16/07/10

L'ultimo calzolaio.

L'altra sera: tragedia.

Mi arriva un invito all'ultimo momento per una cena in qualche posto molto centrale. Indosso di corsa un paio di jeans, una polo, poi vado ad allacciarmi le scarpe e... strapp! Mi partono i lacci. Cioè me ne parte - nel senso che si rompe e mi resta in mano - uno soltanto, ma le scarpe sono comunque inutilizzabili.

Va bene, ok, ci sono cose più gravi nella vita, e il termine tragedia è stato forse un'esagerazione. Resta il fatto che con 39 gradi all'ombra sono dovuto andare in centro con le scarpe invernali, perché non avevo nient'altro di estivo che non fossero dei sandali o semplici scarpe da ginnastica. E visto che nei locali qui a Roma sono psicopatici, avevo paura che con quelle non mi lasciassero entrare.

Comunque sia sono sopravvissuto, e tra l'altro era un posto talmente scrauso che potevo andarci benissimo anche in mutande... col solo rischio che mi cacciassero via per essere troppo sexy. Il giorno dopo, ho deciso che le scarpe tutto sommato erano ancora nuove, e potevo limitarmi a cambiare i lacci. E così sono andato dal calzolaio.

Mi sono tornati in mente tutta una serie di ricordi di infanzia: il negozietto nel seminterrato, il signore anziano circondato da scarpe rotte (i calzolai erano tutti anziani anche 30 anni fa, sembra strano ma è così) l'odore del cuoio e le macchie di grasso che ricoprono ogni centimetro quadro di qualsiasi superficie, parete, animale o persona che rimanga lì dentro per più di 10 minuti. Se fossi un autore di fantascienza mi inventerei che il grasso in realtà è una specie di alieno sfigato che voleva conquistare il mondo insinuandosi nelle scarpe degli umani. Ma che poi è rimasto intrappolato nella bottega del calzolaio perché - per l'appunto - è sfigato.

Ma ora scrivo cavolate di tutt'altro genere, per cui vi parlo di cosa è successo davvero.

"Ce l'ha un paio di lacci come questo?" domando, tirando fuori da una tasca lo spezzone che mi è rimasto in mano il giorno prima.

Il calzolaio è un signore come già detto anzianotto. Quasi pelato, sovrappesissimo, faccia simpatica e l'aria di chi non ucciderebbe nessuno a sangue freddo, anche se passa tutto il giorno in un seminterrato lurido e buio. Io a queste cose ci guardo sempre.

"Di che lunghezza li vuole?" mi chiede, con un sorriso.

Serviva la lunghezza? Mi dico. Ma porc... !

Ok, velocizziamo: torno a casa, prendo l'altro laccio che è ancora intero, torno lì dal calzolaio e almeno qui sulla carta il problema è risolto. Ma nella realtà, è stata una gran rottura di palle.

"Lo voglio lungo uguale a questo" gli dico, dandogli il laccio stavolta integro direttamente in mano.

Il signore misura il laccio (e lo so che è brutto ripetere sempre laccio laccio laccio, ma non conosco alcun sinonimo da poter utilizzare. A parte stringa, che però non mi piace perché mi ricorda troppo qualcosa che ha a che vedere con la matematica). Poi va nel retrobottega, e inizia a frugare tra cataste di cordini di tutti i tipi.

Ce ne saranno milioni diversi: rotondi, piatti, rettangolari, quadrati, triangolari... e poi colorati, grigi, neri, beige (un colore simile al marrone che vedono solo le donne) a righine e a righette, a pallini e a stelline. Tutti i tipi di laccio di tutte le scarpe mai prodotte da un essere umano... tranne quelli delle mie, che invece erano diversi.

"Se vuole può prendere questi qui un po' più corti" mi dice il calzolaio, trafficando col contenuto di una scatola di cartone. "Basta che ci fa un nodo, taglia la parte che avanza, li gira sotto alla prima asola delle scarpe e ha fatto".

Mentre parla fa anche il gesto di annodare, tagliare e poi qualcos'altro che però non ho capito.

"Forse è meglio che prendo questi altri" dico, scegliendo tra i lacci già pronti un paio che più o meno assomiglia a quelli che cercavo io. "A fare questi lavori manuali sono un po' impedito".

"Non è che a fare un nodo ci voglia tanto" mi spiega il signore.

