23/02/12

Le regole della salute.

Turno in ambulanza con la Croce Rossa.

Dopo un inizio di giornata non proprio esaltante, finalmente ci chiamano su un intervento vero e proprio: all'interno di un ambulatorio, un signore anziano è caduto e si è fatto male.

Arrivati sul posto, ci accoglie una dottoressa della mia età.

«Normalmente non chiamerei l'ambulanza per così poco» ci spiega. «Ma visto che il paziente è un po' particolare, ho pensato che questa volta fosse il caso di farlo».

Entriamo dentro, e troviamo un signore di 80 anni seduto nella sala d'attesa. È piccolino e curvo sotto un cappotto pesantissimo, che oggi fa freddo. Accanto a lui c'è la moglie, che più o meno ha lo stesso aspetto: anziana, minuta, impaurita e con la sensazione che ogni piccolo gesto le costi fatica.

Il signore è un tipico paziente della sua età: non ha cioè una singola malattia di cui preoccuparsi, ma al contrario è afflitto da un insieme di patologie che singolarmente si potrebbero pure seguire senza tante difficoltà, ma tutte insieme diventano un casino. Parkinson, artrosi, aterosclerosi, problemi alle gambe e alla schiena. Non vede bene e non ci sente, e prende tanti di quei farmaci che solo con gli effetti collaterali potremmo riempirci un libro. Gli controllo la glicemia e... tombola! C'ha pure il diabete, che con tutti quegli acciacchi si era scordato di dircelo.

Dice che è caduto perché è semplicemente scivolato. Niente malori o giramenti di testa, e per fortuna non s'è fatto troppo male. Ha preso però una bella botta a un braccio, e magari una lastra in ospedale sarebbe il caso di farla per cui insomma lo invitiamo a venire con noi.

«Andiamo all'ospedale vicino, o a quello lontano?» ci chiede la moglie.

All'ospedale vicino purtroppo c'è un problema e lì oggi non ci mandano. Non è una cosa che possiamo decidere noi dell'ambulanza, ma decide la Sala Operativa e secondo la Sala Operativa all'ospedale vicino adesso proprio non si può. Non ci possiamo andare.

«A quello lontano» spiega il nostro infermiere. «Poi telefona a suo figlio, e si fa venire a prendere».

Sembra tutto troppo facile, vero? E infatti la signora fa di no con la testa.

«Mio figlio è fuori per lavoro. E noi a casa dall'ospedale come ci torniamo? Allora non fa niente. Voi andate via, e noi ci facciamo accompagnare in ospedale domani mattina».

Proviamo più volte a convincerli, ma non c'è nulla da fare: in ambulanza con noi non ci vengono, punto e basta e arrivederci e grazie. Loro hanno ragione per via delle distanze, noi abbiamo ragione perché se ti dicono di fare una cosa evidentemente c'è un motivo, per cui quando è no è no.

Ma domani mattina, per un signore di 80 anni che si è fatto male, magari è un po' troppo tardi. E allora come facciamo? Qualcuno dirà che potevano venire con noi e poi tornare a casa con un taxi. Ma parliamo di pensionati: forse è già tanto se riescono a pagarsi la tessera dell'autobus, e chissà se questo figlio che lavora poi viene fuori per davvero, oppure no.

A un certo punto, io me ne esco con una specie di idea.

«Se anche rifiutano di farsi trasportare» propongo ai miei colleghi «noi gli diamo uno strappo lo stesso fino a davanti all'ospedale. Poi scendono, ed entrano da soli».

Ma ok, ho detto una stupidaggine: non è che puoi far salire e scendere la gente dall'ambulanza come ti pare a te. O li porti tu o non li porti proprio, e una via di mezzo è scorretta perché se nel tragitto succede qualcosa o ti chiamano su un intervento grave finisce che è una specie di reato penale, e vai tipo vabbe' in prigione se magari forse ti ci mandano... o almeno questa è la voce che gira.

E io m'immagino tutta la scena di me che finisco in galera con l'infame verdetto: utilizzo improprio di pubblico servizio per aiutare una coppia di anziani. Con l'aggravante del volontariato e dello scopo umanitario.

