27/01/13

Studiare passati i 30 anni: gli altri studenti anziani.

Foto di gruppo il primo giorno di lezione.
Quando ho fatto il test di ammissione per la facoltà di Medicina, le persone oltre 30 o 40 o anche 60 anni erano qualche centinaio: chi lavorava già in un campo simile, chi tornava a una vecchia passione, e chi proprio come me cercava un cambio netto col passato.

Iniziate le lezioni, gli studenti -  come me - "anziani" erano circa un 10%. Su 100 e passa iscritti al mio canale, cioè, ho contato almeno una decina di neo-studenti-aspiranti-dottori che avevano dai 25-30 anni in su. Una cifra tutto sommato alta, e un numero di persone abbastanza vasto da poter fare anche un minimo di gruppo e sentirsi meno estranei a un ambiente generalmente dedicato a chi di anni ne ha al massimo una ventina.

E insomma, devo ammettere che al primo anno di Medicina questa compagnia e queste altre persone che parevano essere - nei limiti del possibile - come me, mi hanno un bel po' incoraggiato. Mi è capitato di pensare che in quello che facevo non ci fosse poi molto di strano, e che lo studio passata una certa età fosse semplicemente un qualcosa che a una ragionevole percentuale di persone capita di intraprendere a un certo punto della vita.

Che poi è proprio così, visto che ve l'ho appena detto. Un 10% degli studenti - ma anche molti di più se parliamo di lauree più brevi - hanno più di 25-30 anni. E non c'è assolutamente nulla di cui stupirsi visto che la vita si è allungata, gli obiettivi delle persone non sono più quelli di una volta, può capitare di dover rimandare a dopo tante cose che si vorrebbero fare prima, e insomma eccetera eccetera per i più svariati motivi che magari io non li conosco ma comunque ci saranno.

E i primissimi tempi, con i miei colleghi "anziani" facevo un po' gruppetto. Se c'era qualche problema a seguire qualcuno ti aiutava, se servivano gli appunti qualcuno te li dava, e insomma sembrava quasi un ritorno all'università ma in una maniera un po' parallela a quella degli studenti "normali", fatta da persone più mature e che nella vita avevano anche altri impegni e altre occupazioni.

Ma - e ora iniziano i ma - questa sorta di equilibrio vetero-universitario è durato poco. Pochino. Poco pochino pochissimo, direi. Purtroppo.

Tra tutte le persone che si ri-iscrivono all'università, la sensazione che ho avuto è che una buona fetta di loro abbandonino dopo la prima sessione di esami. Cioè: uno si crede che iscrivendosi a Medicina la sua vita migliorerà e sarà tutto figo e sarà una cosa stupenda. Poi va a fare gli esami di Medicina, si rende conto che invece la sua vita è diventata veramente un po' una merda, e lascia perdere.

E insomma già al secondo semestre qualcuno non s'è più visto, e al secondo anno eravamo rimasti meno della metà. Durante il terzo anno qualcun altro si è un po' trascinato iniziando ad accumulare esami su esami arretrati, al quarto eravamo in due e adesso - al quinto - sono rimasto da solo. Unico vecchietto rincartapecorito in un mondo di studenti ormai un pochino meno giovanissimi di prima, visto che a Medicina c'è pure chi che - per arrivare al quinto - di anni ce ne ha messi anche 10.

Non che tutti i miei vecchi compagni di studi abbiano mollato: direi che un 30% buono sta ancora seguendo il suo progetto della seconda laurea, ma che essendo rimasti indietro con gli esami sono tornati a iscriversi a qualche anno precedente. Per cui direi - sulla base della mia misera statistica personale - che su 10 studenti anziani ce ne sta uno (io) che va più o meno bene, anche se magari gli altri studenti agli esami prendono solo dal 30 e lode in su mentre a lui lo bocciano pure. Altri tre vanno avanti con calma, ma non mollano, mentre 6 lasciano perdere dopo un periodo generalmente breve.

Lo stesso vale per le persone che ho conosciuto in rete: su una decina di blog di studenti "anziani" che seguivo, si contano sulla punta delle dita quelli che ancora scrivono regolarmente. Che poi abbandonare il blog non significa abbandonare gli studi, ma certo non è che lasci proprio presagire nel migliore dei modi se - dopo tanti progetti e presupposti raccontati per le reti mondiali - da un giorno all'altro sparisci e non scrivi mai più niente, mai più mai.

