04/08/13

Studiare dopo i 30 anni: da dentro a fuori.

Proprio uguale al mare dove vado io...
L'esperienza più difficile in ospedale l'ho avuta - credo - l'altro giorno.

In reparto arriva Stefano, un vecchietto di 80 e rotti anni che respira male, coi reni fuori uso, il cuore anche peggio e un'infezione di quelle che studi sul libro e pensi non si verificherà mai e invece, guarda un po', lui ce l'ha. Con lui la figlia che l'accudisce durante il giorno e che - prima di andarsene - viene da me.

«Io lo lascio in ospedale massimo una settimana» mi dice. «Non voglio che gli fate troppi prelievi, iniezioni e tutti quegli esami dell'ultima volta che è stato ricoverato».

Sua figlia ha le idee chiarissime, insomma: non si fida tanto dei dottori (e a maggior ragione non si fiderà di me) e non vuole interventi inutili e fastidiosi su suo papà e se le cose non si risolvono in fretta se lo riporta comunque a casa.

E però quando lei se ne va, nel momento che il vecchietto rimane da solo, succede che c'è da rivedere e aggiustare la terapia, come del resto è normale. E qua vi avevo messo tutta una descrizione di fisiologia, clinica, farmacologia e non so quanti altri esami di medicina condensati in un solo post, ma ho concluso che non ce ne frega niente a nessuno e passo semplicemente al fatto concreto: aiuto a dare la terapia a Stefano, e tra tutte le cose che deve prendere c'è una roba che quando te la iniettano fa un male cane e la storia finisce con Stefano poverino che si lamenta mentre io faccio quello che mi hanno detto di fare sentendomi - intensamente - una totale merda.

Che non fosse colpa mia e che era una cosa che andava fatta mi pare evidente. Però c'è questo terrore di fare più male del dovuto a qualcuno perché magari sbagli oppure hai capito male o perché semplicemente era meglio se lo faceva qualcun altro meno impedito di te. E probabilmente è necessario che uno si senta così, perché altrimenti farebbe solo casini. Però, ecco: la figlia che mi fa quel discorso, io che ce la metto tutta, ma alla fine... vabbe'. Suppongo che sia andata come doveva andare.

Il giorno dopo vado al mare, passeggio sul bagnasciuga e ci penso ancora, a Stefano. Mi chiedo se è migliorato. Mi chiedo se invece è morto, o se non è cambiato nulla e sta sempre come ieri, in quel letto d'ospedale. Mi domando se avrà detto qualcosa su di me a sua figlia, e mi chiedo quale sarà adesso la loro opinione sui medici, e su di me.

Le onde mi accarezzano i piedi, e in lontananza qualche barca che segue il litorale mi dà l'idea per un'ardita metafora, e per dire cioè che forse ho passato l'ennesimo giro di boa: ai primi tempi, durante i primissimi tirocini, quando vedevo la gente che stava male, avevo paura per me. Paura - che so - di svenire, di non reggere la tensione o di non ricevere un buon giudizio dai miei professori.

Adesso sto pensando a un paziente, e mi preoccupo di quello che sente lui e di quello che potrebbe accadergli. Il mio ruolo alla fine invece resta sempre lo stesso, e quello che devo fare è anche piuttosto scontato: le terapie del resto non lasciano molto all'inventiva personale, ci sono le linee guida da seguire e le cose da fare sono più o meno sempre le stesse. Ma il risultato sui pazienti, no: quello può variare. E quando varia in peggio, allora è lì che sta tutta la fregatura.

Riflettevo, proprio pochi giorni fa, su cosa fosse cambiato davvero in questi anni. Be', tante cose. Ma più di tutte quell'ansia, quella sensazione di incompletezza, di qualcosa di assolutamente fuori posto che avevo dentro di me e che mi ha spinto ha rimettermi in gioco, adesso è come se l'avessi proiettata al di fuori.

E lo so che suona più come il secondo stadio di una grave malattia mentale. Ma quell'idea di avere io qualcosa che non va, di aver sbagliato delle scelte nella mia vita, si è trasformata nel tempo nella sensazione che è il mondo in cui viviamo ad avere qualcosa che non va, a volte. E che insomma non sono io l'unica causa dei miei problemi, fallimenti e frustrazioni, ma che sono cose che fanno parte del gioco, della vita, dell'interagire semplicemente con le altre persone.

