13/01/10

La storia di me e Francesca.

Ho conosciuto Francesca attraverso un editore: lei faceva la valutatrice di testi, e - caso più unico che raro - ha scritto un breve commento su un libro che avevo proposto per la pubblicazione. Del mio romanzo, ha detto che era tutto sbagliato, ma che riscrivendolo completamente da capo sarebbe stato (forse) un tantino meno illegibile. In ogni caso - trattandosi di una storia di fantascienza - ogni speranza di pubblicazione con loro sarebbe stata da abbandonare a priori.

In qualche modo mi ha affascinato, Francesca: ho immaginato questa ragazza che leggeva il mio libro a letto, mentre la luna dalla finestra socchiusa sfiorava la sua pelle dorata lasciando intravedere, che so: una terza, una quarta o magari addirittura una quinta di reggiseno. E come potesse leggere al buio non ne ho idea. Ma così me l'immaginavo, e così avrei voluto incontrarla.

Mi dissi allora che dovevo conoscerla. Nell'aria c'era una sensazione strana, come se stesse nascendo qualcosa d'importante: non era solo un caso, se il mio impubblicabile libro ci aveva uniti. Era di sicuro destino.

Decisi di partecipare a un evento organizzato dall'editore per cui lavorava, sperando di incontrarla lì. Era la premiazione di un concorso, di quelli in cui mandi un racconto, e se vinci ti fanno la raccolta col racconto tuo insieme a quelli di altri 20 aspiranti scrittori che nemmeno conosci e che non leggeresti nemmeno morto. Quello che hai scritto tu, però, risalterà sicuramente nel gruppo.

Mi ritrovai insomma in una sala così stracolma di gente, che non riuscivo nemmeno a spostarmi di mezzo metro. Pareva che tutti gli scrittori di Roma avessero partecipato a quella selezione, o magari anche quelli delle zone limitrofe, e che si fossero portati appresso ogni singolo e altrimenti dimenticato parente. Ma a me non importava nulla di quegli autori e dei loro racconti, perché in fondo alla sala c'era la donna più meravigliosa che avessi mai visto:

Altissima. Dei capelli neri stupendi e luminosi, che le scendevano dietro alle spalle come il mantello di un'amazzone. Aveva un trucco leggero messo con mano d'artista, un vestito scuro che l'avvolgeva lasciando immaginare un po' tutto, e sotto dei tacchi a spillo da far girare la testa. Profumava di passera a 20 metri di distanza.

Dev'essere lei! Mi dissi, spingendomi avanti tra la folla. La gente era ammucchiata peggio che sotto al palco del Primo Maggio. Lo sapevo che era destino.

Con una naturalezza da lasciare sbalorditi, la donna più bella del mondo si accostò a un microfono che era sul palco, e iniziò a parlare.

«Benvenuti a tutti i nostri scrittori» disse, con un sorriso da svenire.

A quel punto il pubblico scoppiò in un boato, e mi sentii spingere da tutte le parti. Ma forse credo che comprimere sia una parola più adatta.O schiacciare, se non - ancora meglio - ridurre in poltiglia.

Dopo qualche altra parola di presentazione, la donna disse qualche ovvietà sulla scrittura e poi iniziò a declamare un elenco di vincitori scelti in seguito a un'accurata e severa selezione (non erano di fantascienza, immagino). E i presenti - famiglie e accompagnatori vari compresi - andarono in delirio.

Mi ritrovai intrappolato senza possibilità di fuga nella massa di scrittori romani. La mia futura sposa faceva l'appello come se fossimo in classe, e la gente si agitava e saltava e applaudiva come se avessero vinto il superenalotto. Ero sballottato di qua e di là, e non riuscivo più ad andare avanti.

«Pierpaolo Paolini, col racconto: il triste sospiro che c'è nel mio cuore di persona sola» disse il mio amore predestinato.

E via tutti di applausi, grida, e calci negli stinchi a me.

«Alberto Muoravia con: morte di un impiegato che ha fatto per 30 anni un lavoro che odiava ma che non ha avuto le palle di cercarsene un altro» continua la donna. E poi ancora «Luciano De Crescienzio col suo: racconto privo di stimoli».