Per cui, tirando un po' le somme, a metà di questo quinto e (speriamo) penultimo anno mi sento un po' soletto. Più che qualcuno da cui prendere esempio mi sento una specie di caso a parte, e mi sembra anche giusto farlo presente a chi legge questo blog: io ho la fortuna di partire forse da un'altra laurea un po' impegnativa, per cui sapevo già dall'inizio che a Medicina mi aspettavano 6 anni d'inferno e che di romantico, nello studio, non avrei trovato proprio veramente un qatso. Io ho la fortuna di una famiglia che mi appoggia e di un lavoro che ho potuto ridurre al minimo senza quasi conseguenze... a parte buttare al cesso la professione da ingegnere, e smettere per sempre di fare lo scrittore. Ma vabbe': quest'ultima cosa, potremmo anche vederla come un vantaggio.

Io ho la particolare situazione (che non si può chiamare fortuna né sfortuna) di non avere persone che dipendono da me, e di poter scegliere per me stesso magari rinunciando al mio tempo e ad altri interessi, ma senza imporre le mie scelte a qualcuno che poi si troverebbe a pagarne le conseguenze.

Oltre a questo, penso di aver trovato che la mia motivazione iniziale (diventare un medico) si è sposata perfettamente con quello che ho incontrato nella realtà. Cioè, a me non piace studiare e non l'ho mai nascosto a nessuno. Però mi piace fare il dottore, andare in reparto, visitare le persone e dare consigli. E vedere che con lo studio sto realizzando quello che cercavo, è stato sicuramente un forte incentivo a non mollare.

E sarà anche che sono un tipo che non si fa particolari illusioni, ma non ho mai visto la professione medica come un chissà cosa di magico dalla quale poi sentirmi mortalmente deluso, come talvolta succede a qualcuno. Non penso che i dottori salvino la vita alla gggente, come sento spesso dire. Non ho il complesso di mettermi il camice per farmi vedere quanto sono figo col fonendoscopio al collo e l'espressione di quello che gli altri non capiscono un cazzo. E per il dopo laurea non mi sono mai sognato fin dal principio di entrare in chissà che specializzazione ambita, di diventare un chirurgo famoso o di scoprire la cura per qualche spaventosa malattia.

Io mi aspettavo quello che ho trovato, e anzi tutto sommato questa seconda laurea mi sta dando molto di più del preventivato, e non devo tanto stare a fare i conti con sorprese, rimpianti e pure e semplici delusioni.

Ancora, ho avuto il gran sedere di finire in un canale dove gli altri studenti (quelli giovani, dico) mi hanno incoraggiato e aiutato e trattato come uno di loro, rendendo più facile affrontare certe situazioni che da solo sarebbero state isormontabili. Se mi fossi ritrovato davvero a fare tutto da solo per materie come Farmacologia, o con nessuno che mi incoraggiava un po' alla quarta volta che davo gastro... be', forse alla fine era un po' un'altra storia.

Per gli altri studenti anziani, gli altri 9 su 10 del discorso di prima, evidentemente non è andata così e i tanti problemi e semplici necessità che una persona "grande" può avere alle volte devono necessariamente ricevere la priorità. Ma a chi inizia magari adesso e ha trovato queste righe voglio comunque dire di non terrorizzarsi e non preoccuparsi troppo: se avete voglia e desiderio e anche un po' di fortuna è facile che finiate nel gruppetto di quelli un po' più "lenti", ma che alla fine piano piano secondo me ce la faranno lo stesso. Magari con un po' più di pazienza e magari anche meglio se avete scelto una facoltà universitaria meno "lunga" di Medicina ma comunque - come dicevo - è probabile che arriverete anche voi alla fine.

E se invece farete parte di quel 60% che abbandona, io sono convinto che anche solo provarci potrebbe portarvi a capire che cosa volete davvero dalla vostra vita e quali sono le vostre priorità... anche se la risposta potrebbe non essere quella che, all'inizio, vi sareste aspettati.

Simone

24/01/13

Qualche volta mi bocciano pure!

L'esame è andato più o meno così...
Un po' potevo studiare di più (ma i giorni a disposizione erano quelli) e allora ci sta pure e non posso lamentarmi.

Un po' invece mi rode, perché anche se mi hanno chiesto una cosa che avevo studiato non sono riuscito a fare un discorso da A a B senza dire diciotto cavolate nel mezzo.

E vabbe'. Insomma Medicina e Chirurgia è da rifare, ripetendo magari in maniera un po' meno confusa con un po' più di calma. Peccato perché la sessione era partita alla grande e se me l'ero tolto ora stavo molto, molto più tranquillo nonché meno oberato da 200 prove da fare. Poco male perché, la sessione era pur sempre partita alla grande e un intoppo ci sta tutto... anche se era meglio se invece non ci stava.


Poi c'è pure il fatto che è un esame solo orale (o meglio con una "prova" fatta già in precedenza) per cui devo solo ristudiare, riandare lì e risperare di non rifare un'altra figura dimm€rd@, che poi inizia davvero a sembrare brutto.

