31/01/14

Una settimana pesante.

E lui non ha manco il raffreddore!
Domenica mi è venuto un raffreddore mostruoso, altrimenti detto influenza, che credo mi sia stato donato dai miei piccoli e teneri pazienti del pronto soccorso pediatrico.

Lunedì sveglia presto, con l'influenza e tutto, per andare a verbalizzare l'esame di Management che avevo dato precedentemente.

Il professore di Management se ne esce e mi fa la domanda per la lode: io la domanda sinceramente nemmeno la volevo. Ero lì per verbalizzare e basta, e l'ultima volta che ho toccato questa materia era nel 2013.

In sintesi insomma non prendo la lode, e faccio pure una figura di merda col medico di famiglia con cui ho fatto il tirocinio e che gli aveva appena detto che "ero stato bravissimo".

Passo la notte con tachipirina e naso chiuso. Martedì di nuovo sveglia presto per andare a verbalizzare Pediatria, pure questo già fatto a Dicembre.

Qui per fortuna niente da segnalare, a parte che secondo me uno con l'influenza la mattina dovrebbe stare a letto.

Pomeriggio e giorno seguente inchiodato sulla scrivania per ripetere Ginecologia, accompagnato da fazzoletti, naso che cola e cerchio alla testa.

Giovedì, esame di ginecologia ancora col raffreddore, tachipirina e devastante malessere generalizzato che mi aiuta a tirarmi fuori dal letto col sorriso sulle labbra.

Mi interrogano due professori. Uno mi fa un'esame di anatomia, che tra l'altro sapendo che la chiedevano mi ero studiato anche bene ma insomma: l'anatomia agli esami coi chirurghi è sempre un motivo di panico, e qualcosa che non va bene esce fuori sempre.

Un altro mi chiede una cosa sulla quale non avevamo lezioni, e che io avrei giurato che non fosse in programma. Gli avevo anche dato una guardata giusto per scrupolo... e alla fine rispondo pure ma insomma: così così, e mi abbassa il voto.

Viene fuori che ho passato l'esame con un risultato tutto sommato decente. Un po' mi rode che per come avevo studiato potevo prendere qualcosa di più. La settimana dopo c'è un altro appello, e a rivedere certe cose ci metterei poco... ma non ho mai rifiutato un voto in vita mia, e non sono così coglione da farlo adesso.

Il pomeriggio vado anche in reparto, che il raffreddore sembra andare meglio. C'è metà del pronto soccorso con l'influenza e virus respiratori di tutti i tipi, ma comunque i pazienti più gravi li visito con la mascherina da appestato, che mi sembra corretto.

Faccio un po' di ecografie. Un po' di visite. Un po' di ECG. A un certo punto arriva un amico interno a psichiatria, e scopro che è bello incrociarti nel lavoro con persone che conosci, e scambiare magari due chiacchiere.

Parliamo di come vanno le cose, dei pazienti che abbiamo visto, degli ultimi esami... e mi sembra di stare anni luce lontano da sbobinature, libri, e programmi vari.

La settimana prossima, faccio Medicina e Chirurgia 2.

Mi mancano 4 esami alla laurea.

Simone

24/01/14

Il pronto soccorso pediatrico.

Mettete il camice, e inizieranno TUTTI a piangere.
Come se il mio spirito autodistruttivo non mi avesse già causato una quantità sufficiente di problemi (tra i quali - non dimenticate - questo blog) durante le feste ho iniziato a frequentare il pronto soccorso pediatrico.


E il posto è strutturato più o meno così: varcato l'ingresso, ti titrovi in una sala d'attesa di una ventina di metri quadri, con dentro dai 10 ai 100 (a seconda dei momenti, ma generalmente più 100 che 10) bambini che tossiscono, sputano, smocciolano e sbavazzano ovunque, come se fossero delle piccole macchine per la neve artificiale adattate però a diffondere malattie infettive.

E accanto a ognuno di loro, una coppia di genitori rigorosamente incazzati neri per le inutili ore di attesa e pronti a linciare il primo camice bianco che si ritrovano a tiro.

Insomma: nuoti nel virus respiratorio sinciziale fino a raggiungere uno strutturato in una delle sale visita. Gli chiedi di poterti accollare a lui, iniziano a entrare i bambini, e scopri che più o meno il 90% delle volte le cose vanno così:

Genitore o nonno apprensivo e incazzato nero entra nella stanza col bimbo in braccio.

