Questa persona lavora nel marketing e nella pubblicità, mettendo il proprio lavoro al servizio di clienti che richiedono qualcosa in particolare per un determinato prodotto.

Un lavoro che di creativo forse ha poco. O forse no, visto che a fare un bel logo o una buona campagna non sono assolutamente tutti capaci e tutti bravi. Anzi, per me per essere forte come pubblicitario devi essere veramente qualcuno, perché vendere qualcosa è davvero difficile.

Il fotografo che campa di fotografia: vi sembrerà un po' da megalomane, ma io come fotografo avrei potuto lavorare. Dopo un po' che giravo per artisti e gallerie hanno iniziato addirittura a darmi dei soldi, e dovevo solo scegliere se buttarmi completamente in quella direzione o se lasciar perdere. Alla fine ho lasciato perdere per fare lo scrittore medico... ma appunto io sono di quelli con la testa nel mondo magico.

Altri miei amici fotografi fanno book per modelle, fanno matrimoni e poi magari nel tempo libero realizzano le loro cose creative e artisticissime, che forse venderanno e forse no.

Ok. Conclusioni: io sarò un idiota, però tutti questi artisti che lavorano come tali hanno le seguenti caratteristiche in comune:

- Sanno fare il loro lavoro per davvero: non è cioè che vogliono fare lo scrittore ma scrivono ignominie scritte male. Vogliono fare una cosa e - prima di tutto - sanno come realizzare un lavoro almeno decente. Ora mi diranno che le case editrici pubblicano cose indecenti, e vabbe': il discorso ovviamente è più complesso, ma di sicuro l'autore ha presentato all'editore qualcosa che rispondeva a certi requisiti. Che poi i requisiti siano a volte sbagliati o assurdi è un discorso che lascio ad altri: io se vi ricordate con la critica letteraria ho poco a spartire e non sono argomenti nei quali mi interessa tornare.

Di sicuro quando facevo il fotografo dovevo cogliere l'attimo (come diceva Bresson) e presentare immagini coi colori al loro posto e che non fossero tutte mosse e fuori fuoco. Se facevo foto ignobili poi aivoglia a lamentarmi che non mi pagavano!

- Accettano di non fare solo quello che gli piace: alle volte, se devi vendere qualcosa, questo qualcosa deve piacere a chi lo compra. Tutti i lavori sono così, più che mai i lavori in campo artistico che tutto sommato devono sottostare a questioni di gusti ed esigenze altrui.

- Sono innamorati del proprio lavoro, e rispettano il lavoro degli altri. Rispettano il lavoro degli altri lo ripeto, visto che troppa gente se lo scorda.

- Se non possono sopravvivere con il loro lavoro principale, cercano un lavoro in un campo analogo: lo scrittore lavora nell'editing. Il pittore lavora per associazioni culturali, mostre, gallerie, programmmi TV dedicati all'arte. Il fotografo lavora sempre con photoshop e grafica, e male che vada va a fare i matrimoni.

Nessuno, o quasi, che io conosca, si è tenuto il lavoro che gli dava più sicurezza piuttosto che buttarsi nel lavoro che gli trasmetteva la passione. Se volete fare il musicista, insomma, andate a fare il musicista porca troia! Non l'impiegato di banca.

- Non sono rimasti ad aspettare: sperando che arrivasse a cercarli qualcuno. Hanno visto dove conveniva andare, che cosa andava fatto, e si sono mossi. E che il tutto non portasse ai risultati sperati era una possibilità che hanno deciso di accettare.

- Quelli bravi, in genere, li pagano. E questa è una frase che mi ha detto un mio amico, e che purtroppo mi sa che è proprio vera: tante volte, chi si sente tagliato fuori o pensa che le strade siano semplicemente tutte chiuse a priori, è semplicemente un dilettante che non sa raggiungere il livello minimo richiesto per poter pretendere di essere retribuito.

Ma spero tanto che, questo amico, non si riferisse a me ^^.

Simone

09/09/10

Un momento difficile.

Di momenti difficili ne ho già passati alcuni, da quando sono partito con questa storia della seconda laurea.

C'è stato prima il test di ammissione, che mi ha portato a passare l'estate in un albergo in cima a un monte, in compagnia dei libri e di una comitiva di 18/19enni appena diplomati. Di Chimica e Biologia non sapevo un accidenti di nulla, per cui l'unico modo è stato quello di chiudermi in un posto lontano e studiare facendo l'eremita.