Nel frattempo cercherò di portare avanti qualche altra cosa secondaria: un esonero di medicina del lavoro da recuperare (a detta di chi l'ha fatto dovrebbe essere facilissimo) e una sorta di presentazione per Inglese, da preparare per l'esame di Febbraio. A Febbraio c'è pure diagnostica per immagini, e poi non so dove volevo infilare almeno un esonero di Farmacologia... ma intanto pensiamo a rifare questo e poi quello che c'è ancora da fare si farà a suo tempo, e amen.

Comunque insomma, mi dispiace anche che dopo un periodo (almeno a leggere i vostri commenti) del blog così positivo non sono riuscito a darvi un'altra buona notizia. O forse la bella notizia era proprio questa?

Cioè: pure se sto all'ennesimo esame e sto in corso e pare che faccio tutto bene senza problemi, col rischio che poi la gente che legge il blog ci resta male e si scoraggia credendosi che sono io che magari c'ho chissà quale potere speciale di essere supersecchione.

E invece ogni tanto anch'io faccio un casino e studio le cose ma poi non mi ricordo niente e finisce che mi bocciano pure. Visto? A pensarci bene - che mi abbiano segato - è quasi un sollievo.


Simone

19/01/13

Medicina a 30 anni: tutta una questione di tempo.

Parlo di tempo e metto un orologio: geniale!
Ri aggiorno (il blog) di nuovo brevemente per aggiornare (i lettori del blog) sulla situazione degli esami.

Allora ad Anatomia Patologica ho preso 27. Che per la media degli studenti di Medicina vuol dire che sono andato più che malissimo, e che un po' mi sono pure scocciato visto che speravo in un'interrogazione leggermente diversa.

Ma alla fine, insomma: ho fatto Anatomia Patologica, e devo avere una specie di shock post traumatico visto che non me ne sono quasi nemmeno reso conto, e sto qui come uno scemo a pensare al voto.

Un esame diviso in 5 materie su 3 anni, composto per la quasi totalità da elenchi di nomi da imparare a memoria (con tutti i relativi sotto-elenchi e sotto-sotto-elenchi del caso) con certi argomenti ripetuti e ripetuti tanto per ripeterli ancora prima di ripeterli un altro po', e che insomma è quasi riuscito nell'intento di rovinare la mia vita per sempre.

Ma alla fine invece come si sperava ho scampato pure questa, e vai così: un esame in più a fare numero nel mucchio di quelli superati, e soprattutto un esame in meno a rompere le palle nel gruppo di quelli ancora da dare.

E uno a questo punto di solito si riposa, dorme 3 giorni di fila e poi se ne va in vacanza... ma qui non si può: questo era solo il primo di 3 esami più esoneri vari che - in un modo o nell'altro - devo fare in questo semestre. È vero che forse era anche il più difficile (anche se invece forse è peggio radiologia) ma bisogna spingere per farne subito un altro o almeno provarci, per cui già adesso sto sui libro anche se non mi ricordo niente, non c'ho voglia e soprattutto c'ho un sacco di sonno arretrato che levati.

Il sonno non tanto per studio o festeggiamenti post-esame (che comunque ci sono stati) ma perché stamattina sono pure stato in reparto visto che era da troppo che non mi facevo vedere. Ora non sto qui a farvi tutto il resoconto, ma tra tanti pazienti mi sono restati impressi un signore con un'emorragia cerebrale, un ragazzo con una malattia bruttissima e una vecchina arrivata in codice rosso ma che invece aveva solo la febbre.

E nell'interfacciarmi (tradotto: guardare i medici e gli infermieri che lavorano) con i pazienti e con la realtà del mondo fuori dalle pareti universitarie, la pignoleria nozionistica di certi professori e tutti gli elenchi e le chiacchiere che bisogna memorizzare e saper ripetere al momento giusto lasciano davvero il tempo che trovano.

Dicevo poco tempo fa che mi sono iscritto a medicina per diventare un dottore, ed è proprio a questo che serve la facoltà: con la teoria impari le nozioni di base, e con il reparto apprendi - o almeno così dovrebbe essere - come si lavora nella pratica.

Però certe volte sembra che la teoria sia tutto e che la memoria venga sempre premiata e valutata in prima istanza, quando c'è davvero un abisso tra chi sa cosa fare in una determinata situazione perché lo ha letto sui libri, e chi sa invece come fare le stesse identiche cose, perché semplicemente va lì e sa farle sul serio.

Sentirsi giudicato per capacità e doti che si rivelano poi avere un valore irreale mi fa insomma - alle volte - veramente un po' rabbia. Ma ci si iscrive a medicina per diventare medici, questo l'ho già detto pure 2 righe fa. E poi a fare si impara facendo, un po' alla volta. Col tempo.

Oggi un tecnico della TAC mi ha chiamato dottore. Io gli ho spiegato che sono uno studente, ma non uno che sta 28mila anni fuori corso: solo uno un po' scemo, che ha iniziato più tardi degli altri.