«Che è successo?» domanda il pediatra del pronto soccorso.

«Il bambino ha il raffreddore da due giorni, e io non so cosa fare».

«Perché non l'ha portato dal pediatra di famiglia?»

Squillo di trombe: scrittura sperimentale interattiva! Scegli il perché il pediatra di famiglia non ha visto il bambino col raffreddore, tra le seguenti risposte a vostra scelta:

1) Il pediatra di famiglia non aveva tempo.

2) Il pdf non ha nemmeno risposto al telefono.

3) Il pdf sotto le feste ha chiuso lo studio.

4) Il pdf mi ha prescritto dei farmaci per telefono, ma mio figlio è diventato fosforescente.

5) Il pdf mi ha detto di portarlo in pronto soccorso.

6) Il pdf sono io, ma i bambini malati mi terrorizzano.

Ovviamente non esiste una risposta corretta, ma sono tutte risposte più o meno adeguatamente verosimili. E ora per non essere accusato di qualunquismo sottolineerei che ci sono anche tanti pediatri di famiglia che si fanno sempre trovare o che vanno pure a casa dei bambini a vederli il 24 notte o il primo mattina e si beccano insomma tutte le rotture di scatole del caso. Ma i loro pazienti - ovviamente - in pronto soccorso non li ho mai visti.

Scrittura sperimentale (e relative interminabili tergiversazioni) terminata, inizia la visita.

«Spogli il bimbo e lo metta sul lettino» chiede il dottore.

La mamma, il papà o chi c'era inizia a spogliare il bambino. E fin qui, tutto a posto.

La mamma, il papà o chi per loro mette il bimbo sul letto e - anche fino qui - sempre tutto a posto uguale.

Un medico o uno specializzando o anche uno studente (che poi sarei io) prova solo lontanamente a sfiorare il bambino che fino a quel momento è stato buonissimo... ed ecco, la tragedia: pianti, strilli, urla e strepiti da crepare i vetri.

C'è questa cosa secondo me che ormai già solo a 6 mesi i ragazzini riconoscono che dai camici bianchi arrivano solo punture, pizzichi, palpate in zone che non vuoi che ti palpino e medicinali d'ogni genere che vanno assunti - chissà perché - sempre attraverso il passagio sbagliato.

E insomma, come ti vedono che ti avvicini capiscono che è in arrivo la fregatura, ed ecco che partono gli strilli. Lacrimoni giganti inondano il lettino infradiciando tutto... e io che mi chiedo: ma le malattie infettive, si trasmetteranno pure attraverso le ghiandole lacrimali?!

Immagino assolutamentissimamente di sì. Come si trasmettono attraverso la bocca, le orecchie, il naso e tutte le secrezioni che ne derivano.

Una volta abbiamo beccato una bambina con una "mano-bocca-piedi". E la dottoressa mi ha fatto:

«Hai visto la mucosa orale?»

Io mi sporgo in avanti per vedere meglio l'interno delle guance... e la bimba mi tossisce perfettamente - ed esattamente - in bocca. Un centro perfetto. E forse la mano-bocca-piedi ce l'avevo già avuta, o forse non si attacca poi così facilmente quando uno è adulto: in ogni caso, il fine settimana seguente l'ho passato con una certa apprensione.

Che poi dopo che visiti uno, dieci, cento bambini, ti accorgi che - tolti ovviamente casi particolari - hanno tutti più o meno sempre la stessa cosa: parti da un raffreddore, poi una tosse un po' antipatica, poi la febbre, poi inizi a respirare male fino a una polmonite vera e propria... ma insomma: è sempre lo stesso virus figlio di puttana, che poi a seconda dei casi e delle situazioni e delle predisposizioni individuali (l'equivalente medico della sfiga, come dico sempre io) dà degli effetti da praticamente nulla a ricovero immediato in condizioni gravissime.

Cercate Virus respiratorio sinciziale su Wikipedia, e saprete già più o meno il 90% della teoria che un pediatra di pronto soccorso si trova a dover utilizzare. Il medico di pronto soccorso bravo, più di quello, ha la semplice caratteristica di essere presente. Di aver letto qualche libro in tema con gli argomenti di cui si occupa, e di aver visto settantamila milioni di miliardi di bambini con un cazzo di raffreddore, al punto da saperti dire:

«Bambino di 6 mesi, con la febbre: ricoveriamo».

