Vi spiego la neurologia: non ci si capisce nulla. |
Qualche anno fa ero convinto - un po' come la stragrande maggioranza degli studenti - che tra quinto e sesto anno di Medicina avrei passato la maggior parte del tempo nei reparti, con qualche esame piccolo di tanto in tanto per imparare quelle cose che ancora non si erano viste in dettaglio.
E invece stiamo ancora sempre a lezione. Cinque esami composti da dieci materie che ti caricano di libri, slide, appunti e fotocopie da assimilare in maniera veloce e confusa, mentre per mettere in pratica qualcosa bisogna inventarsi il tempo, trovare per conto proprio i docenti disponibili, e tirare fuori la forza di stare in reparto fino a tardi, rientrare a casa e poi ritornare all'università già la mattina dopo solo perché sì. Perché speri che un domani ti serva a qualcosa.
Se aggiungiamo che i tirocini che inizieranno a breve non promettono niente di eclatante (la mattina prestissimo prima delle lezioni per un'ora soltanto: arrivi, metti il camice, saluti e scappi di corsa a lezione) abbiamo un quadro piuttosto nero, e sinceramente non posso che dirvi questo: non vedo l'ora che questo semestre sia finito.
Quando studiavo ingegneria, avevo una visione dell'università simile a una galera dalla quale evadere al più presto, e piano piano anche medicina si sta trasformando nella stessa cosa. Sarà che il raffreddore che mi ha ghermito insieme alla pioggia interminabile di questi giorni non aiutano proprio l'umore, e probabilmente è un momento passeggero. E sarà anche che forse è proprio questa la sensazione giusta che ti porta alla laurea e - tutto sommato - è un bene che sia così. Se stare all'univesità ti piace tanto, il rischio è che non te ne vai nemmeno più.
L'altra sera sono andato in reparto sul tardi, che prima avevo un impegno. Era una nottata inspiegabilmente tranquilla, e mi sono fermato a osservare uno degli specializzandi che faceva un'ecografia a un paziente.
Era un signore nemmeno tanto anziano, sui settant'anni. Il suo problema è che i polmoni erano partiti, e piano piano si stavano portando dietro pure il cuore, e tutto il resto.
Stava in barella, abbandonato su un fianco e coperto solo da un lenzuolino di cotone. Gli avevano messo la mascherina dell'ossigeno, gli elettrodi per il monitor, il saturimetro al dito e tutti gli aghi e i tubi e i fili che potete immaginarvi di trovare addosso a qualcuno che è gravemente malato.
A un certo punto, lo specializzando gli ha premuto un po' più forte la sonda dell'ecocardiografo sul torace. Il paziente ha aperto gli occhi, e non capendo dov'era ha fatto un mezzo sussulto.
«Stiamo facendo un'ecografia» gli ho detto io, mettendogli una mano su una spalla.
A lezione è tipo una gara per chi si inventa il termine più astrusamente complicato e impronunciabile del mondo, ma poi quando spieghi le cose ai pazienti devi trovare parole più semplici... e non è che sia sempre così facile.
«Non le facciamo niente» gli ho detto, ancora. «È solo per vedere come sta il cuore».
A quel punto il signore ha tossito un po'. Mi ha guardato e ha detto qualcosa, ma tra la mascherina, l'ossigeno che sfiatava e fischiava e tutto il resto non c'ho capito un cavolo.
«Non ho capito!» gli ho chiesto, piegandomi verso di lui. «Come dice?»
Ma lui poverino mi sa che tutta questa voglia di parlare non ce l'aveva, perché gli mancava il fiato. Ha scosso la testa, e si è semplicemente limitato - credo - a ricopiare il mio metodo per comunicare con i pazienti nella mia veste di studente aspirante dottore: dire le cose in maniera facile.
«Grazie» ha detto.
E io vi giuro che ci sono rimasto. Chissà che credevo volesse chiedermi, e invece... niente. Solo grazie.
Semplice, e senza giri di parole.
Simone
13 commenti:
Secondo me il grazie di chi soffre è il senso della medicina. Ti ripaga di tutto e ti fa vedere le cose nella giusta prospettiva. È il motivo per cui sono diventata un medico.
Continua così, Simone. Faccio il tifo per te.
E.
Dai simo non ti scoraggiare, avrai 30 anni per fare pratica!