Ma quanta gente aveva vinto quel cavolo di concorso? Non finivano mai. La mia fidanzata innamoratissima continuava a sciorinare nomi, e a ogni vincitore seguivano altre urla, altre ovazioni e un sacco di altre botte che non credevo di meritarmi. Iniziai a pensare che avessero vinto tutti. Quanta gente c'era lì dentro? Migliaia, milioni forse di scrittori emergenti in un'unica raccolta di infinite pagine, e tutti si erano portati appresso mogli, figli e passanti raccattati per strada, col solo scopo di darsi delle arie e calpestare a morte me, che non c'entravo niente.

Quando il panico stava ormai per portarmi via, grazie a Dio la premiazione giunse al termine.

«Grazie a tutti per avere partecipato» concluse la voce soave che pensavo già di conoscere da sempre. «Ci vediamo alla prossima antologia, tra sei giorni!»

Ultima ondata di urla scalmanate e poi, d'improvviso, la pressione sulle mie costole iniziò ad allentarsi. Piano piano gli scrittori presero a defluire lontano, forse per rintanarsi in qualche buio pertugio dove comporre altre storie pregevoli e degne di comparire in una nuova raccolta. E io - finalmente - riuscii a raggiungere il mio obiettivo e crollai di peso davanti a quella donna stupenda: avevo il fiatone, e il cuore mi batteva come una macchina mangiadocumenti (tanto per rimanere in tema editoriale). I miei occhi indugiarono per non più di qualche secondo sulla meritevole scollatura, e poi si tuffarono nei suoi: scuri, lucenti, tanto meravigliosi da perdercisi dentro.

«Sei Francesca?» gli domandai, felice solo a parlarle. Ora il destino si sarebbe compiuto: ci saremmo baciati con una passione ancora mai scoperta, poi me la sarei portata a casa, e...

Ma lei scosse la testa, rovinando un po' tutta la scena che m'ero figurato fino a quel momento.

«Veramente no» disse. «Francesca oggi non c'è. La trovi la settimana prossima, quando faremo una presentazione».

Lì per lì, per circa due o tre secondi, ci rimasi anche male. Non era la mia Francesca, era solo una tizia che stava lì. Un'altra, non lei. Poi per qualche ragione il mio cervello tornò sul pianeta Terra, e mi suggerì le seguenti parole: ma sticazzi di Francesca! Provaci con questa qua, che è pure bona.

«Io mi chiamo Simone» dissi allora. «È un po' che seguo la vostra casa editrice, per cui ho voluto partecipare a una delle vostre serate».

«Ah, bene. Ottimo!»

Lei pareva contenta. Sorrideva. I suoi occhi continuavano a farmi impazzire, e aveva un profumo buonissimo che mi faceva girare la testa. E pure quell'idea di portarmela a casa non era niente male.

«Io sono Veronica» mi disse lei, porgendomi la mano. Era morbida, liscia, delicata. «E sono la moglie dell'editore».

Ugh. Pensai io. Ma che razza di sfiga!

«Che è lui» concluse Veronica, indicando alla sua sinistra.

Mezzo metro dietro di lei, in qualche maniera mimetizzato sui gradini del palco, un tizio giovane e dall'aspetto elegante guardava nella nostra direzione. In particolare nella mia, direzione. E aveva - chissà perché - un aspetto vagamente infastidito.

«Piacere» gli dissi, facendo segno di ciao con la mano.

Poi mi rivolsi nuovamente a Veronica.

«Ora purtroppo però devo andare, che è tardi».

«Ciao» disse lei, tutto sommato divertita dalla palese evidenza di quello che era accaduto.

«Ciao» concluse il marito, sempre un po' sul poco socievole. E sempre chissà perché.

E sempre ancora di nuovo chissà perché, con quell'editore non pubblicai mai niente.

Rimase il fatto che ormai mi ero fatto i film in testa con questa cavolo di Francesca, e dovevo per forza conoscerla. Così la settimana seguente andai a quella benedetta presentazione, stavolta accompagnato da Massimo, un mio amico.

«Ma ci credo che la moglie dell'editore è una bona» fu il suo commento al mio racconto della serata precedente. «Che ti aspetti, invece, da quella che corregge le bozze?»

In effetti, ognuno frequenta i propri simili. E pure voi: che vi aspettavate da Massimo, dopo aver conosciuto me?

Alla presentazione c'era sempre una calca mostruosa. Stavolta però il locale era più grande: ci si poteva muovere con più facilità, e ritrovai subito Veronica.