E questo lo so, è vero. Non ci vuole tanto, e penso che sarei tranquillamente capace. Però di star lì a provare e vedere che viene fuori - per un paio di lacci che costano due euro - tutto sommato nemmeno mi va.

"Ma questi che ho preso sono per il piede destro o per il sinistro?" domando, cercando di cambiare argomento facendo lo spiritoso.

Il calzolaio fa finta di non capire. O forse pensa che sono talmente idiota da dire sul serio, e lascia perdere.

"Comunque altri purtroppo non me ne arrivano" dice, tornando dietro al suo bancone. "Perché tra un po' chiudiamo pure".

Ma chiudiamo chi?! Sarebbe da chiedergli, visto che sta lì da solo in un negozio minuscolo. Poi però mi limito a pagare quello che ho preso, dopo di che saluto e me ne vado.

"E' stato davvero gentilissimo" dico, salendo le scale che portano all'esterno.

Mentre mi allontano, mi domando se mi ha detto che chiude per via delle vacanze, o se chiude - anzi chiudono - perché chiudono per sempre e basta. Certo di negozi di artigiani dalle mie parti ne sono rimasti pochi: gli affitti sono altissimi, e quante stringhe del cavolo devi vendere se pretendi di camparci pure? Sicuramente troppe.

Penso anche che forse non sono davvero troppo impedito per fare certi lavori, ma di sicuro sono troppo pigro per impararli. La cosa assurda è che tra un po' - un bel po' diciamo - avrò due lauree. E quasi tutti quelli che conosco hanno un titolo di studi di qualche genere, o comunque fanno un lavoro intellettuale.

Una generazione di programmatori, grafici, ingegneri, disegnatori, avvocati, commercialisti, informatici, consulenti, venditori e chi più ne ha più ne metta. Tutti stracolti e strapreparati, ma che se si rompe un qualsiasi aggeggio di uso quotidiano facciamo prima a comprarlo nuovo che a metterci sopra le mani.

E il fabbro, il calzolaio, il sarto, il falegname... che fine hanno fatto? Forse non servono più?

Decido che questa è una cosa della quale, forse, vale la pena scrivere: accendo il PC, trascino il puntatore, clicco col mouse, avvio programmi e poi digito sulla tastiera. Click click click click, migliaia di volte, senza quasi nemmeno un errore.

A guardarmi mentre sono al computer, qualcuno direbbe che sono bravissimo.

Simone

8 commenti:

Mirco ha detto...

Se tornassi indietro farei l'idraulico

Temistocle Gravina ha detto...

Ciao. Ti parlo da 'piccolo commerciante', poiché, dall'inizio dell'anno, faccio il 'cartolaro'. Quella in cui lavoro è una piccola attività, di quelle di una volta, che ha come un bacino d'utenza (mo' parlo come Marchionne!) il rione in cui abito.
Pur non avendo grandi spese di affitto -il bar dell'angolo deve sganciare 2.500 eurini al mese!- ho fatto il conto che ogni volta che alzo la serranda al mattino devo già togliere di tasca almeno 40€ solo per fitto, utenze e telefono. A queste devi aggiungere, come spese fisse, le tasse, la commercialista, spazzatura, altre spese e tasse comunali, spese bancarie varie (sono circa 300 euro a trimestre solo per tenuta conto, fido, ...!). Tutte queste cose le devi pagare con gli incassi della giornata e, se ti va proprio bene bene, a fine mese devi ricavare anche qualcosa per mangiare, vestirti, pagare le 'tue' tasse, ecc.. E stamane sentivo che a causa dei tagli della finanziaria i comuni metteranno un'ulteriore e non ben precisata 'tassa comunale'. Ora, più c'è disoccupazione meno soldi ci sono da spendere, e se si spendono meno soldi incassano di meno quelli che come me vivono fornendo un servizio non continuativo (senza stipendio a fine mese). Non sono un economista, ma ritengo che il tuo calzolaio, a meno che non abbia i suoi intrallazzi e/o compri sottobanco dai cinesi o dalla camorra, abbia molte ragioni a cambiare mestiere, se riesce a trovare qualche altro lavoro. Forse il fabbro, il calzolaio, il falegname, il cartolaro, servono ancora, ma servono vivi, e per vivere bisogna mangiare, vestirsi, poter fare una vita dignitosa e, oggi come oggi, spesso diventa impossibile in questa società fatta di berlusconi che cantano sul Duomo di Milano e papi (nel senso di pontefici) che dichiarano che ordinare una donna prete è un 'reato gravissimo'. Ho paura, ho tanta paura che siamo sull'orlo della catastrofe, economica e, soprattutto, culturale, e stiano facendo di tutto per coprirci gli occhi e spingerci giù.
Temistocle
P.S.: vedi che anche quando non parli di scrittura poni argomenti interessanti?