C'è stato il primo esame, o meglio il primo pezzo di esame di Anatomia 1: primo test dopo più di 10 anni dalla prima laurea, un foglio bianco su cui scrivere un elenco di nomi richiesti a memoria, una materia (come purtroppo tante a medicina) che si impara solo ripetendo e ripetendo all'infinito sempre le stesse pagine, e una tensione che non vi dico. Tra l'altro avevo avuto degli impegni con l'ufficio, per cui quella settimana è stata davvero, davvero pesante.

Poi Istologia che non sarà stata la fine del mondo, ma il primo esame andato male (con conseguente mese di Luglio finito a puttane ancora una volta sui libri) non è stato nemmeno il momento più bello della mia vita. Anatomia 2 che quasi non volevo neanche andarci (ho deciso la mattina alle 7!) e Anatomia 3, che la prima volta non ci sono andato davvero: tanto non mi ricordavo niente.

E domani ho lo scritto di Biochimica. Grazie a Dio non è Anatomia, ma resta un mattone pesantissimo ed è già la seconda volta che vado a provarci. Il problema non è tanto l'esame in sé, che prima o poi immagino di passare, ma il fatto che se mi bocciano di nuovo poi rischio di rimanere indietro.

Quando c'è il prossimo appello? Non si sa: forse a Dicembre, forse addirittura a Febbraio. E oltre a questo mi manca ancora Microbiologia, per cui andrei a iniziare il terzo anno con due esami arretrati.

Ora questo ci starebbe pure, se del tempo non me ne fregasse nulla. Invece sono due anni che passo i fine settimana a casa a studiare, che mi rovino le vacanze, che sto sui libri pure a Pasqua mentre gli altri festeggiano solo per non restare indietro e laurearmi appena lo consentiranno i tempi universitari. L'idea invece di non riuscire a farcela, di accumulare esame dopo esame e alla fine finire (se finirà) in 7-8 o anche 10 anni, mi mette davvero di cattivo umore.

Perché alla fine l'università è bella, è una fortuna studiare cose che ci piacciono, e le cose vanno molto meglio di quello che uno può credere sentendo racconti o guardando il telegiornale. Però per uno che qualcosa di suo l'ha già studiato e che ha degli interessi forti e precisi è anche una gabbia: una gabbia perché devi andarci quasi tutti i giorni, o tutti i giorni non puoi fare a meno di studiare qualcosa. Una gabbia perché il tempo tolto agli amici, alla famiglia o anche semplicemente a noi stessi non è detto che poi ci sarà ancora. Una gabbia perché puoi avere tutti gli interessi di questo mondo ed essere un genio della Biologia e della Medicina, però agli esami devi sapere a memoria le cose che ha deciso qualcun altro e non è detto - e anzi non succede quasi mai - che le stesse cose siano quelle che piacciono o interessano a te.

Nel tempo passato a memorizzare nozioni che non ci interessano, e a rileggere per la decima volta una parte che in testa non vuole rimanere, quanti trattati, resoconti, articoli importanti avremmo letto? Alle volte nello studiare sembra più di dover espletare una formalità burocratica che un modo per arricchirsi, per sapere, per capire più cose possibile. Certe volte sembra più di perderlo, il tempo, piuttosto che impegnarlo positivamente.

Ma va bene, sì, ok: probabilmente non è così. Probabilmente sbaglio.

E questo è solo uno di quei momenti difficili.

Simone

08/09/10

Segnalazione: H.P. Lovecraft e i giochi. Un ebook gratuito.

Quanti giochi sono stati ispirati dalle opere di Howard Phillips Lovecraft?
Quanti modi diversi ci sono per incontrare (a un tavolo) un Grande Antico (e sperare di sopravvivere)?
Si può ridere dei Miti di Cthulhu (e sperare di sopravvivere)?

A queste e molte altre domande risponde “L’influenza di H.P.Lovecraft sul mondo ludico” di Matteo Poropat, pubblicato nel 2007 sulla rivista Necro della Cagliostro ePress e nel 2010 su Studi Lovecraftiani della Dagon Press.

Integrato da numerose illustrazioni e chiuso da un articolo di Pietro Guarriello (direttore della Dagon Press), è ora disponibile in PDF e acquistabile in print-on-demand.

Alcuni dei titoli di cui si parla nel saggio: Call of Cthulhu, Shadow of Cthulhu, Arkham Horror, Mythos, Call of Cthulhu Collectible Card Game, Cthulhu Skirmish, Munchkin Cthulhu, Alone in The Dark, CthulhuMUD, Dark Corners of the Earth.

L’opera è disponibile a questo indirizzo.

Inoltre la versione in print-on-demand è acquistabile sul sito Lulu:

L'influenza di H.P.Lovecraft sul mondo ludico
Copertina morbida a colori
62 pagine, b/n, 6.5€

05/09/10

La verità, e la solitudine.