«C'è Francesca?» le chiesi, assicurandomi che il marito non fosse nelle vicinanze. E lei, con un cenno di assenso, mi indicò un angolo della sala

In un cantuccio del locale, c'erano sei o sette ragazzi. Dovevano essere quelli che rivedevano i testi. Quelli che contattavano gli autori, e che scrivevano le schede di valutazione. Quelli che - tutto sommato - i libri se li leggevano davvero, e poi scrivevano pure i commenti a chi glieli aveva mandati.

Mi feci avanti, mentre il cuore iniziava a correre un po' troppo forte, e tra un ragazzotto ciccione e untarello, e un piccoletto vestito talmente male che pareva l'avessero appena picchiato - finalmente - la vidi. Era lei, la ragazza che aveva commentato il mio romanzo. La persona sulla quale avevo fatto tutti quei sogni. La donna del mio destino.

E, mannaggia alla porca miseria, era davvero un cesso inguardabile.

Stava lì in compagnia dei suoi amici goffi e trasandati. Credo che stessero discutendo di qualche filosofo morto impiccato, o forse dell'ultimo romanzo di qualche autore di uno stato sovietico ormai scomparso, e che conoscevano soltanto loro.

«Ciao» le dissi finalmente, fermandomi davanti al loro tavolo.

Francesca interruppe la conversazione per voltarsi verso di me. Aveva i capelli spenti, il viso di chi dorme poco, la pelle un po' pallida senza nemmeno un filo di trucco. Andai alla ricerca di un barlume di fascino nel suo sguardo, ma trovai soltanto un po' di disappunto per essere stata interrotta.

«Io sono Simone» spiegai. «Abbiamo parlato via posta elettronica. Tu hai fatto la critica di un mio libro, e io ti ho risposto».

A quel punto lei parve riaccendersi, e annuì con aria convinta.

«Mi ricordo di te. Mi sei rimasto impresso

«Davvero?»

«Ma certo» spiegò. «Di solito gli aspiranti scrittori sono convinti di aver scritto qualche capolavoro, e come qualcuno prova a criticarli si offendono a morte. Tu, invece, sei l'unico che ha risposto alla mia scheda di valutazione senza insultarmi».

«È vero!» confermai. «Io però penso che ognuno è libero di dirmi quello che pensa del mio lavoro. Poi magari non gli do retta, ma non è che me la prendo».

Appena terminata la frase, mi resi conto del mio gravissimo errore: ma che mi era venuto in mente? Avevo appena sottointeso che dei suoi stupidi consigli non poteva fregarmene una mazza. Ma se al mondo c'è qualcuno più permaloso degli scrittori emergenti, questi sono proprio i critici letterari! Infatti Francesca fece una mezza smorfia, e tornò a voltarsi verso il suo amico ciccione.

«Secondo me» gli disse, riprendendo la conversazione interrotta. «I vecchi film di Star Wars sono più comunicativi se visti in VHS, mentre la rimasterizzazione digitale in DVD finisce con lo snaturare l'idea originale del regista».

A quel punto, incrociai lo sguardo di Massimo.

«Non è andata» mi trasmise lui quasi telepaticamente, stringendosi nelle spalle. «Ma tanto era antipatica. E poi, soprattutto, era un cesso».

Così ci allontanammo dalla comitiva dei redattori, e restammo un po' in giro per il locale a seguire la presentazione e a bere qualcosa. Poi, quando stavamo già meditando di andarcene, presi la mia decisione.

«Comunque il numero provo a chiederglielo lo stesso» spiegai all'amico che stava con me. «Poi magari ci vado daccordo, e vedremo come vanno le cose».

Stavo proprio lì lì per partire come un treno, quando Massimo mi placcò saltandomi letteralmente addosso.

«Ma che cazzo fai?» disse, tirandomi via per le spalle. «Ma che sei scemo

«Non è così brutta, dài. E abbiamo un sacco di cose in comune».

«A Simo': quella non si può vedere, è davvero inguardabile. E poi è una rompicoglioni che parla solo di libri e che se la tira pure. Non hai visto?»


«Ma almeno ci posso provare!» mi lamentai, mentre lui mi trascinava fuori dal locale, fin dentro la macchina.

«Ma che vuoi provare? Tu non l'hai vista bene, oppure te sei rincoglionito».