Matteo
E: grazie!!! :)
Matteo: ma non è tanto per la pratica... cioè se me ne stessi spaparanzato a non fare nulla mi starebbe benissimo! Il problema è tutta 'sta roba da studiare che è uscita fuori, una vera assurdità! :(
Simone
Hai ragione ma adesso che vedi un po di luce in fondo al tunnel non ti lasciare influenzare dalla fatica ultima che è anche la più dura.... Pensa al bene che faremo quando saremo medici. Ogni goccia di sudore fatta cadere sui libri potrebbe contribuire a far star meglio qualcuno un giorno.
Matteo
Mi sembra proprio che la teoria sommata solo e soltanto alla teoria ti stia proprio logorando… :-(
Ammiro tanto la tua voglia concreta di entrare in contatto con le persone per aiutarle, capire, imparare. Si aprono un monte di pensieri e riflessioni… trite e ritrite, eh… se sia "meglio" un medico che sa guarire tutto e tutti ma è freddo e asettico nei rapporti o uno che sa fare meno cose, ma è unamanamente perfetto nei rapporti coi pazienti… poi è vero che ne arrivano sempre così tanti, che se ci si fa carico emotivamente di tutte le sofferenze altrui se ne esce pazzi e un po' di pelo sullo stomaco ti rende più operativo nell'afrrontare le situazioni…
E poi, tu, non è che sei una donna sotto sotto? Con gli sbalzi d'umore per la fatica, il maltempo ecc… pare la sindrome premestruale!
(Ok dovevo chiudere con le mie perle idiote :-P)
Dama: meglio il medico stronzo ma che sa tutto... almeno per i pazienti. Io spero di essere quello simpatico che al limite chiede consiglio a un collega.
Pensa io invece ho sempre visto te come 'mascolina'... faremmo una bella coppia! :)
Simone
Beh, sceglierei anch' io il medico stronzo ma che sa tutto, magari lo prenderei a testate per farmi dire le cose, devo dire però che le nuove generazioni di dottori riescono a essere competenti e meno spocchiosi, a me è andata di gran culo! :)
Veronica
Il problema è che il "medico che sa tutto" non esiste e sempre meno potrà esistere in futuro, in compenso gli str.... Abbondano (e certo non solo tra i medici, ma per un medico o altro operatore sanitario che sta a contatto con il paziente è gravissimo). Inoltre persino il medico (ipotetico) che "sapesse tutto" in realtà saprebbe "tutto quello che sa oggi la medicina", quindi non moltissimo (basta vedere la frequenza di termini come "idiopatico"); anche limitandosi ai casi "decifrabili",con una certa frequenza saprebbe solo che non può fare molto, e persino dove "saprebbe di poter fare" spesso non lo saprebbe immediatamente (quante volte si va per tentativi?), ma str.... Lo sarebbe da subito e comunque. Quindi, consiglierei di fare quello che ho fatto io da farmacista, cioè intanto cominciare a fare quello che sicuramente posso: evitare di essere str.... Visto che ho a che fare con malati, poi a diventare bravissimo faccio sempre in tempo.
Valerio era una battuta non qualunquismo. Un medico dovrebbe essere sempre compassionevole e attento ai dettagli perchè ha di fronte delle persone che sono in posizione di svantaggio, sono malati, quindi più deboli, sia nel fisico che nella mente. Se fossi costretta a scegliere, cosa che fortunatamente non è successa, preferirei un medico che mi salva la vita senza troppe cerimonie piuttosto di uno che mi uccide per incompetenza ma tenendomi la mano. :)
V.
Si, anche io un po' ci scherzavo su, e la scelta tra il genio antipatico e l'incompetente empatico in realtà non esiste, era solo uno spunto per dire: cerchiamo di capire e comunicare con i pazienti (quello si può fare sicuro, basta volerlo) e poi facciamo del ns meglio per essere competenti.
Lo vedo tutti i giorni sul lavoro: certe volte i medici fanno un elenco di paroloni ai pazienti pensando di essere più chiari, quando invece basta dire: "hai questo, e devo fare quest'altro per migliorare la situazione". Ci vuole più semplicità, che ogni tanto si perde per strada...
Già. La gente li guarda con gli occhi di fuori... poi magari glielo spiegano a parole facili e non capiscono niente uguale. Cioè pure i pazienti alle volte... :)
Vero, però un grande medico americano (professorone e tutti i cavoli, se volete ricerco il nome) diceva: "la medicina non è astrofisica o quantistica applicata, non c'è nulla che con un po' di pazienza e al limite qualche approssimazione, che non cambia la sostanza, non possa essere spiegato all'uomo della strada".
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