Poi vado in carcere e mi mettono in isolamento per separarmi dagli altri detenuti. Però poi a un certo punto succede che qualcuno mi becca lo stesso, e in una scena stile Romanzo Criminale me la fa pagare pugnalandomi 10-12 volte con un oggetto di uso comune che ha reso tremendamente affilato, tipo una sedia o la tavoletta del water.

«Te insegno io a portà a spasso li vecchietti» mi dice, con l'accento più da romano di un quartiere brutto che voce umana possa produrre. «'Sto fijo de na mignotta!»

Ma insomma io vi giuro che sul momento non c'avevo proprio pensato, ma non farei mai nulla in servizio che non fosse al 100% corretto per i colleghi e per i nostri pazienti. Eppure una sensazione un po' strana nello stomaco mi sale lo stesso: certe volte mi sembra quasi che le persone cadano in secondo piano rispetto a procedure e protocolli. E mi chiedo se un domani sarò un dottore che aiuta gli altri a scapito di tutto, oppure uno che protegge se stesso anche quando l'umanità e le regole non vanno nella stessa direzione.

Per fortuna, alla fine, la dottoressa dell'ambulatorio salva la vita a tutti.

«Ce li accompagno io»  dice, non proprio con tutta la felicità e trasporto di questo mondo ma insomma: l'ha detto. «Ora smonto, e li porto all'ospedale vicino con la mia macchina».

E va bene: non sarà la soluzione migliore del mondo, ma almeno la cosa l'abbiamo risolta. Il signore anziano sarà visitato, lui e sua moglie potranno tornare a casa da soli, la dottoressa se l'è presa nel secchio e io non sconterò il resto della vita in carcere.

O - per lo meno - non per questa volta.

Simone

15 commenti:

Ariano Geta ha detto...

"certe volte mi sembra quasi che le persone cadano in secondo piano rispetto a procedure e protocolli"
É questa la chiave di tutta la tua esperienza con il signore anziano di cui parli. Purtroppo sembra davvero che procedure e protocolli prendano il sopravvento rispetto a persone in carne e ossa. Ma non solo nel mondo della sanità - dove ovviamente fa più effetto - anche in altri settori meno traumatici (ma comunque anch'essi coi loro fastidi) le persone in carne e ossa scompaiono. Probabilmente non ci si può fare nulla, ma è giusto non abituarcisi. Tanto di cappello alla dottoressa che gli ha dato un passaggio.

Anonimo ha detto...

..e vissero tutti felici e contenti!
:)
A parte la battuta,
concordo con Ariano Geta: è meglio non abituarsi a ciò che va contro la nostra sensibilità ed i nostri principi.
Insomma ..per ora..
..niente arance???!!!
Simona

StellaPazza ha detto...

ahahaahah...scusa ti sto immaginando impiccato alla tavola del wc... a parte questo noto tra le righe un profondo senso di impotenza (anzi manco troppo celato), che mi sa prenderebbe anche a me se facessi questo tipo di volontariato. Sto pensando da tempo a fare quello che fai tu o anche nella protezione civile, ma non so se sono adatta...mentre leggevo pensavo "io ce li avrei portati, o almeno li sarei andati a riprendere" solo che lo so che non si fa così, che non si può salvare il mondo... tu che avresti fatto se la dottoressa non avesse aperto bocca?

emma ha detto...

Io sono incredula.
Se la sede operativa dice che bisogna andare a B invece che A non bisogna interpretare ma eseguire.Vicino...lontano...poverini erano anziani... è così che si fanno i casini perchè ognuno fa sempre a modo suo.
Alla fine, la Dott.ssa li ha accompagnati in un pronto soccorso sicuramente già oberato, con 200 accessi al giorno perchè è ...vicino... ed il figlio al mattino dopo, ha trovato il padre su una barella in corridoio.E di qui a lamentarsi e criticare.
Tutti così attenti alle vicessitudini di questa coppia e poi quando si cammina per strada e ci sono vecchiette che cercano nei cassonetti si va oltre.Ma quella vecchietta non era in compagnia del marito, con un figlio e una dott.ssa a fargli da autista...
Aggiungo anche che in carcere le arance non si possono portare,all'interno potrebbero nascondere oggetti non consentiti, oppure si potrebbe alterare il succo con droghe varie.