Il tempo, come dicevo, resta sempre un fattore importante. E non so quest'ultimo esempio se c'entrava veramente oppure no, ma non sapevo come chiudere il post e se sto qui invece di studiare finisce che la settimana prossima - se ho il coraggio di presentarmi - faccio una figuraccia e mi bocciano all'esame.

E anche qui, come vedete, è sempre una questione di tempo.

Simone

16/01/13

Aggiornamento tra un esame e l'altro...

Causa del decesso: sessione d'esami invernale.
Lascio i libri (che in realtà sto sfogliando molto svogliatamente) per un rapido punto della situazione sugli esami in corso:

Lunedì ho fatto lo scritto (o prova pratica) di Anatomia Patologica: tutto sommato era un compito piuttosto semplice, fatto con l'idea che chi aveva seguito il corso e studiato sul materiale lasciato dai professori doveva superarlo senza difficoltà. Sembrerebbe una cosa scontata, ma spesso non è così per cui insomma avevo studiato e studiare è servito, e una parte dell'esame è andata.

Martedì ho fatto invece la prova pratica (che poi è stato un orale prima dell'orale... bo'?!) di Medicina e Chirurgia 1. Anche qui è andata bene anche se in questo caso le cose richieste potevano metterti un po' in difficoltà, visto che alcune domande sono arrivate un po' a sorpresa. Ma insomma, nessun problema anche qui.

Domani (Giovedì) ho l'orale di Anatomia Patologica. Nata come bestia nera degli studenti del mio canale (è una materia "spalmata" all'interno di 5 esami diversi) e complice di innumerevoli disfatte durante gli esami del terzo e quarto anno, quest'ultima prova finale totale definitiva dovrebbe rivelarsi tutto sommato più fattibile di quello che temevo all'inizio. Condizionali e facoltativi ovviamente d'obbligo, perché ad andare male all'orale è un attimo e - come sempre - su tanti professori dipende anche un po' dalla fortuna e da chi ti capita.

L'aspetto positivo è che entrambi questi scritti/prove/pre-esami "valgono" per tutta la sessione anche se si viene bocciati (ed è la prima volta nella mia vita di doppio laureato che si verifica un evento del genere) per cui insomma ci si può presentare all'appello con un filino meno di quell'angoscia letale e senso di morte imminente che accompagna le ore precedenti a qualsiasi prova d'esame.

Poi dopo l'orale di domani ho una settimana semi-intera (per modo di dire) per completare lo studio di Medicina e Chirurgia se voglio fare anche quello al primo appello. Che come esame è piccolino, ma una semi-settimana è sempre pochissimo tempo anche se il grosso l'ho già fatto durante le lezioni.

Poi DOPO questi due esami, nel resto della sessione, devo fare l'esonero di medicina del lavoro, l'esame di inglese, due esoneri di farmacologia e la prova pratica più lo scritto e poi l'orale di Radiologia... e dopo di tutto questo ho finito.

Due cosette, insomma, e solo a pensarci mi viene un po' d'angoscia. Per cui adesso torno a ripetere Anatomia Patologica, che così mi rilasso...

Simone

13/01/13

Seconda laurea in Medicina: i dottori bravi, e gli esami della settimana prossima.

Preferirei questo tipo di esami! :(
Domani ho una specie di scritto (uno scritto che non si chiama scritto, ma tant'è) di Anatomia Patologica.

Martedì ho una specie di mezzo esame (è un esame ma poi c'è un altro esame, perché hanno deciso così) di Medicina e Chirurgia 1.

Giovedì ho - se ho passato lo scritto che non si chiama scritto - l'orale di Anatomia Patologica.

E dopo tutto questo non è che è finita, visto che ho da fare altri esami con scritti orali e vie di mezzo varie, ma il grosso ci sta tutto questa settimana e io sono stanco assonnato stressato e anche un po' con le palle frantumate perché di leggere e rileggere e rileggere slide e libri Anatomopatologici - per poi ricordarmi una minima frazione di quello che c'è scritto - non je la faccio davvero più.

Direi quasi che la brutta settimana è già cominciata da un po' di giorni, e il culmine finale ci sarà giovedì che tutto sommato è la prova più importante. Se va tutto bene mi sarò tolto un bel malloppone e la sessione di esami avrà preso bene il via, se invece va tutto male ci sono gli altri appelli ma - come del resto succede sempre - sono già tutti sovrapposti e appiccicati e incrociati male e finirò per ammucchiare le cose ancora di più.