Questo post si ricollega al precedente, e nasce come risposta ai commenti di Ferruccio e Temistocle.

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Alle volte, in quello che uno scrittore sente di voler esprimere, o – per limitare il discorso a me stesso – in tanti discorsi che faccio sul mio blog, finisco col dire delle cose che, tutto sommato, possono risultare a volte spiacevoli e difficili da mandare giù. Questa cosa mi è stata fatta notare, e sebbene io volessi tanto fare lo scrittore divertente che fa svagare le persone, devo ammettere di essere abbastanza daccordo.

Soltanto, lasciatemi dire la mia: prima di tutto, non necessariamente dobbiamo lasciarci scoraggiare troppo facilmente. Credo che il sapere in maniera lucida e senza preconcetti come funzionano certe cose – e questo è un discorso che vale per tutto e in tutti i campi – è il primo passo per capire in che modo conviene agire e prendere finalmente in mano la situazione. Oltre a questo, io ho sempre creduto che si scriva, si parli e pià in generale che si viva anche per realizzare qualcosa di concreto e reale, e non semplicemente per perderci in noi stessi o addirittura per illuderci di aver realizzato chissà cosa, quando invece non è successo proprio niente. Se non diciamo la verità questa concretezza un po' si perde: chi di voi leggerebbe un libro di storia in cui si raccontano eventi mai accaduti? E quanto può valere un artista (oddio che brutta parola) o un intellettuale (ancora peggio!) che vi racconta cose che non sono vere?

Ma questo discorso immagino sia ovvio per tutti, e in fondo sto solo dicendo cose scontate.

Il guaio è che a dire la verità non è detto che uno si faccia poi tutti questi ammiratori, ed è vero che si rischia addirittura di restare soli. Appena ci si mette un po' a distanza dall'opinione e dai luoghi comuni della massa, può capitare di sentirsi trattare come lo scemo di turno. L'avere un'opinione, un atteggiamento, un aspetto o una mentalità diversa da quella del gruppo che tiene le redini non ti fa diventare il tizio speciale che tutti stimano e vorrebbero imitare, ma solo il rompiscatole che – tutto sommato – alla gente sta pure un po' sulle palle.

Però, nella vita di una persona, come di un artista o di un qualsiasi altro tizio di qualsiasi genere ed estrazione sociale, c'è anche la compagnia degli amici. C'è chi apprezza il nostro lavoro, c'è la famiglia, c'è anche chi ci capisce o che semplicemente non se la prende se non siamo proprio sulla stessa lunghezza d'onda.

Insomma, io penso di no: non bisogna allontanarsi da tutti per forza. Anzi. Se nella vita ho capito qualcosa, forse è proprio che restare soli è il primo passo per finire inchiappettati. In 10 contro 10 si può vincere o perdere, ma in 10 contro 1, poi 1 e poi 1 il risultato finale è più che scontato.

Io arrivo anche a pensare che - se ci sentiamo troppo soli - nel senso che la gente scappa via e non ci si fila davvero nessuno, allora è la volta che stiamo sbagliando qualcosa.

Ma di quest'ultimo punto non sono troppo sicuro, e dovrei pensarci ancora un po' sopra... magari in compagnia di qualche amico con cui discutere, e di un paio di birre gelate.

Simone

02/09/10

L'intellettuale per finta.

Tolti quelli che schifano qualsiasi cosa non porti un immediato rientro economico (cosa tutto sommato condivisibile) in molti hanno una visione un po' strana del ruolo dell'artista o scrittore o studente universitario che sia. Un'idea tutto sommato irreale.

Ma chiamiamoli tutti quanti intellettuali, così da far emergere la prima contraddizione: l'intellettuale, nell'immaginario poetico e invitante creato a tavolino da cineasti e commedianti, è uno che si sveglia la mattina ed esce di casa senza lavarsi o pettinarsi, ma che quando gli stai vicino profuma di rose e calvin klein n°1. E' uno bello, simpatico e intelligente, scherzoso e brillante nonchè colto e umile, e che quando ci parli dice cose interessanti e giustissime e che ti cambieranno la vita.

Eppure gli artisti intellettuali - quelli veri - sono spesso il contrario di quello che vorremmo essere, o ai quali vorremmo almeno assomigliare o avere come vicini di casa: Bukowksy era uno zozzo ubriacone, Leopardi un depresso insopportabile, Nietsche era antipaticissimo e le donne scappavano da lui a razzo (cioè, ragazze, non la date manco a N I E T S C H E: ma che cazzo volete?). Kurt Cobain si è tirato una fucilata, Einstein non sapeva allacciarsi le scarpe e quell'altro matematico del film famoso era schizofrenico e nessuno ricorda manco come si chiama.