Come sempre tanti, stupidi,inutili luoghi comuni.

Simone ha detto...

Ariano: infatti meno male che c'era lei!

Simona: magari portami pure qualcosa da leggere, che la vedo lunga!

Stella: io sarò sincero e li avrei lasciati li... non è che posso fa' tutto io! :)

Simone

Simone ha detto...

Emma: wow, ti esprimi come me hai notato? :)

Il problema non era l'affollamento ma un tubo rotto (?!) e i vecchietti in ospedale senza dottoressa non ci andavano proprio. E all'ospedale lontano eravamo stati bloccati 2 ore nello stesso turno per cui ci avrebbero bloccato di nuovo mentre loro aspettavano uguale.

Vicino l'università c'è un vecchietto che chiede l'elemosina, e io gli do spesso qualcosa come mi è capitato di aiutare (poco) altri che frugavano nei cassonetti. Il luogo comune è fregarsene di tutti e inventarsi comunque tante belle scuse per giudicare gli altri.

Gli interventi critici sono comunque sempre bene apprezzati, grazie.

Simone

emma ha detto...

Il mio palazzo ha deliberato per gli spuntoni d'ottone antibarbone da mettere sul portone.(fateci caso quando passeggiate in centro,pare decorativo ma la funzione è ben altra.)E la mia vicina che si è tanto prodigata per ottenere la maggioranza è responsabile di un ambulatorio che si occupa dei senza tetto.

Ti leggo perchè mi piace come scrivi... wow Simone!!!

Simone ha detto...

In effetti certi atteggiamenti lasciano perplessi. Ma ti dirò la verità: anche io sono disposto ad aiutare gli altri, ma preferisco farlo 'a distanza' e non avere nessuno che mi cerca o che mi ritrovo sotto casa! :)

Una volta mi ero messo in testa di fare li scrittore... ma è meglio lasciare perdere.

Simone

Anonimo ha detto...

quando facevo volontariato per la croce rossa non mi sono Mai sentita più inutile e triste. Mi occupavo di accompagnare i disabili dal centro alle loro case. C'era un autista e poi io che dovevo controllare che non succedesse nulla nel tragitto ( possibili crisi epilettiche, scatti d'ira...ma in realtà dovevo principalemente aiutarli a scendere e salire, allaccare le cinture e dire due parole). Sarà che ero piccola, ho iniziato a 16 anni (nella componente pionieri)fino ai 20... sarà che ho già difficoltà a rapportarmi con le persone normali ( per timidezza) figuriamoci i disabili ( mentali e fisici)... ma insomma io la vivevo malissimo questa mia azione di volontariato, eppure sono andata avanti a farla una volta a settimana o anche due volte per anni, perchè per "legge" serviva un accompagnatore. Mi sentivo in colpa a dire di !No!... ma mi sentivo ancora più incolpa per la mia inadeguatezza. Inoltre la sede della corce rossa era lontana da casa, per fare questo servizio perdevo un intero pomeriggio e il giorno dopo avevo i compiti e le verifiche al liceo. Non mi sono mai sentita "buona" per questo mio volontariato e nemmeno io so perchè lo facevo, non beneficiando nè di un senso di gratificazione nè di una soddisfazione concreta nel fare ciò che facevo.L'unica cosa che ricordo con certezza erano i genitori anziani dei disabili, ricordo in particolare una madre e un padre, anziani attendere sulla porta il figlio, distrutti da un affetto che ti frantuma il cuore anche solo a guardarli ripetere ogni giorno il rituale di aspettare il loro uomo-bambino che non può nemmeno dire grazie. Ricordo che in quei brevi lassi di tempo non pensavo certo alle verifiche o alle interrogazioni, pensavo solo che avrei fatto qualsiasi cosa per rendere quella routine meno dolorosa, ma non ne ero capace e stavo ancora più male. Questo intervento un po' "fuori-luogo" per dire che il volontariato lo si fa per un senso di pietà che nasce dall'esofago e ti smuove il cuore, se è volontariato sincero... il resto è solo qualcosa che si fa per sentiri meno stronzi.

Anonimo ha detto...

p.s scusate gli errori di battitura...

Simone ha detto...

Non sei stata (o stato?) per niente fuori luogo. Anzi, hai scritto un intervento bellissimo e che dice qualcosa di profondamente vero.