Non sono però preoccupato o angustiato o chissà che: il peggio è stato già l'anno scorso e queste materie sono tutte più fattibili rispetto a esami che ho fatto in passato. C'è solo un po' di amarezza per come - dopo tanto impegno da parte mia per rimanere in regola con gli esami - mi trovo regolarmente a studiare materie sovrapposte e a dare esami uno dopo l'altro in tempi ristretti. Ma è normale mettere 5 esami in un mese quando prima e dopo c'era tutto il tempo del mondo per aggiungere qualche appello? Ditemelo voi.

Mi spiace anche non poter andare in reparto: il mio professore sta in sala rossa al pronto soccorso, ma io sto qua a ripetere la classificazione istologica dei tumori dell'ovaio o - per la milionesima volta - i polipi del colon e quali soni geni mutati nelle Neoplasie Endocrine Multiple.

Mi piacerebbe tanto essere già laureato, non dover studiare per gli esami e potermi occupare seriamente della medicina che mi piace e delle cose che mi appassionano. Lo studio invece alle volte è un po' come una gabbia che ti tiene rinchiuso tra quattro cose che si ripetono all'infinito e che magari nemmeno ti piacciono.

Poi vedo chi è già medico e mi pare che tanto è sempre così: da specializzando hai esami e turni che non ti interessano. Da strutturato devi fare bene il lavoro che ti tocca. Da professore hai le lezioni, e gli studenti, e gli esami e poi tutta la burocrazia di questo mondo.

Certe volte penso che i dottori che diventano davvero bravi sono quelli che riescono a mandare a quel paese tutto quanto, a trovare magari un posto dove il lavoro coincide con le loro passioni, e a studiare quello che gli interessa e che gli serve senza dover continuamente perdere tempo a fare quello che interessa a qualcun altro.

Oppure forse ho solo studiato un po' troppo, e sto mezzo fuso. E vabbe', domani si parte e speriamo bene... e voi fatemi un in bocca al lupo! :)

Simone

09/01/13

Il turno in pronto soccorso.

Ruolo dell'anestesista è ricordare il nome di ogni apparecchio.
La cosa non era né attesa né voluta, ma in ogni caso è successo che - per motivi di turni da coprire, cambiamenti di fine anno e festività varie - il mio professore è stato spostato dal reparto al pronto soccorso. E io mi sono ritrovato in sala rossa con lui.

La sala rossa sarebbe la parte del pronto soccorso dove arrivano i pazienti in condizioni più gravi. Di fronte ci stanno delle stanze con i pazienti ortopedici e chirurgici, e subito a fianco una specie di mini-terapia intensiva con gli anestesisti barra rianimatori.

E ok. Vi racconterei la mia esperienza partendo da un inizio per poi arrivare a una fine, ma in pronto soccorso non si inizia e non si finisce mai ed è tutto un ripetersi continuo di una serie di eventi e operazioni mescolate e sovrapposte.

Per spiegarmi meglio, a suo tempo vari professori e studenti più anziani (inteso come data di iscrizione all'università) mi avevano detto "il pronto soccorso è un casino". E "casino" è a tutti gli effetti la parola più adatta.

Arrivi insomma che cè già un paziente da visitare, altri due sotto terapia, nella saletta accanto gli anestesisti intubano qualcuno, altri pazienti parcheggiati nelle varie stanze e tutti da vedere, misurare, controllare e cercare di piazzare in fretta in qualche reparto perché più passa il tempo e più le barelle si accumulano e dopo un po' succede come quando giochi a Tetris e muori.

Io aiuto gli specializzandi a prendere una pressione, che è brutta. Poi faccio un elettrocardiogramma che non ci piace per niente. Misuro la temperatura a uno che ha 40 di febbre. C'è una signora con 180 battiti cardiaci a riposo. A un'altra serve un emogas ma l'arteria è piccola e profonda e debole e prenderla è un casino e nel sangue troviamo più anidride carbonica che nella Beltier di Fantozzi.

Porto un signore alla TAC per un sospetto ictus. Torno su, e ce ne sta un altro. Scendo di nuovo alla TAC per quest'altro sospetto ictus, ritorno su, e ce ne sta un altro ancora. Sto un'ora insomma a fare avanti e indietro e ogni volta che torno c'è un paziente nuovo. Non finiscono mai, sembra un film di guerra dove il nemico però non sono i vietcong o i nazisti ma i grassi e il sale di troppo che hanno teso un'imboscata alla popolazione italiana durante il cenone di capodanno.

E in tutto questo bisogna scrivere le cartelle, trasferire i malati, parlare al telefono, litigare coi colleghi, discutere coi parenti... il Pronto Soccorso sembra un posto fuori dal mondo dove se guardi fuori ti sembra che gli altri si muovano tutti al rallentatore. Mi vengono in mente reparti dove vedevi pazienti in 10 persone e a sentire il torace stanno lì a colpettare piano piano col dito e fanno respirare il paziente 28 volte perché forse c'è un impercettibile crepitino e allora tutti lo vogliono sentire e col crepitino del polmone di un paziente sanissimo ci stiamo fino a domani.

