21/04/13

Da ingegnere a medico: l'unione dei due, tre... o quattro mondi.

Super schemino gigante da stampare e portare in reparto. O all'esame.
L'immagine che vedete qui accanto sulla vostra sinistra, dimostra ciò che rimane delle abilità grafiche sviluppate nel corso della mia "carriera" di scrittore emergente autoprodotto online.

Per fare le copertine dei miei libri, l'impostazione grafica dei miei ebook, per editare le mie foto o sistemare i miei blog, ho imparato un po' per conto mio a barcamenarmi con photoshop e programmi di grafica vari. Che poi sono sempre photoshop, visto che non ne esistono altri.

E adesso non è che sia questo maestro, ma con una copia di Gimp (che è sempre Photoshop, ma in una sua copia spudorata e open source che si scarica aggratis) e un po' di immagini raccattate per la rete ho messo insieme un mega fogliettone miniaturizzato da stampare e portarmi nel taschino del camice.

Sul fogliettone come vedete ci sono un bel po' di quelle cose importanti per saper interpretare un elettrocardiogramma, ma che allo stesso tempo trovo difficili da ricordare: lunghezze limite di PR, QT e QRS. Aspetto a blocco di branca destro e sinistro. Emiblocchi di branca. Asse cardiaco. Localizzazione dell'arteria infartuata e sindrome di Wolf Parkinson White.

C'è anche la scala di Glasgow in alto da una parte, che con l'elettrocardiogramma non c'entra un accidenti. Ma visto che ogni tanto mi chiedono di valutare lo stato di coscienza dei pazienti, mi pareva utile portarmi dietro anche quella. E il giorno che riuscirò a ricordarla a memoria la toglierò per inserire al suo posto qualcos'altro... ma per il momento quel giorno è alquanto lontano.

E non pensiate che io mi voglia vantare di un prodotto medico-grafico tanto scadente (e soprattutto tanto copincollato da lavori di altri)! Ma proprio ieri è capitato di parlare proprio di questo con l'amico Luca Batman Dredd Magneto Morandi, e riflettendoci un po' dopo più tardi per conto mio ho iniziato a realizzare che - in fondo in fondo - forse  in tanti anni non mi sono limitato a saltare di palo in frasca da un settore lavorativo a un hobby fino a un nuovo percorso di studio, come invece alle volte mi sembra di aver fatto.

In fin dei conti l'idea di unire tanti schemi in uno spazio ridotto (e soprattutto allo scopo di studiare di meno) potrebbe definirsi ingegneristica. L'argomento trattato è strettamente medico, mentre le competenze necessarie a mettere insieme il tutto - anche se chiamarle competenze è forse un po' più in alto del mio reale livello - sono nate da un'esperienzsa di tipo puramente creativo.

E insomma, a un paio d'anni dalla fine di questo percorso (e dall'inizio del percorso che verrà dopo) mi trovo a riflettere: posso essere ingegnere - o - medico oppure è sensato, possibile e anzi per certi versi inevitabile, essere ingegnere - e - medico?

Sulla carta, e nel mondo puramente burocratizzato dell'università e dell'ospedale, certi accostamenti non sono previsti e la cosa non ha nessun peso e non è neanche vagamente presa in considerazione. Potremmo al limite vederla come uno svantaggio, se ci limitiamo a considerare che devo competere con persone molto più giovani di me.

Io stesso avevo abbandonato un po' tante cose già fatte, relegandole in un passato che alla fine dei conti non mi aveva mai fatto sentire una persona davvero realizzata. Adesso però inizio a pensare che quel passato potrebbe non essere così da buttar via, e che - col tempo - molte cose finiranno per convergere e tornare inaspettatamente molto più "attuali" di quanto non immaginassi.

Simone

3 commenti:

M. Affezionato lettore ha detto...

In una società dove vigono gli ultraspecialisti, le persone eclettiche e intelligenti si sentono spesso fuori luogo. Al contempo, è difficile arrivare a una sintesi dei nostri interessi e delle nostre potenzialità. Ad maiora,
M.

Simone ha detto...

M: è proprio difficile, hai ragione!

Eppure le specializzazioni, nei vari campi anche non medici, sono nate di recente. Prima lo "scienziato" o la persona "colta" lo era a tutto tondo, senza limitarsi a un solo aspetto della scienza.

Chissà se nello specializzarci ci abbiamo solo guadagnato, o se abbiamo anche perso qualcosa?

Simone

M. Affezionato lettore ha detto...

A mio giudizio abbiamo perso la capacità di guardare alla realtà come entità totale, sia essa il paziente, un fabbricato, un prodotto artigianale o qualunque altra cosa. Solo i particolari attirano la nostra attenzione. Il successo di social network dove si scambiano frasi e concetti estremamente corti sono anche il frutto di questa mentalità. Qualunque sia il settore lavorativo dove lavori,, uno specialista senza capacità 'generalistiche' rischia il paradosso di risolvere complicatissimi problemi per poi non saper cosa fare di fronte all'evento banale.

M.