Un me stesso un po' più sereno, in un mondo un po' più cupo. Questo ho barattato con 5 anni di studio, più il prossimo che deve ancora arrivare. Non era questione di fare l'ingegnere e fare il dottore e decidere quale delle due fosse meglio, ma questo almeno per me era chiaro già da un bel pezzo.

Il sole mi scotta la fronte mentre guardo l'orizzonte con l'acqua che fa su e giù e il vento tra i capelli e i gabbiani e tutta la più scontata immagine del tizio che passeggia sulla spiaggia che potete farvi venire in mente. Raccolgo una conchiglia per sentire il rumore del mare, e così vi ci ho messo anche questa, che mancava.

Continuo la mia passeggiata, sentendomi per l'ennesima volta una persona diversa. Inizio a pensare al futuro, e a quello che mi aspetta dopo quest'ultimo anno di università. E mi rendo conto di non averne la minima idea.

Simone

21 commenti:

Nimbus ha detto...

beh, se cinque anni di medicina ti sono serviti a capire che è il mondo ad avere qualcosa che non va, facevi prima a farti una chiacchierata con me :)

Simone ha detto...

Eh, evidentemente io ho i miei tempi... come sempre molto lunghi :)

ThereseM ha detto...

Magari la conchiglia poteva suggerirti qualcosa per il futuro invece di far rimanere il tutto così misterioso un po' inquietante un po' speranzoso.

Le conchiglie sono delle stronze.

Ciao, buone passeggiate!

Simone ha detto...

Eh già! Pensa che la conchiglia nemmeno c'era e me la sono inventata per fare scena! :)

Simone

manti ha detto...

e stefano?

Simone ha detto...

I pazienti a medicina d'urgenza dopo un po' vanno nei reparti e non li segui oltre un certo punto. Io so che è sempre grave ma sta continuando la terapia, per cui speriamo bene...

Simone

Simone ha detto...

Ovviamente poi se parlo di un paziente magari non si chiama così o la situazione reale è un po' differente o ancora è un mix di doverse situazioni... insomma più di tanti dettagli non do mai!

Simone

Cecilia ha detto...

...ho notato che se vai su Google e scrivi "simone" e poi solo una "n" viene fuori "simone navarra" al secondo posto, solo dopo un certo "simone nicoletti".. ...non credo che sia solo il mio pc... ...credo che significhi che sei molto ma molto seguito...complimenti! sei famoso!!!

Simone ha detto...

Ahah non penso ci siano tanti Simone N. con delle pagine su internet! Famoso poi davvero speriamo di no!!!! :)

Anonimo ha detto...

sono qui sui libri- ci sto da almeno 3 mesi- a studiare per il test di settembre. Decisione presa a 23 anni dopo 23 anni passati a fare una miriade di cose senza nessuno scopo (tutte a caso, diciamo per capire quale fosse quella che volevo fare da grande). E mi ritrovo ora a pensare a cosa fare se a settembre non dovesse andare. Non ho piani B, non potrei vedermi a fare nient'altro se non il medico, non voglio sentir parlare di magistrali per la laurea che ho già preso né di triennali varie. Voglio fare medicina punto. Ma tu come gestisci gli altri? come gestisci quelli che ti dicono: sei giovane prova pure, ma dopo i 24 diventa troppo tardi? quelli che ti guardano dicendo "ma non vuoi andare a convivere"? certo che voglio andare a convivere, ma preferisco sacrificare questi anni sui libri per avere un futuro soddisfacente piuttosto che trovarmi un qualsiasi lavoro inutile solo per sopravvivere e poter essere indipendente. Io riprovo anche ad aprile se non dovesse andare ora, con tutti i soldi e tempo che ho investito sui libri non posso non riprovare, magari nel frattempo mi trovo un part time, ma non mollo al primo tentativo. Sono tantissimi anche coloro che mi reputano una nulla facente, una che piuttosto che lavorare preferisce studiare per un test d'ingresso. E' frustrante trovarsi nel limbo di quelli che aspettano di sapere cosa ne sarà di loro. Soprattutto avendo quasi 24 anni. Ma tu come fai? come fai a sopportarli?

p.s.: di fatica per questo test ne sto facendo moltissima, le materie del test non le ho MAI fatte in tutta la mia vita, nemmeno al liceo. Quindi sto tentando di farmi 5 anni di scientifico in poco più di 3 mesi...a volte mi sembra una battaglia persa.