E con quella frase il mio amico chiuse il discorso, ingranò la marcia e mi portò verso casa. Lontano dall'editore, lontano dal popolo degli scrittori emergenti, lontano dai lavoratori editoriali stanchi e sottopagati e - soprattutto - lontano da Francesca.

Adesso, quando ripenso a questa storia, mi dico che forse il destino esiste davvero, e che ho fatto male a non tornare a parlare con lei. Forse io e Francesca saremmo andati daccordissimo: uno scrittore e la sua assistente, pronti ad affrontare il mondo con la forza dell'amore e della critica letteraria.

Saremmo stati felici, noi due insieme. Forse. E invece ho dato retta a Massimo: sono scappato via, e ora tra me e lei non esiste altro che un vuoto incolmabile. Non riesco più neanche a immaginare il suo volto, o come fosse fatta fisicamente. E confesso che anche Francesca è un nome inventato, perché non ricordo più nemmeno come si chiamava.

Ma invece Veronica, stranamente, me la ricordo benissimo.

Simone

30 commenti:

sgerwk ha detto...

Uhahahahah!

Mi hai fatto scompisciare!
Bellissimo!

(ma e' vero o e' un racconto?)

Simone ha detto...

Wow, non credevo sinceramente che qualcuno riuscisse a leggerlo tutto! ^^

Comunque è vero al 90%. Ovvio che la situazione e le persone le ho un po' cambiate, perché magari è brutto se qualcuno si riconosce e magari se la prende. Anche se tutto sommato il personaggio che ne esce in maniera "peggiore" mi sa che sono proprio io ^^.

Simone

Angelo Frascella ha detto...

Che ridere!

Secondo me hai fatto bene a lasciar perdere.
Certo Tom Hanks con Meg Ryan insiste nonostante l'approccio antipatico di lei dal vivo... ma lei è Meg Ryan :)

Unknown ha detto...

Bel raccontino! Vero o meno è scritto bene e mi ha fatto ridere un casino, soprattutto quando celi il tuo vero io, nascosto sotto la scorza del duro scrittore, rivelando le tue passioni più basilari.

Meequi ha detto...

Ahahahaha stupendo!
Ci rivedo un po' le mie situazioni, solo che la tua è più bella (a livello letterario) ^^

Ora che hai detto che è vero al 90% vorrei saper qual è quel 10% inventato, ma non me lo dire, voglio star sulle spine :)

Unknown ha detto...

Carino :-)

Il mio sogno è quello di trovare un'editrice single, bellissima, con una bella terza (la mia misura ideale), magari un po' ninfomane, ma soprattutto che ami a dismisura ciò che scrivo :-)

Finora nel mondo editoriale di fi.. ne ho vista poca.

Ehm...
Come non detto, eh!

Anonimo ha detto...

Ahahaha!! Anche io mi ci ritrovo nel tuo racconto... è una storia vera? In ogni caso è raccontata molto bene... perchè volevi tornare se era cessa?

Mirco ha detto...

finalmente un post degno del tuo umorismo :)

Nymphe ha detto...

Qualche ora fa, scrutando gli scaffali della mia libreria preferita, mi è capitato tra le mani Io scrivo. Incuriosita ho preso a leggere le prime righe e... non riuscivo a smettere di ridere! Giuro: se fossi un'editrice non esiterei a pubblicarti.
Post molto divertente e, consolati: Francesca non ti merita :)

D.

Nymphe ha detto...

A proposito (una dimenticanza): mi sono permessa di linkarti sul mio blog di Splinder, spero non ti dispiaccia :)

D.

Simone ha detto...

Angelo: magari con Meg me la sarei tirata di meno pure io! ^^

Matteo: il mio vero io, purtroppo, temo sia incelabile.

Meequi: le situazioni un po' di tutti, credo.

Alex: tu cerca. Che ami quello che scrivi non è impossivile, la terza poi non è questa ricerca utopica... insomma ce la puoi fare!

Shuzzy: come sempre, una storia (quasi) realmente accaduta ^^.

Mirco: grazie. In effetti alcuni post sono stati un po' meno divertenti, o riusciti. Credo che con la pratica si migliori, anche quando si decide di cambiare un po' genere.

Nymphe: grazie, è bello incontrare anche qualcuno che mi "trova" in libreria. E linka quanto vuoi!

Simone

L ha detto...

Credo di aver capito di chi parli: il cognome della moglie dell'editore è Lario, e l'editore vuole dare l'impressione del giovane, ma non lo è più di tanto.