Questo pare il livello hard che se c'era qualcosa e l'hai sentito lo scrivi sulla cartella e vai: avanti un altro. Se non l'hai sentito te lo sei perso e avanti un altro lo stesso. Se perdi mezz'ora a prendere la pressione non è che stanno tutti ad aspettare te. Fare un elettrocardiogramma non vuol dire: "facciamo l'elettrocardiogramma tutti insieme e poi domani i cardiologi ci portano il referto". Qui l'elettrocardiogramma ti sbrighi a farlo anche da solo, e se aspetti il cardiologo per capire se è o non è un infarto stiamo messi davvero, davvero male.

Nella parte dei chirurghi, in tutta la mattinata, mettono 4 punti a un signore e richiedono una gastroscopia per un vecchietto. Ma se venivano a darci una mano, non aveva tutto assolutamente più senso? E poi magari alla gastroscopia il paziente ce l'accompagnavo io, e andavamo pari. Dice che da qualche altra parte funziona così, però da altre parti è meglio cosà per questo questo e quest'altro motivo, come diceva non ricordo quale comico. Io mi seguirò qualche ambulatorio chirurgico per conto mio, e alla fine amen: o così o cosà, spero di riuscire a fare un po' di pratica lo stesso.

Torno a casa che sto a pezzi come mai prima d'ora dopo un internato, ma con le idee un po' più chiare.

In poche ore ho capito perché per imparare vogliono che noi studenti stiamo in reparto e non lì in mezzo alle palle. Capisco che per fare certe cose ti ci devi trovare veramente a tuo agio. E a questo punto appare evidente perché per la scuola di Medicina d'Urgenza ci stanno 5 domande contro le 50 per Cardiologia e le 100mila per fare il pediatra.

Alla fine la scelta è sempre tra ciò che vuoi essere, e ciò che invece ti conviene. E il pronto soccorso è un po' troppo forse per uno studente che deve imparare, troppo forse per chi dopo aver staccato vorrebbe scaricarsi da tutto il lavoro, troppo forse per una professione limitata esclusivamente all'ospedale con tutti gli svantaggi economici del caso.

Il pronto soccorso è un po' troppo di tutto, e in questi due anni spero di frequentare anche reparti e ambulatori più tranquilli dove mettermi con calma a studiare e imparare, perché ora come ora in sala rossa è un po' tutto troppo veloce ed è arrivato un po' tutto troppo presto.

Domani - comunque sia - ci torno.

Simone

04/01/13

Con una laurea in lettere non ci fai niente... ma Martina la vuole lo stesso.

Con una laurea in Lettere puoi lavorare all'estero.
In onoranza del post sulle parole chiave per le quali la gente del net ha trovato il tuo blog, ti dirò, era mia intenzione scrivere stanotte, terminare un racconto lungo/romanzo breve che ho in cantiere da alcune settimane, ma il cervello non collabborava quindi ho oziosamente digitato su google "blocco dello scrittore" e mi sono imbattuta del tuo blog da aspirante scrittore.

Ho iniziato a leggere alcuni post a caso, trascinata dall'entusiasmo della tua critica ai puntini di sospensione, una tematica che m'è sempre stata molto vicina.

Leggendo leggendo, sogghignando alle battute e tutto il resto, mi sono effettivamente iniziata a chiedere come facessi tu a sopravvivere, non pubblicando proprio come il tuo tanto citato Stephen King. Morale della favola mi sono reindirizzata al blog aggiornato, ho capito che stai alla tua seconda laurea in medicina ma lavori come ingegnere (e serve una laurea per quello) ma forse hai anche una laurea in letteratura (non so, non l'ho letto, ma ne ero stra-convinta), quindi lascio stare i numeri, ti battezzo come persona più eclettica che io abbia mai "conosciuto" e metto un punto a questa prolissa premessa pretenziosa.

In tema di parole chiave, il mio problema è la pretenziosità. Ho 19 anni e frequento il primo semestre di Arti e Scienze dello spettacolo, il dass, non il dams, ci tengo a precisare. Ora, evitando la lamentela sul fatto che quella facoltà è piena di gente strana e tendente a scrivere con le abbreviazioni, cosa che dovrebbe essere vietata per gli studenti di qualsiasi facoltà di qualsiasi università, ti porgo i miei dubbi.

Non so esattamente perché lo faccio, ma vedo che in molti ti scrivono, e in fondo è solo una mail e spero di non sembrare inopportuna o importunante (si potrà dire, importunante?). Ahn, e ti sto dando del tu, cosa che giuro non faccio mai praticamente con nessuno, ma visto che sto per tempestarti di drammi di vita, mi pareva giusto farti entrare nel ruolo di proto-confidente.