Tu sei una grande fonte di ispirazione.

F.

Simone ha detto...

F. Ci sono tante persone che in effetti buttano un po' giù anche me. Vedrai comunque che nel momento che sei soddisfatto di ciò che fai e che le cose vanno bene i "detrattori" diventano molti meno. In fondo se pensano che non ti va di fare nulla e di impegnarti ne momento che gli dimostrerai il contrario cambieranno idea. Tanta gente ancora è sconvolta da chiunque esce dai canoni standard e non segue la strada che seguono tutti. Se ti danno così tanto fastidio pensa più a trovare una tua sicurezza e meno a giustificarti con gli altri!

Simone

Nimbus ha detto...

Io a 23 anni pensavo che era troppo tardi, adesso che ne ho 29 mi pento di non aver provato allora :) vai tranquillo e fa' ciò che vuoi, la gente è sempre pronta a farsi i fatti degli altri, il più delle volte con pessimi intenti ;)

Anonimo ha detto...

Ho una sorella di 32 anni laureata in tecniche erboristiche e attualmente frequentante farmacia.Vorrebbe cambiare vita,lasciando perdere il resto iscrivendosi a medicina.la vedo perplessa e chiede consiglio a me su cosa fare,anche se è affascinata tantissimo dal mondo della medicina se fosse solo per quello cambierebbe subito
..puoi a tua volta dirmi qualcosa a riguardo? grazie!

Simone ha detto...

Anonimo: perplessa o indecisa? Da tecniche erboristiche perché è passata a farmacia se ora vuole fare medicina? Cioè è strano e ci dedicherò un post, perché sono tantissime persone che sono in una situazione simile: insoddisfatte, passano a un'altro progetto futuro o di lavoro o di studio però in realtà ne desiderano un terzo. Perché non puntare subito a quello che si vuole?!

Comunque credo che dovrebbe capire che fare medicina è un impegno grosso che le riempirà gran parte della vita nei prossimi anni, e che alla sua età questo avrà delle conseguenze. Ma se se la sente e può farlo... perché no?

Simone

Anonimo ha detto...

"quell'idea di avere io qualcosa che non va, di aver sbagliato delle scelte nella mia vita, si è trasformata nel tempo nella sensazione che è il mondo in cui viviamo ad avere qualcosa che non va, a volte. E che insomma non sono io l'unica causa dei miei problemi, fallimenti e frustrazioni, ma che sono cose che fanno parte del gioco, della vita, dell'interagire semplicemente con le altre persone"

Questa cosa è successa anche me, uguale, uguale...sarò anch'io al secondo stadio di una grave malattia mentale?!! Una volta mi sentivo "sbagliata", facevo le scelte controcorrente, mi sentivo diversa io, fuori posto e mi davo la colpa. Adesso invece sono arrivata alla conclusione che è proprio il mondo fuori che non funziona, comprese molte delle persone che le abitano e con cui ci tocca interagire. E sono arrivata a questo nonostante una lunga psicanalisi su me stessa, conta che la psicanalisi cerca di trovare il problema nel tuo mondo interno, "di non proiettare fuori", ma di sistemare il proprio orto interno. Il mio analista non sarà molto contento di sapere che vedo il problema nel "fuori", eppure...eppure è così! Io faccio il mio, percorro la mia strada eppure spesso e volentieri vengo attaccata. Attaccata perché non segui gli standard, ma hai un percorso più tuo, che quindi mette in discussione.

Simone ha detto...

Secondo me il percorso personale può essere anche capire cos'è che ti dà problemi e magari accettarlo... cioè bisogna trovare il giusto rapporto con la realtà, ecco :)

Simone

Anonimo ha detto...