Simone

Dama Arwen ha detto...

La pietà è il sentimento peggiore PER ME per fare volontariato.
E la spinta ad andare avanti te la dà solo la gioia che ricevi da chi stai aiutando.

Ho fatto poco volontariato (ma molto condensato, quando lo facevo era 24h su 24 x 5/6 gg di fila).

Andava dal pulire i cessi delle camerate dei senzatetto a cui offrivamo rifugio, al cucinare per loro e per gli altri ragazzi che davano una mano, a fare lavori di muratura x un ostello, o a sistemare abiti e cibo da inviare nei paesi poveri. Oppure stare coi disabili ma lì il mio aiuto era poco perché riuscivo a malapena a badare a una mia amica di 40 kg, io stessa son minuta).

Che poi le procedure - in ospedale - siano talvolta assurde concordo. Però è così. Intanto, da noi, chiunque abbia bisogno al pronto soccorso ci può entrare. Senza pagare o altro.
Io piuttosto sarei x impiccare all'asse del cesso coloro che intasano i pronto soccorsi per raffreddore o influenza e hanno magari 30 anni.

Io ho una sensibilità spiccata e avolte preferisco far finta di non vedere certe cose per non soccombere. Continuo dritta per la mia strada, e non me ne importa nulla se nessuno mi aiuterà - da anziana - nel caso ne avessi bisogno. Ma spero tanto di non arrivare mai a 80 anni. C'è sempre il suicidio, perché mi annoia l'dea della vecchiaia e di pesare sulle spalle di qualcuno, familiare o stato che sia. Io son fatta così.

Simone ha detto...

Grazie Dama, bell'intervento!

Certo è che a fare volontariato non ti ci immaginavo troppo... ma ad impiccare quelli che vanno all'ospedale col raffreddore ti vedo benissimo, e ti darei pure una mano! :)

Simone

Anonimo ha detto...

La pietà (dal latino pietas) è il sentimento che induce l'uomo ad amare e rispettare il prossimo.
Tu Dama,come molti altri, pensi che invece il volontariato debba essere qualcosa che faccia bene anche a te. Non posso sapere chi sei e perchè i tuoi pensieri sono così costruiti, ma sei sicuramente l'antitesi di me stessa. Io non parlo di una pietà da missionario, da martire o da santo... perlo del sentimento, che NON tutti sono capaci di provare spontanemante, di rispetto e comprensione che ti fa piangere il cuore e ti spinge "ad aiutare" chi è inevitabilemente più fragile di te. Quel che conta però è che NON tutti sono davvero capace di AIUTARE, ad esempio io ci ho provato ma non credo di aver mai fatto nulla di importante. Detto questo non rimpiango certo il mio volontariato in croce rossa, ma solo la mia debolezza.
Il fatto che ci siano mille persone che invadono il pronto soccorso senza motivo è un discorso diverso, ci sono comunque dei codici di emergenza e se vai per un raffreddore rimani in ospedale 12 ore minimo e con le nuove leggi ti fanno pagare anche la visita con le nuove leggi ( giustamente). Questo spero scoraggi molti a abusare di questo servizio. Dall'altra però non si può negare che all'origine di questo problema c'è l'incapacità dei medici di BASE( o di famiglia che dir si voglia) di porsi come punto di riferimento per i loro pazienti e soprattutto di dimostarsi competeneti nel consigliare il paziente su come agire nel caso di una malessere lieve, moderato o grave.Speriamo che i giovani medici sappiano fare meglio...anche perchè oggi per fare il medico di base serve un corso di 3 anni dopo i 6, mentre un tempo non era così.

Simone ha detto...

Grazie per le vostre riflessioni.

Personalmente credo che il volontariato si possa fare e si faccia per i motivi più svariati: dalla compassione, al desiderio di sentirsi utile, e anche perché magari si cerca un modo per riempire il tempo e nient'altro.

Credo anche che il valore di quello che facciamo possa prescindere dalle motivazioni: alla fine ognuno ragiona e agisce secondo i propri canoni che ad altri possono sembrare assurdi, ma alla fine non sta a noi giudicare le motivazioni degli altri e l'importante alla fine è il risultato.

Simone