"Con una laurea in lettere non ci fai niente."

Con una laurea in lettere (cinema, poi!) non ci fai niente. Ehw, io lo so che non ci faccio niente, e ho pure tutte le pareti delle camera occupate e non ho dove appenderla, puta caso che la prendo veramente, quella laurea. È, però, essenzialmente, l'unica cosa che sento di essere in grado di fare. Perché non ci son cavoli, io quello so fare: guardare film e commentarli, leggere libri e parlarne, conoscere persone e ascoltare le loro storie, inventare persone e scrivere le loro storie. Queste sono le cose in cui mi "distinguo".

Un cliché ci narra che non importa essere i migliori in qualcosa, ma dare il meglio di noi in quel qualcosa che facciamo. Idiozie, penso io. Non puoi fare lo scrittore, qui, ora, se non sei il migliore. O insomma, molto, ma molto, ma molto e schifosamente bravo. O molto fortunato.

Quindi no, dico a mia madre, tranquilla mamma, non voglio PIU' fare la scrittrice, tranquilla mamma, te lo giuro.

E quindi cos'è che vuoi fare?

Oh, io voglio fare la giornalista. critica cinematografica (altro mestiere pieno di posti lavoro, ohohoh!)

Ogni volta che qualcuno mi chiede cosa voglio fare, ripeto questa frasetta. E quelli tutti "owh, ti ci vedo così tanto, dai, dai, che figo!"

Perché "Giornalista" suona molto più serio di "Scrittrice". E Scrittrice poi, di cosa. Le mie scritture non si propongono più alla pubblicazione ma al puro sfogo intellettuale da molto tempo. Non che non abbia idee, non che alcune idee in alcuni momenti di particolare e infondata fiducia in me stessa non mi sembrino addirittura buone, ma non credo di essere all'altezza, non credo di esserlo mai stata, nonostante quello che pensavo.

Abito in un paesino piiiiiccolo, abbastanza lontano dalla capitale per poterla spesso solo immaginare, ma non abbastanza lontano dalla capitale per potermici trasferire e non fare la pendolare esaurita.

Fatto sta che sono sempre stata la bambina prodigio, negli anni delle elementari e medie. L'unica che leggeva, l'unica che scriveva, l'unica che conosceva il significato di certe parole auliche tipo la parola aulico. L'unica che apprezzava la cultura in un contesto in cui ti ridevano in faccia se dicevi di aver letto un libro o di essere stata a teatro. Ma proprio grasse risate.

E io, di conseguenza, mi sono auto convinta che altro non potevo essere se non quella con il quid pluris. Ovviamente la realtà mi ha preso a mazzate in testa, quindi mi sono trovata all'ultimo anno di liceo come non-migliore, discretamente pigra nello studio, non-così-talentuosa ragazza qualunque. Con come unica sicurezza quella di non voler mai più vedere la matematica.

Il dramma di fondo, comunque, sarebbe più o meno: Se è veramente così inutile la laurea in lettere+aggiungere sottotitolo a caso, è obiettivamente lecito e non troppo traumatico scegliere qualcosa che non ci piace veramente pur di combinare qualcosa nella vita? Ho paura di rimanere bloccata. Bloccata da qualche parte in un limbo di laurea-non laurea, di lavoro-non lavoro.

Ho paura di essere decisamente pretenziosa nel voler veramente fare qualcosa di letteral-cinematografico in assenza di capacità vere e degne di nota. Ho paura della mediocrità e di pentirmi come un assassino tra 5, 6 anni, quando il mio vero lavoro sarà quello del cassiere di Mc Donald (niente contro i cassieri di mc donald, ma quando uno sogna di scrivere "cassiere di mc donald" suona malissimo), e la mia massima aspirazione quella di avere una promozione e diventare capo cassiere.

Ho, da qualche parte, grandi progetti per me. Ma è come se ogni volta che provassi a metterli in atto, o comunque, a costituire le strutture per far partire quei progetti, mi vedessi da grande con quei progetti oramai distrutti e già non-vissuti. E il problema è che non sono eclettica come te. È che se io non riesco a fare QUESTA COSA, non avrò mai la capacità di fare qualcos'altro, di fare economia, di fare ingegneria, di fare una di quelle cose che la gente ultimamente dice portino un po' più di lavoro.

Perché insomma, la vita non è il mio libro. Quando scrivo qualcosa di brutto non posso cancellarlo. Posso solo, appunto, scrivere al meglio quello che c'è ancora da scrivere. E io mi vedo tra qualche anno con questa immensa parentesi di pseudo scrittrice giornalista regista quel che ti pare andata in fumo e senza alcuna minima aspirazione migliore, aspirazione ALL'ALTEZZA.

Come funzionano queste cose? Come si fa a capire?