«Tre anni. Non mi piace questa tosse: facciamo una lastra».

«A lui diamo la tachipirina. Per qualche ora rimane qui, e poi vediamo».

«Signora, può tornare a casa. Ma se non scende la febbre lo riporti».

E i medici più bravi di tutti - nel pronto soccorso pediatrico - sono gli infermieri: per fare un prelievo a un neonato, devi inserire un ago spesso quanto un capello dentro a una vena appena invisibile. Col bambino che strilla come un'aquila, e i genitori già incazzati neri per conto loro che ti sorvegliano guardandoti storto.

Virata melodrammatica, che ormai avrete capito che i miei post sono tutti così: verso la fine del turno, ci chiamano in reparto per vedere un paziente.

In mezzo al casino del pronto soccorso, non si capiva che eravamo in un giorno di festa. Ma nelle altre aree dell'ospedale, invece, è evidente: corridoi vuoti, qualche infermiere che gira, uno specializzando ogni tanto sepolto da torri di cartelle cliniche da aggiornare.

Il nostro paziente è un bambino già malato di suo, ricoverato per una brutta infezione.

Sta lì sulla sua sedia a rotelle. Respira con un tubo nella trachea. Non so nemmeno se capisce oppure no quello che gli succede intorno.

Dei genitori accanto a lui, non mi viene da dire nient'altro, se non: stanchi.

Stanchi di aspettare, stanchi di una vita fatta di medici e corsie ospedaliere, stanchi ogni volta di inseguire qualche nuova terapia, possibilità o soluzione, per poi finire regolarmente a schiantarsi contro l'ennesimo muro di complicazioni e di fallimenti.

Il pediatra del pronto soccorso legge la cartella. Rivede la terapia. Cambia antibiotico... o non lo so che fa di preciso, veramente. Diciamo che cambia qualcosa, per non cambiare - sostanzialmente - nulla.

Mentre il dottore aggiorna la terapia e discute coi genitori, io guardo il bambino. Ha gli occhi socchiusi, e la testa inclinata su un lato, che non ce la fa a tenerla su.

Inclino la testa come la sua, per guardarlo dal dritto.

«Ciao, giovanotto!» gli dico.

In tutto quello schifo in cui siamo immersi, lui pare che mi sorrida. Credo. Non ne sono sicuro... ma credo di sì: sembra proprio un lieve, e accennato, piccolo sorriso.

Lasciamo la stanza, saluto il dottore del pronto soccorso e lascio anche l'ospedale. Nell'andar via incrocio altri genitori con i loro bambini. Due infermieri, e uno specializzando ancora nella sua stanzetta a scartabellare superflui incartamenti cartacei. In tutto l'edificio, o - forse - in tutto l'intero comprensorio del policlinico, credo di essere l'unico studente.

Studenti che si impegnano al massimo per avere voti alti. Studenti che sognano di vincere concorsi su concorsi, di battere tutti e di avere anche un gran colpo di culo, fintanto da riuscire ad arrivare lì. Proprio lì, in quel reparto, a fare le cose che ho fatto io oggi.

Questi sono i sogni degli altri. Di alcuni di loro, almeno, se non della maggior parte.

Lascio un policlinico semi-desero in un giorno di festa. Monto in macchina, e guido verso casa. E quali siano i miei - invece - di sogni, in questo momento, non lo saprei veramente dire.

Simone

20/01/14

Quando l'ansia pre-esame ci blocca: la situazione di un lettore del blog.

Unico modo per sperare di superare un esame: andare farlo.
Riporto questo intervento arrivato tra i commenti a un vecchio post.

L'autore non si firma, ma credo che racconti un problema molto diffuso e comune a molti altri studenti:

"Ciao Simone, leggo spesso il tuo blog.

Anche io come te ho studiato ingegneria (per soli 3 anni). Non avevo passato il test di ammissione a medicina e mi ero arreso, ma poi mi sono deciso a riprovare e sono entrato.

Forse sarebbe stato meglio fallire anche la seconda volta: sono al quinto anno, ma devo fare gli esami del secondo.

Purtroppo studio per un esame, ma pochi giorni prima - provato dall'ansia e dalla scarsa autostima - rimando. Non sono mai stato bocciato, ho la media del 29.7 ma ormai sono bloccato...