Ciao....anch'io in questo periodo mi ritrovo a pensare al mio futuro senza avere la minima idea di quello che sarà anche se la mia storia è un pò diversa dalla tua... perché è la prima volta che penso all'università e perché, dopotutto, credo di avere l'incoscienza dei diciottenni che non sanno davvero cosa vogliono a questa età. Ti scrivo questo (ma probabilmente avrai di meglio da fare che leggere questa pappardella) perché mi sento confusa e confessarsi dietro un computer in quasi anonimato è semplicemente molto più semplice che parlarne anche con chi ti è più vicino.Sono circondata da tantissimi ragazzi che vogliono diventare medici ed è proprio questo che mi ha fatto riflettere sulla mia scelta. Il punto è che molti di questi ragazzi sono davvero cattivissimi, persone insensibili che prendono in giro la gente, che giudicano e che ti ucciderebbero per stare sempre al primo posto e che hanno il pregiudizio che medicina è semplicemente la facoltà migliore di tutte, che chi fa medicina è un dio disceso sulla terra, che fare medicina ti assicurerà davvero un lavoro e tanti soldi.E la mia paura è che forse io sono davvero come loro.Chissà, forse è patetico parlarne quando ancora non hai superato il test e non sai se riuscirai a superarlo ma io, prima di tutto, ho bisogno di sapere che voglio studiare medicina non per le ragioni di tutti gli altri ma per ragioni più profonde e più nobili perché sono quelle a cui ripenserò quando mi rimetterò a studiare. Io ho bisogno di sapere, fin da questo istante, di quelle motivazioni che in qualsiasi momento, anche negli sconforti più totali ti spingono ad andare sempre avanti, anche quando non ci riesci, anche quando tutto va storto ma per esse ti dici che puoi sempre riprovarci perché c'è sempre tempo per le cose che per te sono realmente significative ma circondata da persone competitive che sperano solo che tu cada sempre più in basso mi sento arrabbiata, paralizzata e incattivita come tutti gli altri.Non so bene perché ho voluto scriverti tutto questo forse perché è più facile dirlo a chi non hai mai visto o forse perché dopotutto tu che , ne sono certa, te ne sei fregato di chi ti diceva che era troppo tardi per fare quello che volevi, tu quelle ragioni l'hai trovate. Si può essere davvero sicuri di quello che si vuole a soli 18 quando si è ancora così giovani e incompleti?

Virginia

Simone ha detto...

Virginia: a 18 anni non si può essere sicuri di niente. Ma è anche vero che hai tutto il tempo di provare, di fare i tuoi errori e di aggiustare il tiro.

Vai e prova il test, e poi vedi se ti piace davvero questa facoltà e se le tue motivazioni sono abbastanza forte. Non ti preoccupare delle persone competitive e arriviste, quelle le trovi ovunque non é certo un'eslcusiva dei dottori! :)

Simone

Anonimo ha detto...

Grazie per aver avuto la pazienza di leggerlo tutto! =) Io, però, non credo che l'arrivismo e la competizione siano esclusiva solo dei medici o dei futuri medici né penso che i medici dovrebbero essere una specie umana a parte priva di difetti(sarebbe discriminazione, no? hahah)..è solo che molti giudicano la vita solo in termini di titoli o di successo personale e se fallisci non sai mai come ti potrebbero vedere dopo ( si, ok è stupido pensare al giudizio degli altri) ed è questo che fa paura e mi rattrista un pò. Forse sono solo mie fissazioni mentali e potrei sembrare vomitevolmente patetica ma non fa niente. Mia sorella fa medicina e sembra felice, io seguirò il tuo consiglio e a questo punto Dio solo sa come andrà a finire! :D

Virginia

Simone ha detto...

In bocca al lupo! :)

Anonimo ha detto...

Crepi il lupo! =D Grazie, sperando che la paura inconscia di non riuscire a soddisfare le aspettative non mi paralizzi nello studio come gia' un po' sta facendo ora hahahah preghero' per questo. E tanta, tanta fortuna anche a te e a tutti i paurosi come me :)

Virginia