Sì. Forse sono stata leggermente logorroica. E retorica. Chiedo venia per questo, con la scusante che non dormo da veramente molte ore e domani, come molti, devo studiare per la sessione di gennaio/febbraio, e sono leggermente agitata (insomma, i primi esami universitari e tutto).

Arrivederci (:

(Almeno ho scritto qualcosa stasera, alla faccia del blocco dello scrittore.)

Martina

02/01/13

Anno nuovo, chiacchiere vecchie.

Buone feste... in Pronto Soccorso!!! :)
Questo capodanno, cioè il primo gennaio 2013, alle 8 e qualcosa di mattina ero già in reparto.

E non è che fosse sta cosa così particolare, visto che c'eravamo io, un altro studente, il mio prof con cui faccio la tesi e uno specializzando... oltre ovviamente a una tonnellata e mezza di pazienti arrivati - come ci si poteva aspettare - nel corso dei bagordi notturni.

Insomma pare che alzarsi alle 7 dopo cenone e botti di fine anno sia la cosa più scontata dell'universo, almeno per dottori e tirocinanti e persone che amano un po' troppino divertirsi e festeggiare.

Come sempre andare in reparto mi è piaciuto, e il tempo è volato senza che quasi me ne accorgessi. Segno questo molto positivo, anche se i dubbi sul cosa come quando e perché per il dopo laurea iniziano a farsi sempre più logorroici e non passa giorno che non mi domandi se quello che sto facendo continuerà a piacermi anche dopo o se dovrei continuare a valutare altre specializzazioni o altri ambiti.

A me in linea di massima non piace l'idea comune a tutti gli indirizzi medici di fare molto nel dettaglio e nello specifico una cosa, tralasciando completamente tutto il resto. Anche nella medicina d'urgenza - che resta un settore alquanto vasto rispetto ad altri - la divisione totale tra le diverse tipologie di medico che lavorano in pronto soccorso mi dà un po' fastidio:

All'ingresso del pronto soccorso, i pazienti sono smistati dagli infermieri o ai chirurghi (in genere chirurghi generali) o ai clinici (che sarebbero i medici di urgenza). Un chiurgo d'urgenza insomma non vede mai pazienti con insufficienza respiratoria o infarti o problemi renali eccetera, e un medico d'urgenza non vede mai traumi o addomi acuti o sanguinamenti eccetera eccetera ed eccetera ancora. Non li vede non nel senso che visita il paziente, si rende conto che c'è bisogno di uno specialista adeguato, e affida il caso al collega più adatto: non li vede proprio nel senso che sta in un'ala completamente separata dell'ospedale, e non ha neppure idea della loro esistenza.

Che a me sta benissimo fare solo la mia parte, visto che nessuno può saper fare tutto. Ma volendo io fin dal principio diventare bravo (nei limiti del possibile) nella diagnosi e nell'inquadramento dei pazienti nella loro interezza almeno fino a questo momento questa Medicina d'Urgenza mi pare comunque una specializzazione un po' monca. Non che le altre specializzazioni lo siano meno: è tutto un po' così, a parte la medicina di base che però non si può frequentare nel corso degli studi, e sceglierla dopo vuol dire rinunciare a tante cose col rischio poi di finire in qualche posto del cavolo a firmare ricette per pazienti che nemmeno guardi in faccia.

Insomma, vabbe', di queste cose ormai parlo sempre e temo che se ne parlerà ancora. Ma tanto di che altro dovrei parlare... degli esami?

Ecco qui allora: il 14 Gennaio ho la prova pratica (nome fantasioso per chiamare uno scritto) di Anatomia Patologica. Sto studiando abbastanza, ma è un esame di quelli un po' rognosi (leggi: mi fa schifo) dove devi impararti a memoria elenchi di nomi su elenchi di nomi, per cui la fine tragica e piena di dramma umano dell'esame è sempre in agguato.

Ma non avevo già parlato anche di questo? Mi sa di sì, e mi dispiace che gli ultimi aggiornamenti siano così a senso unico... ma se da un lato l'inizio di un anno può dare l'idea di grandi cambiamenti, dall'altro lato se gli esami sono a gennaio/febbraio ovviamente per me non è cambiato davvero nulla e tante cose nuove non potevo dirvi.

La sensazione è che questa cosa della specializzazione o della pratica più "allargata" presto o tardi si sbloccherà, e potrò parlarvi di quello. Ancora prima o poi finiranno gli esami e inizieranno i corsi nuovi, e parlerò di altre materie e altri tirocini.

Ma finora il 2013 è uguale al 2012, e i discorsi sono questi. Spero magari di ricevere almeno qualche commento nuovo... o che non vi annoierete troppo a leggere queste righe. In ogni caso buon anno, e buon inizio/proseguimento anche a voi.

Simone