Pongo 2 domande:

- Simone, hai mai provato qualcosa di simile?

- Secondo te, a 27 anni (II anno) devo rinunciare?"

Io ho già dato una mia risposta. Mi farebbe piacere che qualcun altro - passando da queste parti - provasse a dire la sua.

Simone

16/01/14

Troppa carne al fuoco?

Questo è l'unico esame che farei senza lamentarmi...
Tra una settimana dovrei avere l'esame di medicina e chirurgia 2. Forse. Non ho ancora deciso.

Nella paura di perdere troppo tempo con una materia (medicina e chirurgia 2, appunto) confusa e senza un programma definito da seguire, ho detto: "tanto vale che inizio a prepararmi pure Ginecologia, così male che vada ho tutte e due gli esami mezzi pronti".

Solo che Ginecologia sarebbe tra 2 settimane, e insomma mi sembra che forse sarebbe un'idea migliore concentrarsi a questo punto su quella con maggiore calma... che tanto male che vada ho già mezzo pronto pure medicina e chirurgia 2 che - per l'appunto - sarebbe l'esame che starei preparando.

Insomma: un casino. Non si capisce niente. Ma in qualche modo - spero - mi organizzerò.

Riguardo ai tirocini, in questi giorni il mio professore non c'è, per cui sono andato in pronto soccorso fino a Domenica, e poi ho avuto insomma un po' di giorni di "buco" fino alla settimana prossima.

In compenso ho iniziato (e quasi finito, visto che dura una settimana) a frequentare lo studio di un medico di base: molto interessante, lui è bravissimo, e ho visto e capito finalmente come funziona almeno in parte la sanità pubblica al di fuori dell'ospedale.

Ho anche deciso che - la medicina generale - non mi fa impazzire. L'idea che ho io (quella cosa di fare il medico di base nel privato) è un po' diversa: io vorrei vedere magari un po' meno patologie, ma saper studiare di più il paziente prima di mandarlo - nel caso - da uno specialista.

Il medico di medicina generale - inoltre - è un po' un ponte tra le persone e il servizio sanitario, struttura dalla quale io (volente o nolente) mi aspetto in ogni caso di rimanerne sempre un po' fuori. E poi, diciamocela tutta: il casino, la gente che litiga, i codici rossi, chiedere una TAC e vederla poco dopo, gli infermieri che mi prendono per il culo...  insomma: il pronto soccorso - per i miei personalissimi gusti - è un'altra cosa.

Il pronto soccorso è un'altra cosa. E questo tirocinio mi ha insegnato che, pur lavorando per conto mio e inventandomi quello che capita per lavorare e mettermi in tasca due lire, continuerò sempre a frequentare un DEA e le relative strutture. Anche se potrò farlo soltanto da medico volontario, e pagandomi pure l'assicurazione.

E insomma: di esami e studio vi ho parlato. Della Medicina generale, pure. Che altro rimane?

Ecco: dovrei - o meglio, potrei - tornare qualche volta al pronto soccorso pediatrico. Ma per questa settimana il tirocinio che sto facendo mi basta e mi avanza, per cui se ne riparlerà la settimana prossima.

Come se non fosse già sufficiente, ho anche ripreso i turni del pronto soccorso chirurgico e vorrei provare a tornarci un altro paio di volte per cercare di imparare a mettere due punti, e qualche altra cosa che probabilmente i chirurghi faranno... anche se non ho bene capito cosa sia. Ma se già non riesco a seguire il reparto mio, a studiare e a fare le cose che già - appunto - non sto facendo, mi sa che 3 reparti, medico di base e 2 esami insieme iniziano - davvero - a essere un po' troppi.

Forse dovrei iniziare a dare un taglio a destra e a sinistra, e a concentrarmi solo sulle cose essenziali. Che così rischio di fare 100 lavori per poi non portarne a termine come si deve nemmeno uno.

O magari invece è così che deve essere? Le cose stanno andando a pieno regime, e devo smettere di pensare a quanto mi sto impelagando in 2000 impegni con le mie stesse mani e aspettare semplicemente che arrivino i risultati.

Bho?!

Intanto stasera ho una cena con degli amici. Per cui non si studia, e tanti cavoli.

Simone

13/01/14

Il tirocinio più bello del mondo.