Ancora: Freddy Mercury faceva le ammmucchiate in discoteca, Mozart era un coglione totale e Albert Schweitzer stava sempre immusonito e nella sua autobiografia dice tipo: sì, ho salvato migliaia di persone, ho vinto il Nobel e ho vissuto una vita piena. Però, tutto sommato, non sono mai stato realmente felice. Roba da volerlo conoscere di persona... ovviamente per mandarlo affanculo.

La cosa sulla quale poi non si riflette è che, almeno per mia esperienza, se uno dice che fa l'artista, studia, dipinge, scrive o lo prende in quel posto con stile (che volete? C'è chi ne ha fatto un'arte per davvero) poi non è detto che lo sia o lo faccia realmente. Quanta gente ho conosciuto che faceva l'artista, magari un'oretta al giorno. Eh, non ho tempo, è la scusa. Con quanti scrittori mi sono mischiato, per poi scoprire che scrittori non erano? Quanti filosofi, intellettuali, pittori mancati perché non ha mai abbastanza tempo nessuno! E allora? Non è che questo è il mondo delle capacità potenziali: o lo fai o non lo fai, e se fai finta non è proprio la stessa cosa.

Che poi, chiariamo: io sono solo uno studente che (raramente) scrive. Il mio ruolo di scrittore, ora come ora, è morto e sepolto e non sto qui certo a fare quello che se la tira. Scrittori veri tutto sommato forse nemmeno ne esistono, e vendere libri è solo una questione di marketing di oggetti cartacei. Forse, ho detto: magari un pizzichino di speranza ancora rimane.

Non perdiamo il filo: l'intellettuale artista per finta, dicevamo. Dedicare la vita allo studio, all'arte, alla ricerca, è un modo meraviglioso in cui scegliere di spendere il tempo che ci è dato da vivere sulla Terra. Eppure, quanta gente finge semplicemente di fare questa scelta? Per prendere una laurea ci posso anche mettere 20 anni. Per fare 4 foto in croce (?) c'è chi ci impiega una vita. Scrivere un libro pare un parto e poi per pubblicarlo - lo dico agli editori finti, che ci sono anche quelli - apriti cielo quanto è difficile! Vedo quadretti esposti da gente che dipingiucchia nel tempo libero senza aver mai letto un libro d'arte, cantanti che non studiano canto e professori che non sanno un cazzo della loro materia.

Ma certo, sì, la risposta posso darmela anche da solo: mica tutti hanno il tempo (aridaje) la forza e le possibilità di dedicarsi completamente alle proprie passioni. E questo è vero, verissimo! Se hai 40 anni, figli, moglie, parenti, mutuo e casini vari, è dura scappare dalla routine e dalla quotidianità per dedicarsi al sogno, alla cultura, allo studio.

Ma io mi rivolgo a chi invece questa scelta può farla, e un po' mi ricollego a quello che dicevo l'ultima volta: magari siete giovani. Magari potete ancora scegliere se e cosa studiare, o se dedicarvi o meno alla ricerca, alla scrittura o a chissà che attività assurda per la quale vi siete sempre sentiti trasportare. Magari potete semplicemente decidere di dedicarvi seriamente a quello che state facendo, invece di restare ancora lì a ciondolare e perdere tempo.

Davvero: se in molti vivono meglio, o anche bene in qualche paese fortunato come il nostro, è anche grazie a chi invece di ripetere quello che facevano e che avevano sempre fatto in molti, si è fatto un po' indietro e ha deciso di analizzare la situazione da una prospettiva nuova.

Certo bisogna avere le possibilità, ma forse più di tutto il coraggio, perché è una strada in salita dal primo all'ultimo giorno. Ma visto che queste possibilità oggi come oggi, almeno per alcuni, ci sono, se potete e volete farlo allora - vi imploro - fatelo. Il mondo ha bisogno di pensieri e di idee nuove, oggi più che mai che siamo in un periodo in cui sembra tutto destinato a cambiare, e la gente ha bisogno che qualcuno gli spieghi che accidenti sta succedendo.

Come rientro non avrete soldi, statue, targhe, premi, dediche o applausi: quelli sono i film o i libri stupidi, non le cose che succedono per davvero. Quello che avrete sarete voi stessi e - forse - un pochino di consapevolezza in più rispetto a quando avete iniziato. Tutto qua. Potrebbe bastarvi, sembrarvi moltissimo oppure apparire come una grossa e inaccettabile ingiustizia: ma alla fine nessuno vi obbliga a vivere in un modo oppure nell'altro, e la scelta dipende da voi.

L'importante, come dicevo, è che questa decisione sia la vostra e sia vera. E che - soprattutto - questa scelta non la facciate per finta.

Simone