Simone ha detto...

Mirco: non è mai troppo tardi... poi puoi aprire il blog "l'idraulico emergente" e scriverci anche un libro sopra.

TIM: la situazione dei commercianti è allucinante, e l'unica è sperare che l'economia si riprenda un po'. Certo è che la vedo bruttina pure io, ma non sono così pessimista. Più che una catastrofe, la gente dovrebbe semplicemente svegliarsi un po'. Ma non nel senso di dare contro a qualche politico o istituzione: per me le persone hanno perso la capacità o la voglia di decidere per la propria vita e si lasciano prendere solo da mode e da imposizioni. Oddio come sono retorico, fammi finire va'!

Riguardo a quello che dici su di me, io sono conscio (quasi) di poter scrivere cose interessanti. E' che trovo difficile coinvolgere lettori, siti e quant'altro se non si parla sempre dei soliti argomenti letterari.

Per fortuna che ci sei tu, grazie! ^^

Simone

paroleperaria ha detto...

La tua esperienza mi ha fatto venire in mente il mio surreale incontro con un calzolaio l'altro giorno.
Qualche settimana fa ho comprato un paio di scarpe molto belle, da femmina, che però mi stanno larghissime (mi chiederai: perché le hai comprate?... quel giorno non mi stavano così larghe... boh, forse avevo i piedi gonfi!). Comunque, sono nuove, sono belle e non le posso mettere perché mi scivola fuori il piede. Allora sono andata da un calzolaio in un paese vicino casa mia... bottega piccola e buia, il tizio guarda le scarpe e mi dice "Guardi, io il lavoro lo posso fare, ma non mi verrà bene perché la mia macchina da cucire è vecchia e si vedranno le cuciture... le conviene andare in quell'altro posto... là si faranno pagare anche 20 euro. Comunque vada là, se non vuole pagare 20 euro, torni qua e vediamo di fare il lavoro meglio che possiamo, la faccio pagare 7 euro"... secondo te lo voleva il lavoro? :)

Simone ha detto...

Secondo me voleva il lavoro ma era convinto che ti saresti lamentata, per cui voleva mettere bene in chiaro le cose. Ma poi le scarpe come sono venute?

Simone

CyberLuke ha detto...

Prima di cominciare col mio inutile commento: rientro in una delle categorie da te citate ( grafico con stipendio sicuro a fine mese), ma ti assicuro che non sono strapagato (nessun grafico che io conosca lo è). ;)
Detto questo, il tuo calzolaio rotondo e anacronistico mi fa istintivamente simpatia.
Probabilmente la vita vera si trova rinchiusa in queste bottegucce in via di estinzione, o in quelle in cerca di sopravvivenza come quella di TIM il cartolaio un paio di post più in alto... Ma è come se, tutt'intorno, l'ambiente stesse mutando e costoro si ritrovano come dinosauri di un'altra era, ingombranti e sorpassati.
E chi può fare più simpatia di una specie sull'orlo dell'estinzione?
Lunga vita al tuo calzolaio dal sorriso gentile, e anche a quello - onesto - della Fra.
Ps: brava, Fra, che ti sei decisa a comprare scarpe "da femmina". ;)

Simone ha detto...

Cyber: non è tanto questione di stipendio o vita "vera" o non vera. Per me è strano che se da un lato abbiamo una preparazione immensa su strumenti e nozioni digitali e astratte, dall'altro lato di cose pratiche non capiamo un tubo.

E nel momento che certe cose ci servono, ovviamente, dobbiamo pagare qualcuno... sempre a trovarlo.

Simone

Dama Arwen ha detto...

In realtà il calzolaio è un lavoro assai richiesto proprio nel senso che quelli che ancora durano (a Milano non hanno crisi, ti assicuro, e non devono chiudere) son tutti anzianotti.
Non fossi un fuscellino di 45 kg alta 1.60 ci fare pure un pensiero ad apprendere il mestiere...