Gruppo di tirocinanti in attesa dell'arrivo del professore.
Tirocinio nel reparto di XXX, che non lo dico che poi magari leggono il blog e mi bocciano all'esame.

Arriviamo alle 9 e 10 circa. Cerchiamo il prof che deve seguirci, dopo un po' di giri a vuoto lo troviamo e lui:

«Venite metà con me, e metà andate dall'altro docente che sta lì, in ambulatorio Y».

Ok. Ambulatorio Y. Io e altri 2 andiamo.

Arrivati lì, ci dicono che «l'altro docente oggi non c'è, ma se aspettate un po' ne arriva un altro ancora, e potete seguire lui».

E va bene, aspettiamo.

Aspettiamo, lì in una stanzetta abbandonata che in mezzo al corridoio ci pare brutto.

Aspettiamo.

Dopo tipo mezz'ora niente: non arriva nessuno e nessun altro ci si fila.

Decidiamo di dire al primo docente della lista che il secondo docente (e il terzo sostituto) non ci sono. Per contattarlo chiamo uno degli altri studenti sul cellulare, ma lui ci dice che «ora stiamo soli, e il prof non c'è. Non so che dirti».

Bene. Aspettiamo, di nuovo.

«Io dovrei andare a casa a studiare» si lamenta uno.

«Io potevo semplicemente rimanere a dormire» piagnucola un altro.

«Sti tirocini so' proprio 'na monnezza» pensiamo, in coro.

Colpo di scena! L'altro studente mi richiama e dice che il prof ha detto che possiamo andare nell'ambulatorio Z. E si riparte.

Arrivati all'ambulatorio Z: magia! Stanno visitando un paziente. Un paziente vero, mica capperi!

E così assistiamo alla visita pure noi, per un totale di 5 studenti, due professori, due specializzandi, il paziente e la sua famiglia, tutti in una stanza di 2 metri per 3.

Poi la visita è finita, e basta: non arriva più nessuno. Non c'è più niente da fare.

Il prof è andato a occuparsi di altri impegni in altri luoghi che non conosciamo. Altri minuti di silenzio lenti e imbarazzanti, ma poi uno specializzando genialmente esordisce:

«Andate giù nel reparto W (iniziano a finire le lettere), c'è la specializzanda dell'altro professore che vi fa vedere tipo una cosa».

Bene. Vai! Tutti al reparto W a vedere una cosa! Tipo.

Peccato che - nel reparto W - la specializzanda non c'è. Non riusciamo a trovarla. Resistiamo però alla tentazione di cedere allo sconforto: blocchiamo altre due specializzande che, per caso, passavano da quelle parti, e muovendole a pietà le convinciamo a farci seguire loro.

«Stiamo andando a vedere la medicazione di un paziente» ci spiegano. «Se volete, potete venire con noi».

Ma se non mi rompevano le palle e mi lasciavano andare in pronto soccorso per conto mio, non le vedevo pure meglio le medicazioni? E lo so che adesso tutti quanti direte: e ok, è arrivato! Il solito polemico.

Insomma allora niente polemiche, ed entriamo carichi di ottimismo nell'ambulatorio... cosa viene dopo W?! Diciamo K, va'.

E insomma eccoci lì nell'ambulatorio K, ma non facciamo nemmeno in tempo a capire dove sta il paziente che arriva uno che dice: «no, regà. Gli studenti poi la medicazione è una cosa che è delicata che, cioè: non se po'!»

Dopo una traduzione all'italiano ottenuta alla meno peggio con Google Translate, comprendiamo che dobbiamo uscire. Che poi - secondo me - quello che ci ha cacciato è lo stesso che se non sai fare una cosa si lamenta che: «e no, regà: 'sti studenti 'nsanno fa' manco 'na medicazione!» Mi ci gioco quello che vi pare.

Di nuovo in un corridoio a fare nulla. Discutiamo su quanto il reparto K è supermegabellissimo, con le luci i vetri i cazzi e mazzi e la roba fantascientifica che pare dove lavorano i dottori ombrosi degli sceneggiati TV. Dove sto io, se trovi una cosa che sembra un po' più nuova è solo perché qualcuno l'ha appena rubata a un altro reparto. E se stai lì che poco poco ti adombri non fai impressione a nessuno e finisce pure che ti mandano a quel paese.