Ariano Geta ha detto...

Se posso darti un consiglio: diventa tu editore, così poi ti sposi la Veronica di turno e se ti gira ti trombi la redattrice freelance Francesca (un po' meno cessa) in cambio dell'assunzione a tempo determinato con stipendio ridicolo...

Glauco Silvestri ha detto...

Bel racconto.

Comunque avevi l'email di francesca e avresti potuto tentare un approccio telematico senza essere "disturbato" dall'amico, no? :-)

Ferruccio Gianola ha detto...

Ehi, davvero grazioso.

Simone ha detto...

L: allora sì che starei inguaiato!

Ariano: effettivamente, il mio progetto è proprio quello.

Glauco: credo che mi abbia salvato, il mio amico! ^^

Ferruccio: grazie!

Simone

Luca ha detto...

"un concorso, di quelli in cui mandi un racconto, e se vinci ti fanno la raccolta col racconto tuo insieme a quelli di altri 20 aspiranti scrittori che nemmeno conosci e che non leggeresti nemmeno morto. Quello che hai scritto tu, però, risalterà sicuramente nel gruppo."
Hahaha grande Simone!!! :D

CyberLuke ha detto...

Questo potrebbe essere il capitolo introduttivo di un nuovo romanzo... una cosa tipo "Come non diventai mai Giorgio Faletti", o una cosa così. :)

sgerwk ha detto...

Quoto Cyberluke... se tutti gli altri episodi sono cosi' ci sara' da ridere.

Simone ha detto...

Luca: grazie!

Cyber: ci si può pensare. Ma per ora mi trovo meglio con "episodi" autoconclusivi. Per un romanzo vorrei sempre tenermi su qualcosa di meno autobiografico... ma comunque è un'idea.

Sgerwk: ok, ci penso ho detto! ^^

Simone

Valery ha detto...

Praticamente hanno commentato solo gli uomini!lol

Però devo porprio dirlo...sta' Francesca è proprio un mito!
ciao^_^
Valery

Roby ha detto...

Un post un po' lungo ma divertente: grande Simo!

La Zia ha detto...

"profuma di passera"

ora andrò a dormire con questa frase che non mi esce dalla testa!
schifus.

La Zia bigotta.

Simone ha detto...

Valery: credo che le donne abbiano reagito un po' tutte come la zietta ^^.

Roby: infatti pensavo che non l'avrebbe letto nessuno!

Zia: lo sai, fino all'ultimo ero indeciso se cancellarla o lasciarla! Ma credo rendesse bene i turpi pensieri del personaggio di cui vi parlavo. Chissà se esiste davvero gente così... ? ^^

Simone

Maura ha detto...

"profumo di passera" è un po' stonata come espressione, in effetti, in un contesto piuttosto ben scritto.
IMHO.

paroleperaria ha detto...

:)) carinissimo!!! mi è piaciuto un sacco! :))

Temistocle Gravina ha detto...

VERY VERY GOOD!!
HO INIZIATO PENSANDO CHE FOSSE UNO SCHERZO, POI HO CAPITO CHE C'ERA DAVVERO DA DIVERTIRSI!!!
TEMISTOCLE

Simone ha detto...

Maura: forse per qualcuno suona troppo volgare, mentre per qualcun altro invece i termini volgari sono ben diversi. Comunque il giorno che lo rivedo magari metto un'altra espressione sempre da animo turpe, ma che suoni meglio ^^.

Fra: grazie!

Tim: very very grazie! Com'è che sembrava uno scherzo? Nel senso che io non potrei essere romantico? ^^

Simone

Anonimo ha detto...

letto!

dactylium ha detto...

Il tuo amico Massimo (o comunque si chiami in realtà), che immagino ispirato a un amico vero, è proprio un mito!

Se poi è vero anche la metà di quello che hai scritto, invidio (bonariamente) la tua audacia (mi stava scappando la tastiera e stavo per scrivere "faccia tosta"...). ^^

Scherzi a parte, caro Simone, dai sempre il meglio quando ritorni ai cari vecchi temi sull'editoria.

Il racconto mi è piaciuto, però concordo con Maura che quell'espressione è un po' una caduta di stile.
Nel contesto ci stava qualcosa di meno esplicito ma altrettanto ammiccante.

Un saluto, dacty