Finalmente ritornano le specializzande che abbiamo sequestrato prima, e ci raccontano ciò che hanno visto con parole chiare e vivide che restano impresse nel profondo. Credo fosse un problema a un occhio, il fegato oppure una frattura... ma comunque, insomma: qualcosa del genere.

Con le specializzande discutiamo anche del fatto che - pure loro - durante i tirocini non è che facessero chissà quali cose esaltanti. Eppure, alla fine, sono comunque arrivate proprio lì, nell'àmbito dell'ambìto reparto K. A dimostrazione che - in un modo o nell'altro - alla fine tutto è possibile.

In tutto questo, si è fatta - finalmente - l'ora.

Ci transumiamo tutti verso il reparto J. Altro professore, il più importante di tutti: quello che controlla le firme.

Firmiamo. Grazie, ciao, e arrivederci. E domattina si ricomincia.

Simone

08/01/14

Anno nuovo, vita vecchia... e pure questo titolo non è che sia originale.

Questa - lo dice su wikipedia - è una pediatra.
Iniziato il 2014, le cose che sto facendo per quella storia della seconda laurea in Medicina (non so se ve ne avevo già parlato) somigliano molto a quelle del 2013.

Di nuovo c'è che, invece di pediatria - che ho dato e già praticamente dimenticato prima delle feste - sto preparando medicina e chirurgia 2.

Questo è un esame un po' strano: a fronte di poche lezioni su argomenti più o meno già conosciuti, l'esame consiste in 4 - ho detto quattro - orali con:

- Medico internista, che può chiedere praticamente qualsiasi cosa di patologia integrata.

- Medico geriatra, che è tipo un internista pure lui.

- Chirurgo generale, che come tutti i chirurghi ha la consuetudine di chiedere patologie inventate di sana pianta, linee guida degli anni '80 e misteriosi particolari anatomici.

- Infettivologo, che chiede cose infettivologia (ma va?) che credo di aver già studiato e dimenticato almeno altre 4 volte. Memorizzare le malattie infettive (come qualsiasi altra cosa) per me è come scavare nel mare con una pala... e rifare 10 volte le stesse materie equivale a rifare 10 volte una figura del cavolo all'esame.

Insomma grande ottimismo per questo esame che non si sa manco che studiare e ti interroga tutto il mondo!

La mia idea è di rileggermi un po' di cose che hanno chiesto agli appelli passati e poi - nel tempo che mi rimane - studiare... Ginecologia.

Così pure se poi il primo appello va male ho un'altra materia mezza preparata, e ho perso poco tempo e non rischio di ritrovarmi 2 materie sovrapposte... anche se a tutti gli effetti in questo modo me le sto sovrapponendo io da solo.

Vabbe'.

Per il resto, sono andato un altro po' di volte al pronto soccorso pediatrico.

Direi che anche lì mi diverto molto, anche se - rispetto al pronto soccorso degli adulti - nel pronto soccorso pediatrico appare davvero evidente come la medicina di base abbia qualche piccola incongruenza:

Certe volte fatico davvero a capire perché certi piccoli pazienti arrivino in ospedale piuttosto che essere seguiti dal medico di famiglia. Il risultato comunque è che chi lavora in pronto soccorso si trova a dover vedere 50 bambini di corsa uno di fila all'altro, col rischio di beccarsi un esaurimento nervoso o - cosa più probabile - di finire linciati da genitori furibondi che aspettano per ore e ore e ore e ore che i figli vengano visitati.

A proposito di medici di famiglia, la prossima settimana farò un breve tirocinio da uno di loro. Mi aspetto di vedere un pochino di più come funziona la medicina fuori dall'ospedale e sarà - spero - un'altra esperienza interessante.

Stasera, invece, il solito reparto. Durante le feste non ci sono andato molto, e devo dire che un po' già mi mancava.

Che dite, sono gravemente malato? E che problema c'è? Tanto tra un po' mi laureo... e poi posso pure curarmi da solo.

Simone

02/01/14

2014: tra fantascienza e vita da studente.

Astronavi e alieni non erano fanta-abbastanza.
2014. Duemilaquattordici Due mila e quattordici.

Non sembra un numero vero, è troppo grosso. Sembra una di quelle date dei film di fantascienza.

2014: l'anno che arrivano gli alieni. 2014: fuga dal futuro... insomma, ci stanno un sacco di film con titoli del genere o anche con date più piccole, se è per questo... tipo appunto il 2010 dell'immagine qua a sinistra.

Già nel 2010 - per cui figuratevi quattro anni dopo - la gente doveva viaggiare nello spazio, o andare nel futuro, o avere innesti nel cervello e tutte le cose più implausibili che vi vengono in mente. Magari dentro astronavi di plastica con lucine lampeggianti e senza i più banali ritrovati della tecnologia reale come internet, cuffie per ascoltare la musica o videogiochi.

Ma insomma, niente di tutto questo: il 2014 - come il 2013 e gli anni precedenti - lo passerò all'università. Senza dispositivi spaziali volanti. Senza alieni, senza viaggi nel tempo e tutto quanto, ma nella solita - banale - quotidianità da studente.

Eppure, un qualcosa di fantascientifico questo 2014 ce l'ha sul serio: perché il 2014 è l'anno in cui - dovrei - laurearmi.

A parte il fatto che - ora che ho scritto questo post - me la sono sicuramente tirata da solo e di lauree mi toglieranno pure la prima, resta questa sensazione di un anno carico di attese e possibilità importanti.

Sensazione presto smorzata dal fatto che dopo la laurea mi toccherà fare l'esame di stato, e che quello - ahimè - ci sarà nella migliore delle ipotesi a Febbraio 2015.

Insomma, che fregatura: gli alieni avranno cercato un pianeta dove la laurea in medicina dura di meno (beati loro). Non ho una Smart volante con cui parcheggiare comodamente in mezzo agli asteroidi, e pure se mi laureo in tempissimo non finirò in ogni caso di studiare.

Ma, insomma: la laurea potrebbe comunque arrivare, e direi che l'abilitazione è un problema talmente secondario di cui potremmo anche fare finta di fregarcene.

E adesso visto che non ho niente di meglio da dire, un mini-elenco dei traguardi medico-universitari conseguiti nel 2013. Che lo so che non gliene frega niente a nessuno, però il post era corto:

- Nel 2013 ho fatto DODICI ESAMI.

Il vecchio record di Ingegneria era 8, per cui lo abbiamo effettivamente stracciato. 12 esami sono talmente tanti che mi dimostrano allo stesso tempo di essere un super secchione senza speranza, e che gli esami di Medicina - evidentemente - sono troppo facili.

- Nel 2013 ho imparato a fare prelievi in maniera un po' così... alla "speriamo che ci riesco".

Ho fatto un bel po' di ecografie e in genere ci capisco qualcosa, ma non proprio tutto. Ho imparato a leggere un elettrocardiogramma, anche se qualche volta ancora sbaglio e invece - insomma - non sarebbe il caso.

So riconoscere un bel po' di cose alla TAC, ma non tutte. Faccio un esame obiettivo decente anche se alle volte mi scordo le cose, e un esame neurologico generalmente superficiale e affrettato ma sempre meglio di niente.

Ho messo una volta sola un accesso arterioso. Ho aiutato a mettere punti di sutura anche se non ho "cucito" mai io direttamente cose che non fossero manichini o stinchi di maiale.

Nel 2013 ho fatto insomma un sacco di cose da dottore "vero", e nel 2014 penso che probabilmente l'ideale sarebbe rifare tante volte queste stesse cose... ma un po' meglio.

- Nel 2013, il blog ha toccato un "top" di 25 mila pagine visitate nel mese di settembre, con punte di oltre 400 lettori al giorno.

Non mi piace tanto guardare questi numeretti (sicuramente, la maggior parte dei visitatori non è realmente interessata a quello che trova qui, ma ci arriva per caso) ma confrontandoli con quelli dei miei vecchi blog posso dire che - come scrittore - sono più letto adesso di quando cercavo per l'appunto di fare lo scrittore come lavoro... e questo la dice lunga su quanto non ci avessi capito una mazza :)

- Nel 2013, per concludere, ho praticamente riempito l'ultimo scaffale che avevo libero nel mio studio... e ora nel 2014 non so più dove cavolo mettere i libri universitari.

Ma vale la pena comprare una libreria nuova per un solo, ultimo anno? La prima, vera sfida del 2014 - evidentemente - sarà dare una risposta a questo importante quesito... anche se già adesso penso che butterò un po' di robaccia vecchia, e amen.


Simone